I fondi pensione battono il Tfr 2 a 0

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I fondi pensione battono il Tfr 2 a 0

15 Luglio 2009

 

Una tematica che, negli ultimi mesi, ha fatto versare fiumi di inchiostro (spesso sprecato) è quella della convenienza, per i lavoratori dipendenti, di mantenere il TFR in azienda. Fruendo della sua rivalutazione annuale garantita ex lege (0,75% dell’indice Istat annuo di svalutazione, più un incremento nella misura fissa di 1,50 ), ovvero di conferirlo in un fondo di previdenza complementare (necessariamente operante – trattandosi di lavoratori subordinati – in regime tecnico di contribuzione definita), sottoponendolo, in tal modo, ai rischi propri del mercato, in relazione agli impieghi patrimoniali compiuti dal fondo pensione medesimo.

Anche la stampa economica specializzata non si è sottratta al facile esercizio di contrapporre l’andamento fortemente negativo dei mercati (e, quindi, della maggior parte delle gestioni finanziarie dei fondi pensione) nel breve periodo con i risultati derivanti dalla rivalutazione del TFR, determinando un generale (e qualunquistico) clima di sfiducia nei confronti della previdenza complementare.

Appare, quindi, estremamente centrata l’iniziativa di Assoprevidenza – il centro tecnico nazionale, prossimo ai vent’anni di attività, specializzato nell’analisi dei problemi tecnici della previdenza e dell’assistenza complementari – di condurre un, tutto sommato, semplice esercizio, incrociando l’andamento della rivalutazione del TFR, dalle sue origini, con l’inflazione e con i risultati conseguiti nel lungo periodo, da due forme di previdenza complementare, l’una di ambito aziendale, l’altra categoriale. Il primo fondo, attivo dal 1982 presso l’allora Istituto Bancario San Paolo di Torino, con un bacino iniziale di oltre 10.000 iscritti, divenuti tali per determinazione cogente delle fonti collettive aziendali (fatta salva la facoltà di recesso iniziale del singolo) ha sempre operato con gestione diretta degli attivi patrimoniali (sul mercato finanziario, senza tralasciare impieghi a carattere immobiliare, realizzati tramite “veicoli” societari). La seconda realtà, il PREVINDAI, riguardante l’intiera categoria dei dirigenti industriali, operativa dal 1991, parimenti, in origine, ad adesione vincolante, si connota per una gestione attuata attraverso lo strumento assicurativo, a cui solo di recente, si sono giustapposte gestioni di carattere finanziario, realizzate conferendo mandati ad entità specializzate, scelte con il supporto di un advisor indipendente. 

I risultati dello studio di Assoprevidenza sono riassunti nella tabella riportata di seguito.

Confronto
Inflazione – Rivalutazione TFR – Rendimento FP
1983-2008
         
ANNI Infllazione Riv TFR FP Previndai*
 

San Paolo
1983 1,128 1,111 1,282  
1984 1,088 1,081 1,178  
1985 1,086 1,079 1,150  
1986 1,043 1,048 1,135  
1987 1,051 1,053 1,044  
1988 1,055 1,056 1,119  
1989 1,065 1,064 1,106  
1990 1,064 1,063 1,066  
1991 1,060 1,060 1,099 1,128
1992 1,048 1,051 1,100 1,127
1993 1,040 1,045 1,144 1,139
1994 1,041 1,045 1,090 1,116
1995 1,058 1,059 1,086 1,111
1996 1,026 1,034 1,100 1,108
1997 1,015 1,026 1,148 1,096
1998 1,015 1,026 1,222 1,085
1999 1,021 1,031 1,097 1,071
2000 1,027 1,035 1,002 1,065
2001 1,023 1,032 0,973 1,057
2002 1,027 1,035 0,940 1,050
2003 1,023 1,032 1,057 1,048
2004 1,017 1,028 1,054 1,046
2005 1,019 1,030 1,085 1,046
2006 1,017 1,027 1,022 1,046
2007 1,026 1,035 1,006 1,047
2008 1,020 1,030 0,961 1,046
1983-2008 2,919 3,269 8,232 nd
1991-2008 1,672 1,915 2,483 3,933
 



Fonte: ISTAT; Intesasanpaolo, Previndai
Il 1991 rappresenta il primo anno di attività del Previndai
Tasso di equivalenza fra inflazione e TFR: 6%: 6×0,75+1,5= 6 => anno 1991

La consultazione della tabella offre lo spunto per talune considerazioni:

  Il TFR, per ovvia legge matematica,  ottiene una rivalutazione sino ad un livello di inflazione del 6% (6 x 0,75 = 4,50 + 1,50 = 6). Ne consegue che in taluno degli anni ottanta, in generale connotati da altissimi picchi inflattivi, il meccanismo di incremento annuo degli accantonamenti per la “liquidazione” non ne ha consentito il recupero rispetto all’inflazione medesima in 5 esercizi, mentre in molti altri il recupero è stato assai marginale. Fanno eccezione gli anni più recenti, nei quali il basso tasso inflattivo rende di peso più efficace l’addendo fisso di 1,50, consentendo un “guadagno” di qualche apprezzabilità;

–  I rendimenti del fondo pensioni aziendale, nei 25 anni considerati, hanno sempre battuto l’inflazione, fatta eccezione per 6 esercizi, per altro largamente compensati dall’andamento assai positivo degli altri anni. In 2 annualità il TFR ha fatto meglio del fondo pensioni. Ne consegue che un ipotetico ammontare di 1000 di TFR versato 25 anni or sono nel fondo pensione vale al 31 dicembre scorso, 8232, mentre se esso avesse conservato la natura di TFR alla medesima data ammonta a 3269 (si noti che un valore 1000 del 1983 corrisponde, adeguato all’inflazione, a un valore, al 31 dicembre 2008, di 2919);

  Nei 17 anni in cui ha operato, il PREVINDAI ha sempre battuto l’inflazione e largamente superato il tasso di rivalutazione garantito del TFR. Atteso l’andamento dei mercati negli anni più recenti, il fondo dei dirigenti industriali (come si è detto, gestito dapprima esclusivamente e, da ultimo, in via comunque nettamente prevalente attraverso lo strumento assicurativo) ha fatto altresì assai meglio della forma previdenziale aziendale, la quale, tuttavia, anche nel lasso temporale ora considerato, supera il rendimento del TFR mantenuto tale presso il datore di lavoro. Un ammontare di TFR di 1000 destinato a previdenza complementare nel 1991, vale, al 31 dicembre 2008, presso il PREVINDAI 3933 e presso il fondo San Paolo 2483. Ove fosse rimasto TFR, alla medesima data vale 1915 (un valore 1000 del 1991 corrisponde, adeguato all’inflazione, a un valore di 1672, al 31 dicembre considerato);

–  Nel lungo periodo il TFR non regge il “confronto di convenienza” con i piani di previdenza complementare e la differenza di impatto reddituale appare di rilevante misura;

–  La proposta – avanzata anche da chi scrive – di consentire ai nuovi fondi negoziali di operare, oltre che con gestioni finanziarie, altresì con polizze assicurative di ramo I e V (con idonea novellazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 252/2005) risulta suffragata da oggettivi dati di esperienza.