Hanno ragione le Pmi a chiedere una moratoria su Basilea II

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Hanno ragione le Pmi a chiedere una moratoria su Basilea II

Hanno ragione le Pmi a chiedere una moratoria su Basilea II

23 Marzo 2009

In molti, nel mondo delle piccole medie imprese (PMI), ritengono che occorrerebbe modificare i sistemi di rating utilizzati dalle banche per valutare il merito creditizio nelle imprese, per esempio, con l’introduzione di un indicatore della qualità dell’impresa che si basi su due fattori: imprenditoriale e di capacità progettuale. Si tratterebbe, in definitiva, di richiedere una moratoria sui criteri di “Basilea II”. Ma è un progetto davvero realizzabile? Quali sarebbero i vantaggi e le eventuali ripercussioni?

Basilea II è un accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche. Dal 2007 le banche dei paesi aderenti accantonano quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti: a maggior rischio corrisponderanno maggiori accantonamenti, quindi per la banca maggiori costi. Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è un comitato istituito nel 1975 dai Governatori delle banche centrali dei paesi del Gruppo dei Dieci. Questa commissione è formata da alti funzionari delle autorità di vigilanza bancaria e delle banche centrali di Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera.

Il Comitato si riunisce solitamente presso la Banca dei Regolamenti Internazionali in Basilea, dove ha sede il suo Segretariato permanente. L’accordo istitutivo stabilisce che le banche classifichino i propri clienti in base alla loro rischiosità, attraverso procedure di rating sempre più sofisticate. Il grido di allarme è che l’applicazione dell’accordo si sia tradotto in minor credito alle imprese più rischiose e a tassi più elevati, in particolare le PMI. Legare con maggiore aderenza il fabbisogno di capitale al rischio sottostante a un finanziamento o a un investimento implica inevitabilmente che il prezzo di quel finanziamento o di quell’investimento divengano maggiormente sensibili al rischio implicitamente contenuto.

In seguito al recepimento delle nuove disposizioni, il legame fra rating interno e pricing sarebbe dovuto essere più solido, più strutturato e più trasparente inducendo, però, un effetto di carattere restrittivo nei confronti delle imprese, e in particolare delle PMI. In quanto i percettori di minore qualità creditizia (tipicamente le piccole e medie imprese) infatti vedono peggiorare le condizioni loro praticate con un effetto di compressione della loro capacità di indebitamento e di revisione delle opportunità di indebitamento. In pratica, secondo una larga parte degli osservatori, le banche ridurrebbero il credito destinato alle PMI per aumentare al contempo i tassi di interesse.

Ma per rating cosa s’intende? Il rating è la sintesi della valutazione della rischiosità, cioè della probabilità di insolvenza, di un’azienda prenditrice di fondi della banca. L’accesso al credito costituisce da sempre un’importante leva di sviluppo per le aziende. In particolare modo per le piccole medie imprese, che non potendo contare solo sulle proprie forze, si affidano ai finanziamenti delle banche.

Ora, visto che qualcosa nel quadro della congiuntura internazionale è cambiato con le turbolenze in atto, il rischio è quello di un’eccessiva prudenza da parte delle banche e un conseguente rallentamento delle aziende, costrette a rimandare i piani di investimento per mancanza di liquidità. Eppure, secondo l’osservatorio permanente sui rapporti tra Banche e imprese, nel primo quadrimestre del 2008 la dinamica dei finanziamenti ha registrato un +12,4%, valore vicino alla punta massima raggiunta nell’aprile del 2001 (+13%). I prestiti bancari alle aziende, insomma, segnalano dati positivi e la situazione riguarda anche le piccole medie imprese: a marzo 2008 è stato evidenziato un incremento del 7,9% dei finanziamenti rispetto allo stesso periodo del 2007.

Basilea II e l’attuale tempesta finanziaria non aiutano certo e oggi il sistema bancario ha più difficoltà a sostenere l’impresa: sono stati alzati i tassi di interesse, allungati i tempi di istruttoria delle pratiche e aumentate le richieste di garanzia da parte delle banche. Il quadro è molto complicato e il sistema bancario ha una sempre minore capacità di assunzione del rischio. Inoltre le regole di merito per poter accedere all’agognato fido di breve termine (cassa, smobilizzo di creditorie in generale) stabilite dal sistema bancario e non solo quello italiano, sono rigide.

Queste regole sono declinate da un regolamento di rating, di valutazione e di voto dettato dalle norme accettate dal mondo finanziario con Basilea II. Ci ritroviamo  quindi con regole severe, rigide, codificate che impongono – ed in realtà assecondano nella sostanza – esclusivamente il puro "miglioramento" dei dati di bilancio anno dopo anno, la regolarità dell’utilizzo dei fidi già in disponibilità e il mantenimento del patrimonio rispondente da parte delle aziende. E’ un po’ come un circolo virtuoso senza soluzione di continuità. Siccome non si è letto da nessuna parte che tali regole siano state variate, e dunque alleggerite, sarà interessante vedere come – sempre sulle basi di Basilea II – si potranno concedere le linee di credito, visto che sarà difficile che esistano società che abbiano chiuso il 2008 meglio del 2007.

Oggi il calcolo del capitale di vigilanza (in parole povere l’ammontare che le banche sono tenute a tenere da parte a fronte del denaro prestato), è frutto del seguente prodotto: Capitale vigilanza = Entità del finanziamento X coefficiente di ponderazione del rischio X 8%. Il coefficiente di ponderazione del rischio – che esprime una misura del rischio di credito associato alla azienda – secondo Basilea 1 era pari al 100%. Mentre l’ultimo fattore è una costante. Supponendo una richiesta di credito pari a 1.000 euro, l’ammontare di copertura sarà pari a 64 euro (1.000 x 80% x 8%).

Con Basilea II, invece, il coefficiente di ponderazione viene fuori attraverso due sistemi di valutazione differenti: il metodo di rating standard e il metodo dei rating interni (Irb). Nel metodo standard, però, l’azienda si rivolge a una agenzia di rating che le assegna un certo “voto”. L’azienda allora si presenta alla banca con la sua pagella, e la banca, applicando il coefficiente di ponderazione connesso al voto conseguito e prestabilito da Basilea 2, effettua il calcolo sopra illustrato e applica un certo tasso all’ammontare prestato. Chi prende il voto massimo consente alla banca di applicare un coefficiente pari al 20% (si ricordi che in Basilea 1 era pari al 100%). Il secondo scaglione ha connesso un coefficiente del 50%.

Nel caso dei rating interni, non sono più le agenzie di rating a dare il voto, ma le banche stesse. Sono le stesse a stabilire le classi di valutazione e i coefficienti di ponderazione, sempre seguendo le direttive di Basilea 2 ovviamente. Ma per la impresa piccola (fatturato < 5 mln e esposizione < 1 mln) la via di fuga esisterebbe essendo contemplata dall’Accordo stesso. Si ricordi il c.d. “trattamento retail”. La banca cioè sistema l’impresa in un portafoglio contenente tante altre imprese simili, ma con rischi differenti.

Il risultato di questa tecnica, detta diversificazione, è che il grado di rischio complessivo è più basso di quello di ogni singolo componente. L’azienda dunque assume il rating attribuito al segmento di cui fa parte. E la banca che affronta un rischio più contenuto le potrebbe offrire condizioni più vantaggiose. L’impegno delle Istituzioni che dovrebbero accelerare un processo volto “alla costituzione di un sistema di imprese capace di difendersi dalla vulnerabilità dovuta al rischio di default” sarebbe doveroso non un sistema voluto dalle banche e imposto alle imprese, garantendo invece, così come hanno fatto Commissione europea e Comitato di Basilea, di applicare possibili correzioni all’accordo Basilea II.

Se la crisi sarà una “opportunità” allora va colta inducendo tutti gli attori nazionali a partecipare senza ulteriori indugi al processo di riforma. Non vince solo chi critica!