Gli impianti di ultima generazione sono sicuri ma le regioni tentennano

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Gli impianti di ultima generazione sono sicuri ma le regioni tentennano

24 Gennaio 2011

La conferenza unifica di giovedì scorso offre uno spaccato della schizofrenia della politica italiana. All’ordine del giorno la delibera CIPE che stabilisce quali impianti nucleari potranno essere realizzati in Italia. Il provvedimento ammette in Italia solo l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, capaci di soddisfare standard ambientali e di sicurezza più elevati di quelli garantiti dalle centrali attualmente operanti nel resto del mondo. Un modo come un altro per dar il via libera alle sole centrali cosiddette di terza generazione. Doveva essere una partita facile.

La delibera non fa che offrire delle garanzie agli scettici, prescrivendo il ricorso a tecnologie più pulite e sicure, aprendo la strada ai reattori francesi EPR, che Enel e Edf si propongono di usare nel nostro paese, e ai reattori nippo-americani AP1000 della Westinghouse.

Le regioni, invece, avanzano in ordine sparso. Le amministrazioni di centrosinistra hanno espresso parere negativo, ma anche tra le regioni di centrodestra si avverte il mal di pancia. La Sardegna di Cappellacci si accoda al no delle giunte rosse, mentre il Lazio dà parere positivo, pur precisando che per gli impegni presi con i propri elettori non potrà accettare la realizzazione di centrali sul proprio territorio. Stretta tra obblighi di fedeltà al centro e i timori di perdere consensi la governatrice laziale si rifugia nel “Not in my back yard” più contraddittorio che si possa congegnare.

Solo quattro regioni hanno dato la propria approvazione: Lombardia, Campania, Veneto e Piemonte. A queste amministrazioni, così come ai comuni, la formula utilizzata per assicurare che siano impiegate le tecnologie di ultima generazione è sembrata ambigua e chiedono che sia messa per iscritto che si tratta per l’appunto di impianti di terza generazione (ma che altro può significare il testo della delibera?).

Al Governo non resta che andare avanti e proseguire le tappe disegnate dal decreto nucleare del febbraio 2010, sperando in un domani più luminoso. La scorsa settimana il senato ha dato l’ok alla nomina del quinto componente dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, il viceprefetto Stefano Laporta, designato dal Ministro Prestigiacomo. Martedì tocca alle commissioni ambiente e attività produttive della Camera esprimere il proprio assenso per completare il collegio dell’autorità preposta alla vigilanza e alla regolazione tecnica, oltre che alla individuazione delle aree idonee ad ospitare i siti nucleari.

Intanto Umberto Veronesi rilascia le sue prime dichiarazioni da presidente in pectore: “Dovremo tutti accettare l’inevitabilità dell’energia nucleare. Non è un’opzione, è una necessità. E’ difficile immaginare un futuro senza nucleare”. Può sembrare un azzardo le sue previsioni, in base alle quali nel 2050 i combustibili fossili saranno esauriti.

Simili pronostici sono stati più volte smentiti dai fatti, complici la pressione esercitata dal prezzo sulla domanda e le innovazioni tecnologiche capaci di migliorare l’efficienza degli impianti di estrazione e delle centrali termoelettriche; tuttavia non si può certo negare che il nucleare sia un’assicurazione contro la volatilità dei prezzi degli idrocarburi e l’eventualità di un loro esaurimento cui è difficile rinunciare. Una porta che è necessario tenere aperta, in altre parole.