Gli uomini di Lula vorrebbero cambiare la Costituzione per restare al potere

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Gli uomini di Lula vorrebbero cambiare la Costituzione per restare al potere

01 Giugno 2009

Il caso più eclatante riguarda  però il Brasile, dove il dramma umano si è unito ai giochi politici. Dilma Rousseff, il ministro della Casa Civil, ovvero il campo di gabinetto del presidente e soprattutto la persona più vicina a Lula, designata proprio da lui a succedergli nella candidatura congiunta per il PT (Partido dos Trabalhadores) e PMBD (Partido do Movimento Democrático Brasileiro) contro il candidato del PSDB (Partido da Social Democracia Brasileira)  Josè Serra, governatore dello Stato di San Paolo, ha fatto outing della sua operazione per un tumore linfatico ed i medici hanno annunciato che dovrà sottoporsi a un periodo di quattro mesi di chemioterapia e a reiterati controlli.

Immediatamente nel PT, già falcidiato da numerosi scandali degli anni scorsi che hanno fatto saltare molti dirigenti storici, e soprattutto fra gli alleati del PMDB, si è fatta strada l’ipotesi del “Piano B” ovvero la scelta di un altro candidato, con nomi non proprio graditi all’attuale presidente, come il ministro della giustizia Tarso Genro (noto in Italia per la strenua difesa del terrorista Cesare Battisti) o quello dell’economia Antonio Paolocci oppure proprio fra gli alleati del PMDB come Sergio Cabral, attuale governatore dello Stato di Rio.

Il vero “Piano B” si è rivelato anche il progetto più impresentabile: lavorare per la ricandidatura di Lula. Così l’insospettabile deputato del Pmdb, Jackson Barreto ha presentato una proposta di riforma costituzionale, cui basterebbero 171 voti parlamentari, per consentire all’attuale presidente di ricandidarsi e quasi sicuramente vincere, nel 2010. Il PSDB e gli altri partiti d’opposizione, ma anche alcuni uomini forti del PT hanno denunciato il pericolo di una forzatura democratica e perfino il presidente del Tribunal Supremo Electoral Ayres Brito è intervenuto per ribadire le radici democratiche del paese che non può trasformarsi in una monarchia di fatto. Lula, ha prontamente rifiutato qualsiasi appoggio ad un terzo mandato alla sua persona ed ha ribadito piena fiducia e solidarietà alla sua vice, affermando di non essere Chávez e che Dilma sta bene e rispetterà i suoi impegni.

In realtà Dilma Roussef, non piace allo zoccolo duro dell’elettorato di Lula: è contestata dai sem terra e dai movimenti per il PAC (Plano de Acceleracao do crescimento) di cui è ideatrice, è molto debole fra gli indios, da cui è considerata la nemica dell’Amazzonia per le politiche di sfruttamento della soia per gli eco-carburanti ed il sostegno al settore idroelettrico sui grandi fiumi ed infine è accusata di avere interessi troppo confluenti con la potente compagnia Petrobras. Inoltre Dilma non è gradita neppure agli alleati moderati per il suo passato di ex guerrigliera urbana di Politica Operaia e per la sua scarsa propensione al compromesso ed i sondaggi non a caso la vedono ferma al 22% contro il 40% del potenziale avversario.

Nonostante i dinieghi, il Piano B va avanti. L’opposizione ed una parte dei media accusano Lula di aver scelto la Rousseff, convinto che perderà, rilanciandolo per un’ulteriore candidatura nel 2014 ed ora temono i risvolti di una possibile modifica costituzionale. “The Man” resta in ogni caso l’uomo forte in Brasile con un consenso pari al 65% e solo lui può decidere se mollare e conservare la fama di eroe, sopravvissuto all’implosione del suo partito o ripresentarsi contro tutti e diventare così l’ennesimo caudillo del continente.