Gli occhi chiusi dell’Occidente sulla strage di cristiani
22 Novembre 2015
"La strage di Parigi, sarebbe irragionevole non ammetterlo, è il diretto risultato della predicazione dell’odio contro il ‘diverso’ e delle persecuzioni che le minoranze religiose e, in particolare, i cristiani, soffrono nel mondo." Con queste parole nette e coraggiose, scritte al quotidiano Il Foglio, ieri il capo dello Stato Sergio Mattarella, rinunciando alla retorica facile, ha puntato chiaramente il dito contro una delle evidenze che hanno preceduto l’attacco dei terroristi islamici all’Europa, evidenza totalmente ignorata nel mondo occidentale, anche dagli stessi credenti. Un’evidenza che avrebbe dovuto metterci in allarme da anni, un nesso di causa-effetto, quello denunciato dal nostro Presidente della Repubblica, che nessuno finora aveva descritto con questa consapevolezza.
La macelleria dei cristiani in tanti paesi musulmani è stata infatti da sempre trattata, dalle nostre parti, come fosse una di quelle calamità naturali purtroppo inevitabili – eruzioni vulcaniche, tifoni – che, lontane da noi, al massimo possono suscitare una empatia personale nei confronti delle vittime, giusto nel tempo del passaggio della notizia sugli schermi televisivi. Inevitabile, scontata, ma che non ci riguarda. Neppure i filmati delle decapitazioni di massa sono servite a scuoterci. Come notava il Rabbino Capo di Roma, Di Segni – sempre ieri su Il Foglio – a proposito dell’indifferenza di fronte a una persecuzione epocale “Si rimane perplessi dalla timidezza delle reazioni cristiane davanti all’entità degli orrori. Nell’esperienza della comunità ebraica, purtroppo vi sono stati tanti episodi recenti di intolleranza antisemitica; li abbiamo denunciati con forza e abbiamo ricevuto la solidarietà e la simpatia di molti. Per i cristiani perseguitati avremmo voluto dimostrare la nostra simpatia e solidarietà scendendo in piazza e manifestare, come molti hanno fatto per noi. Trovare qualcuno a cui esprimere solidarietà, per non parlare di una sponda organizzativa, è stata un’ardua impresa. Una volta con la Comunità di S. Egidio pensavamo di fare un corteo, ci è stato detto che per fare un corteo ci vogliono tante persone e non le avremmo avute; ci siamo limitati a un palco davanti al Colosseo. Nel pubblico e nel palco assenze importanti”.
Eppure i vescovi cattolici delle zone occupate dallo Stato Islamico ci hanno avvertito chiaramente: attenzione, se adesso non aiutate noi, che stiamo soccombendo, poi voi sarete i prossimi. Non pensate che la distanza vi possa salvare. Ma tutti gli appelli sono stati vani, e l’immane persecuzione dei cristiani che ne sta cancellando la presenza fisica nelle terre dove hanno vissuto per millenni, non entra ancora oggi nell’agenda politica dei singoli stati e tantomeno delle agenzie o alleanze internazionali, né vi sono segnali incoraggianti a riguardo: tutt’altro. Noi occidentali non riusciamo ancora a capire perché la carneficina dei cristiani in oriente possa riguardarci, e non crediamo che abbia un rapporto con le stragi di Parigi. Abbandonando la propria fede l’occidente ha perso anche la consapevolezza dell’importanza del cristianesimo per la storia dell’umanità, e dei nostri paesi europei in particolare, che tutto debbono al cristianesimo: i valori che diciamo di voler difendere altro non sono che conseguenze della civiltà cristiana, senza la quale neppure le parole della laicissima rivoluzione francese avrebbero senso: eguaglianza, libertà, fraternità. La storia cammina sulle gambe degli uomini, i quali si muovono in base al significato che danno al loro esistere, più o meno consapevolmente. Pensare che la storia possa prescindere da questo, e ridursi a fattori solamente economici o di disagio sociale, rende ciechi, soprattutto adesso, quando chi ci uccide lo fa in nome di un dio.