Gli errori dell’amministrazione Obama in Georgia
03 Dicembre 2012
L’amministrazione Obama ha sbagliato nuovamente a individuare le difficili sfumature della politica estera decidendo di dare un piccolo aiuto "di cortesia" al dittatore georgiano Saakashvili, il quale, a sua volta, sta astutamente sfruttando le proprie conoscenze e amicizie personali che ha negli Stati Uniti, per salvarsi la pelle dalla giustizia georgiana e di conseguenza per cercare di attaccare il nuovo governo del suo Paese. Recentemente, poi, gli Usa hanno ripetuto più volte che la decisone di arrestare gli ex alleati politici di Saakashvili ha destato la loro preoccupazione.
È difficile comprendere il motivo di questa inquietudine, trattandosi di veri e propri delinquenti che hanno regnato per molti anni pressoché indisturbati, commettendo uno spaventoso numero di gravi crimini. Delinquenti sotto inchiesta della procura di Tbilisi, peraltro. (liberata solo di recente dal diktat di Saakashvili).
Per capire meglio, basterebbe leggere attentamente i resoconti di alcune importanti Organizzazioni Non Governative. Sono anni che le ONG, da Human Ritghts watch a British Helsinki Human Rights Group, riportano le reali condizioni della Georgia e a loro volta obbligano i governi occidentali ad ascoltare le loro verità. È particolarmente eloquente la descrizione del British Helsinki Human Rights Group di qualche tempo fa, secondo cui il governo di Saakashvili si caratterizzerebbe per essere fortemente anti-democratico, da sempre a praticare la tortura nelle prigioni e a maltrattare brutalmente i politici dell’opposizione, trattenendo in questo modo numerosi prigionieri politici dietro le sbarre.
Nei precedenti report apparsi su questo quotidiano, abbiamo analizzato a lungo la realtà politica della Georgia. Ora, però, ci soffermeremo sulla posizione statunitense in merito. L’amministrazione Obama ha tentato di giustificare le sue azioni in Georgia sminuendo la propria (pur parziale e indiretta) responsabilità nell’aver apertamente favorito il dittatore Saakashvili. Infatti, non ha ancora riconosciuto ciò che da noi in Europa è già stato accettato. E cioè che Saakashvili ha costruito una moderna ed "efficace" dittatura mascherandola per anni con un "invidiabile" successo, e che il suo regime non è stato degno del supporto politico che ha ricevuto dall’Occidente.
Il comportamento dell’amministrazione Obama è stato ed è decisamente atipico, soprattutto per gli standard americani. Washington, di norma, si arrende facilmente alla volontà dei popoli considerati alleati e tende sempre a sintonizzare la propria posizione politica con il volere del popolo in questione. Così facendo, la politica americana è sempre riuscita ad assicurarsi la continuità dei propri interessi all’interno dello stesso Paese.
In Georgia, invece, prima Clinton e poi Obama hanno scelto la strada opposta e con la loro posizione errata hanno iniziato a "combattere" la volontà dei georgiani finalmente (e parzialmente) liberi dalle grinfie della disumana dittatura di Saakashvili.
Come già detto in precedenza, la forte paura di Saakashvili e dei suoi complici politici di dover essere costretti a rispondere dei propri crimini contro lo Stato, ha portato loro a compiere un disperato tentativo di confondere le acque, facendo apparire gli arresti degli esponenti del vecchio regime come una banale persecuzione politica nei loro confronti invece di una legittima investigazione criminale. Ovviamente, basta conoscere un minimo di realtà politica Georgiana per rendersi conto che questo non è il caso.
Saakashvili ha trasformato la Georgia in uno stato-mafia in cui, se non si era "in combutta" con il vecchio regime, non si poteva fare nulla. Una struttura delinquenziale del genere lascia ben poco all’immaginazione. Grazie alla retorica anti-Cremlino di Saakashvili, tutto lo scenario interno del Paese veniva astutamente coperto dai temi internazionali urgenti che riguardavano la Georgia.
Ovviamente, detto scenario è abbastanza conosciuto in Europa ma la questione americana e un po’ più complessa. L’amministrazione Obama ha puntato molto sul dittatore Georgiano per potersi assicurare un saldo appoggio nel Caucaso, che, in particolare, serviva a noi occidentali per tenere a bada le numerose ambizioni russe, sfruttando la nostra alleanza con Tbilisi come "arma" a nostro favore durante i numerosi negoziati politici di varia natura con il Cremlino. E fin qui, ci siamo.
Ma l’errore più grande di Washington risiede proprio nella natura del proprio coinvolgimento in Georgia. Stranamente, la formula di cooperazione con la Georgia passava sempre e solo per una persona, e non per un popolo intero. Accecata dalla formidabile propaganda politica e mediatica di Saakashvili, l’amministrazione Obama ha creduto (o quasi) di aver a che fare con un riformatore e non con un dittatore qualsiasi. Infatti, anche dopo la disastrosa e vergognosa guerra con la Russia, mentre l’Europa Occidentale appoggiava il paese, Georgia, Obama e Clinton parlavano di appoggio a Saakashvili.
Il vero problema riguarda la capacità critica di Washington nel Caucaso. I nostri alleati d’oltreoceano, hanno sbagliato ad analizzare e a mettere a nudo la vera natura del regime locale di Tbilisi. Puntare sempre su una sola persona è rischioso, e puntare su quello sbagliato, è quasi imperdonabile per un paese come gli Usa.
Questo è il motivo principale per cui Obama e Clinton non hanno mai ammesso il proprio errore e tentano, ancora oggi, di dare una mano a Saakashvili per recuperare un minimo di presentabilità politica. Anche se così facendo, si stanno mettendo contro l’intero popolo georgiano, che non vede l’ora che i crimini di Saakashvili e dei suoi complici siano perseguiti il più presto possibile. Si stanno inimicando chi per anni ha subito ingiustizie disumane dal proprio regime, e che vedevano gli arresti dei politici dell’opposizione solo perché avevano idee diverse. E’ la prima volta nella storia recente della Georgia, infine, che il risultato elettorale coincide con il reale volere del suo popolo ed è proprio il governo di Ivanishvili ad avere un mandato politico reale.
Inoltre, il nuovo governo subisce una pressione politica non indifferente degli stessi elettori che chiedono di rispettare le promesse elettorali. In particolare, due sono le richieste principali: migliorare la qualità della vita della Georgia impoverita e smantellare il vecchio cerchio della dittatura di Saakashvili investigando tutti i loro crimini.
Ora, non ci resta che aspettare che l’amministrazione Obama realizzi quanto fosse inappropriato aver supportato una persona che ha portato la corrotta dittatura in un Paese per cui nel lontano 2004 si sperava e si prospettava una veloce democratizzazione.