I cavoli francesi e le merendine alitaliane

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I cavoli francesi e le merendine alitaliane

27 Aprile 2017

I cavoli francesi e le merendine alitaliane. “A Parigi si vota per salvare l’Europa, a Roma per uccidere l’Alitalia” così Massimo Giannini sulla Repubblica del 25 aprile. Probabilmente la retorica macronista sarà stata imposta da un ordine di scuderia calabresiano, ma perché mai un giornalista di qualità si mette a sposare cavoli e merende in questo modo insensato?

La vendetta di Lettino. “Le primarie sono morte” dice Enrico Letta al Corriere della Sera del 25 aprile. Una sorta di #matteo-hammonstaisereno.

E’ finita l’onda populista? “In the wider European context, Mr Macron’s likely victory has to be seen in the context of setbacks for the nationalist right in recent elections in Austria and the Netherlands and their declining fortunes in Germany — where the populist Alternative for Germany party is falling back into single digits in opinion polls. A fresh mandate for Angela Merkel in September’s German elections looks ever more likely. Nationalist parties have taken power in Poland and Hungary — but the original core of the EU is resisting the nationalist tide”. Gideon Rachman spiega sul Financial Times del 24 aprile che l’affermazione di Macron al primo turno delle presidenziali francesi può essere inquadrata nella frenata della spinta populista (più correttamente Rachman la definisce di destra e nazionalista) già avvenuta in Austria e Olanda, nonché nella prospettiva della probabile vittoria di Angela Merkel in Germania. Una certa tendenza si è interrotta nel “cuore” dell’Europa. Rachman però avverte che le questioni strutturali che hanno provocato il cosiddetto populismo sono ben lungi da essere risolte. E, peraltro, aggiungo io, sia in Austria sia in Olanda (ma anche in Spagna) la conquista di equilibri politici saldi non è stata affatto realizzata. Così come non sarà semplice guidare la Francia con governi di coalizione o coabitazione, né – come dimostrano le recenti dichiarazioni anche di un Martin Schulz che sembrava essersi spostato più a sinistra ma poi pare essere tornato all’eurortodossia merkelliana – saranno molte le concessioni che i tedeschi faranno per rilanciare quello sviluppo economico che solo potrebbe aiutare una ripresa dell’integrazione europea. Forse, dopo il 7 maggio -superata l’euforia per la probabile vittoria macroniana- sarà opportuno favorire la riflessione rispetto alla propaganda e alla retorica. 

Unione, la diversità tra cogestire e ubbidire. “Un processo di ‘rifondazione’ che necessariamente sarà guidato da un nuovo asse franco-tedesco” così scrive sul Corriere della Sera del 25 aprile Lucrezia Reichlin. Proprio la prospettiva di questo “asse” con i corrispettivi benefici (e ricatti in caso di non adesione) ha dato a Emmanuel Macron una carta in più rispetto ai politici italiani che sono stati abbastanza chiaramente rimproverati da Giorgio Napolitano per il loro scarso entusiasmo filo Unione, così quando l’ex presidente dice sulla Repubblica (sempre del 25) che Macron “ha riportato questo successo grazie a un’impostazione convincente ed esplicitamente europeista”. Sulle elezioni francesi hanno influito tanti fattori – il primo tra i quali l’operazione, con aspetti da “deep State”, per mettere fuori gioco François Fillon- e tra questi il fatto che è diverso essere chiamati da Berlino alla cogestione dell’Unione piuttosto che a quell’“obbedienza” alla Merkel a cui si è inchinato soprattutto il Quirinale napolitaniano.