Ho scelto Pescara perché l’Adriatico è serbatoio di voti per il centrodestra

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Ho scelto Pescara perché l’Adriatico è serbatoio di voti per il centrodestra

01 Marzo 2013

La scorsa campagna elettorale tenni un diario quotidiano pubblico, riportato dall’Occidentale. Beppe Lanzilotta, il mio collaboratore politico più stretto, mi propone di ripetere l’iniziativa. Anche perché, con l’occasione della nuova sfida, la pagina abruzzese del quotidiano online viene potenziata, rilanciata, fino a divenire una “piazza virtuale” per il centrodestra attraverso la quale informarsi, lanciare proposte, partecipare a discussioni, ribattere a polemiche e provocazioni. Quanto al diario, però, dico a Beppe di no. Come si dice a Napoli, “non me ne tiene”! Ho il cappio al collo, e la molla che non mi fa risparmiare nulla in termini di energie e iniziativa è il senso del dovere: troppo poco per animare un dialogo con i lettori. Alla fine della campagna, però, a poche ore dalla chiusura delle urne, questo rendiconto lo scrivo volentieri. Ne è valsa la pena. Anche questa volta dall’avventura esco umanamente arricchito. E poiché la politica, nella sua migliore accezione, non è altro che la proiezione della vita nello spazio pubblico, con tutte le sue inevitabili contraddizioni, ciò significa che anche politicamente non è andata male.

Alcune considerazioni generali, innanzi tutto. Ho girato tutte le province, fino ai paesini più sperduti, ma ho privilegiato Pescara. E ho fatto bene. Per due ragioni principali: innanzi tutto perché era la più sguarnita e c’era da fronteggiare la concorrenza interna di Carlo Masci. Poi  perché è una città che comprendo e con la quale può nascere un’empatia. E’ una città profondamente adriatica, per certi versi simile a Bari. Non solo nella sua struttura sociale, anche in qualcosa di più profondo. A Pescara la città e il mare si integrano alla perfezione: il corso che finisce sulla spiaggia senza soluzione di continuità è più che una felice scelta urbanistica. E’ una metafora. Il simbolo di una città dall’orizzonte aperto, naturalmente proiettata verso il Mediterraneo. E Mediterraneo, nella sua variante adriatica, significa interscambio, contaminazione culturale, commercio, mobilità sociale. Pescara, insomma, conferma una mia radicata convinzione. Lo stivale non si divide solo tra il nord e il sud. Vale altrettanto la distinzione longitudinale determinata dalla dorsale appenninica tra la parte tirrenica e quella adriatica. E quest’ultima è più incline a comprendere le ragioni del centro-destra; se proprio non la si offende vota per noi. La constatazione trova numerose conferme: dal Friuli al Veneto, dalla Romagna alla costa marchigiana; dall’Abruzzo al Molise fino alla Puglia.

E così questa campagna elettorale è stata anche un arricchimento personale. Mediato da Luciano, mio vecchio amico napoletano trasferitosi per amore a Pescara, sono entrato nelle case e ne sono uscito con una mezza dozzina di nuovi amici con i quali all’inizio ci siamo scambiati curiosità reciproca, alla fine benevolenza. E anche i rapporti umani sono stati messi alla prova, non hanno vissuto di uno scontato abbrivio. Alcuni si sono rinsaldati. Altri, che consideravo più solidi, stanno sopportando una inaspettata tensione. Se resisteranno – e sono certo che resisteranno – ne usciranno ancora più forti.
Il punto di svolta della campagna? Certamente la presentazione del mio libro in un dialogo serrato con Antonio Polito. Il libro su de Gaulle era una scusa per discutere della situazione politica in termini non da comizio. Sapevo che in ciò Antonio sarebbe stato l’interlocutore ideale: critico ma non pregiudizialmente ostile. Non è stato facile convincere i miei che l’evento si sarebbe dovuto svolgere al Flaiano: teatro da 450 posti, uno sproposito per la presentazione di un libro da mettere in piedi in pochi giorni. Ma avevamo bisogno di una prova di forza, dovevano staccare un biglietto di fiducia alla città. Alla fine è stato un successo, il primo di una serie. Nel corso della campagna non è stato “bucato” neppure un appuntamento. Mai, neanche nel più piccolo comune, è accaduto ciò che è successo a Fini ad Agrigento.

Antonio è stato il primo ospite di una lunga serie. Dopo di lui è venuto Alfano. E poi, in rapida successione, Gasparri, Tajani, Lupi a Lanciano. Il Presidente del Senato Renato Schifani ha onorato della sua presenza la città di Roseto. L’europarlamentare Erminia Mazzoni ha fatto con noi, una domenica, il giro dei comuni del pescarese. Con Maurizio Sacconi a Francavilla abbiamo incontrato i rappresentanti delle categorie, delle parti sociali e del mondo produttivo. Con il direttore di Libero Maurizio Belpietro, dopo un giro da sogno sugli spalti del castello, ho tenuto un vivacissimo dibattito nell’auditorium di Celano.

Ho visitato circa 30 paesi, frequentato numerose televisioni locali (alcune ripetutamente). Ho svolto circa 10 cene pubbliche, 5 pranzi privati con “grandi elettori”, visite a preti, suore, parroci e vescovi. Ho bevuto una quantità incalcolabile di caffè e genziane. Ho corso in macchina, grazie a Vito, da una parte all’altra, dalla montagna al mare, sfidando quasi tutti i giorni il ghiaccio, qualche volta la neve. Paesaggi bellissimi, qualcuno indimenticabile. Stanchezza eccessiva perché quasi ogni notte sono rientrato a Roma per poter fare, la mattina presto, una televisione nazionale. Mi sono allontanato solo due volte dal “collegio”: una per andare a Milano ad appoggiare la candidatura di Alessandro Colucci alla regione Lombardia, l’altra in Sicilia a Mazara e Trapani per iniziative sui principi non negoziabili, in collaborazione con Scienza e Vita. (Fine della seconda puntata, continua…)