Gli scout, da 100 anni allenatori dell’anima
01 Agosto 2007
Il centenario della fondazione dello Scoutismo, avvenuta per opera del colonnello inglese Robert Baden Powell (1857-1941), offre l’occasione per raccontare una storia – quella dello Scoutismo appunto – molto significativa, che ha avuto notevoli riflessi sulla realtà sociale, educativa e religiosa di molte nazioni del mondo (si calcola che oggi gli scout siano oltre trenta milioni, diffusi in più di 150 paesi), tra cui l’Italia, ove le vicende degli scout hanno avuto un ruolo particolarmente importante, intrecciandosi anche con quelle ecclesiali e politiche.
Prima di concentrare l’attenzione proprio sulla realtà italiana, e in particolare sullo Scoutismo cattolico, ricordiamo brevemente i capisaldi del metodo scout come fu elaborato da Baden Powell e che è rimasto immutato nelle sue linee essenziali. L’obiettivo educativo fondamentale dello Scoutismo “è quello di formare cittadini attivi e persone di carattere, capaci di iniziativa e al tempo stesso di obbedienza, forti nel fisico e nel morale, pronte ad utilizzare questa efficienza al servizio del prossimo. Ma al di sopra di questo programma educativo c’è lo scopo di proporre ai ragazzi la vita come un grande gioco, una meravigliosa avventura, nella quale bisogna lanciarsi senza risparmiare energie e che ha come premio la felicità” (Paolo Lucisano).
La vita di gruppo, l’importanza del principio di autorità, l’accento messo sulla fiducia e sulla responsabilità, la concretezza e l’abilità pratica imparate stando a contatto con la natura sono gli altri elementi basilari su cui è imperniato il metodo dello Scoutismo. In un primo momento – siamo tra il 1910 e il 1915 -, gli ambienti cattolici italiani guardarono con sospetto il movimento di Baden Powell: l’appartenenza all’anglicanesimo del fondatore e la forte impronta laicista dei primi gruppi scout del Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani (CNGEI) suscitavano non poche diffidenze. Dopo un avvicinamento al CNGEI non coronato da successo, i cattolici decisero di proseguire per conto loro e nel gennaio del 1916 venne fondata l’ASCI (Associazione Scoutistica Cattolica Italiana). Lo scontro col fascismo portò allo scioglimento dell’Associazione e qualche gruppo sopravvisse nella clandestinità. Grazie alla mediazione di Monsignor Giovanni Battista Montini, nel marzo del 1944 gli scout si assicurarono una chiara autonomia rispetto all’Azione Cattolica, mentre la netta separazione fra ramo maschile e ramo femminile perdurò sino alla fine degli anni ’60 del Novecento.
Lo Scoutismo cattolico italiano, al pari di quasi tutte le altre realtà associative ecclesiali, fu attraversato dalla crisi del Sessantotto e il cosiddetto “patto associativo” del 1969 lo pose al riparo dalla dissoluzione, mettendolo anzi in condizione di assorbire meglio di altre realtà l’urto distruttivo della contestazione. Nel 1974 ci fu la fusione tra i due rami, maschile e femminile, e nacque l’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI). Particolarmente delicate sono state le vicende legate alla collocazione ecclesiale e politica dell’AGESCI, che si è infine riconosciuta “come iniziativa educativa liberamente promossa da credenti” che “vive nella comunione ecclesiale la scelta cristiana”. Per quanto concerne la dimensione politica, lo statuto afferma che l’Associazione “realizza il suo impegno politico al di fuori di ogni legame e influenza di partito”. Come è noto, proprio al momento della stesura dello statuto ci furono alcune tensioni fra l’Associazione e la stessa Conferenza Episcopale Italiana, tensioni che oggi possono dirsi superate, anche se forte rimane l’esigenza di autonomia insita nello Scoutismo. Un dato si impone per la sua evidente rilevanza, ed è quello relativo alle migliaia e migliaia di giovani italiani che hanno frequentato e frequentano l’AGESCI: si tratta di ragazze e ragazzi di ogni ceto sociale, appartenenti a famiglie caratterizzate da convinzioni etiche e politiche diversissime, i quali, attraverso l’Associazione, incontrano la proposta cristiana.
“La dimensione religiosa – ha scritto Mario Sica – è stata assunta dallo Scoutismo non come un’aggiunta estrinseca … ma come un quid che pervade e anima tutte le attività”. Rivolgendosi al Consiglio generale dell’AGESCI nell’aprile del 1982, papa Giovanni Paolo II pronunciò le seguenti parole, che conservano una viva attualità ed esprimono bene il significato dello Scoutismo: “Voglio auspicare che la vostra Associazione vorrà continuare a far onore alle proprie tradizioni, educando i suoi membri a quella saggezza, a quel senso di giustizia, a quella austerità, a quel vigore morale, a quella lealtà di parola e di contegno, a quella fraternità di rapporti, che hanno sempre caratterizzato il suo stile di vita. Carissimi Consiglieri ed Assistenti ecclesiastici, non abbiate timore di presentare queste verità ai giovani, che sanno apprezzare i grandi ideali, mentre detestano quelli mediocri. Lo Scoutismo è palestra per l’allenamento alle virtù difficili e solo coloro che sanno anteporre a una vita comoda e insignificante quella austera e fattiva possono accedervi, avendo davanti agli occhi la figura del Cristo: il suo eroismo e la sua santità”.