Haiti prova a voltare pagina con Michel Martelli

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Haiti prova a voltare pagina con Michel Martelli

23 Aprile 2011

Dal 16 aprile, Haiti guarda al futuro sulle note di Oulala, cavallo di battaglia del nuovo presidente, Michel Martelly. Celebre a livello mondiale con il nome d’arte di Sweet Micky, il cantante cinquantenne ha abbandonato gli studi universitari per dedicarsi integralmente alla sua più grande passione, la musica. Sweet Micky ha scandito la propria vita a ritmo di Kompas, melodie ballabili in creolo, viaggiando tra il centro America e gli Stati Uniti. La sua candidatura ha suscitato molte polemiche, sia all’interno del paese che all’esterno. Superata in extremis una prima bocciatura – il cantante non risultava essere residente ad Haiti – Martelly ha dovuto bypassare le critiche che giungevano al suo indirizzo, data la personale inesperienze in politica. Il suo cavallo vincente, in questo caso, non è stato qualche ritmo ballabile, ma una campagna elettorale improntata sul populismo: lotta “senza se e senza ma” alla corruzione, democrazia, ricostruzione del paese in tempi brevi, rilancio economico dell’isola.

Un programma in pieno spirito nazional-popolare, che gli ha permesso di sbaragliare la propria rivale, la settantenne professoressa di diritto costituzionale Mirlande Manigat, già senatrice durante il governo di Jean-Bertrand Aristide nel 2004. La strategia comunicativa della Manigat – portare nell’arena politica nazionale la propria saggezza di “madre di famiglia” – non ha pagato: le voci che si rincorrevano nel paese, sapientemente diffuse dai suoi antagonisti, la dipingevano come una conservatrice, pronta a ricondurre il paese a un passato inglorioso. Fu proprio sotto l’amministrazione di Aristide, infatti, che Haiti cadde nel baratro della povertà, divenendo un failed state, stato fallito, tanto economicamente quanto socialmente.

Dopo un primo turno elettorale non privo di contestazioni nel novembre 2010, che ha visto vincenti Martelly e Manigat, gli haitiani sono stati chiamati ad indicare chi volessero come successore dell’uscente presidente, René Préval, ed a rinnovare circa trenta cariche senatoriali del proprio Parlamento. Recatisi alle urne il passato 20 marzo per scegliere chi, tra Martelly e Manigat, li avrebbero guidati come presidente nel prossimo futuro, gli haitiani hanno deciso con il proprio voto di affidarsi alle promesse di Sweet Micky.

Martelly ha vinto grazie al 67,57% delle preferenze. Questi i dati diffusi il 4 aprile dal Consiglio Elettorale Provvisorio, all’indomani del secondo turno elettorale. Martelli ha battuto Mirlande Manigat, che ha ottenuto solo il 31,74% dei voti.

Haiti, rasa al suolo il 12 gennaio 2010 da un terremoto che ha mietuto oltre 250mila vittime e distrutto la quasi totalità delle infrastrutture del paese, sta vivendo un lento processo di ritorno alla normalità, a dispetto degli oltre 11 milioni di dollari donati dalla comunità internazionale per la ricostruzione post sisma. Il principale problema di Haiti si chiama oggi sicurezza. Il paese, dopo la calamità sismica, si è trasformato in un focolaio di proteste, violenze, e instabilità a tutto campo. Anche durante quest’ultima tornata elettorale, i caschi blu delle Nazioni Unite sono stati dispiegati per le strade della capitale, Port au Prince, per scongiurare l’eventualità di scontri tra la popolazione, come avvenuto durante la prima chiamata alle urne del 28 novembre 2010.

Un malcontento generale, alimentato dalle precarie condizioni igenico-sanitarie in cui vive la quasi totalità della popolazione da più di anno. La percentuale di episodi di violenza, come stupri, rapine ed omicidi, è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi sei mesi, come testimoniato dalle diverse ONG e Organizzazioni Internazionali che operano nell’isola. Tra queste, Amnesty International si è fatta più volte portavoce delle vittime haitiane, come dimostra anche il dossier pubblicato nel gennaio di quest’anno. Alla violenza si somma la superstizione e la paura. La diffusione di un’epidemia di colera ha portato a galla tutte le paure, anche quelle inconsce, della popolazione, al punto che si era sparsa la voce che fossero stati i cachi blu nepalesi a diffondere l’epidemia, gli untori del XXI secolo. Il delirio popolare che ne è conseguito portò a 2 morti e numerosi feriti: questo il bilancio degli scontri del novembre 2010 tra gli haitiani e le forze di pace ONU.

Martelly dovrà sfoderare armi ben più consistenti di qualche nota ballata su ritmi creoli se vorrà far risollevare il proprio paese, ed evitare che precipiti definitivamente in un baratro senza ritorno.