I giornali di Murdoch sono pronti a sparire da Google News (per un po’)
09 Novembre 2009
Un gigante dell’informazione contro un colosso dei motori di ricerca. Chi produce l’informazione contro chi la divulga. Così si può leggere la battaglia che Rupert Murdoch, proprietario di News Corporation, uno dei primi 4 grandi gruppi mediatici al mondo, ha deciso di intraprendere nei confronti di Google, che da solo controlla 3/4 del traffico in Rete.
Il magnate australiano sta pensando a una soluzione che permetta alle edizioni online dei giornali di proprietà del gruppo – nomi come il Wall Street Journal, il Times, il Daily Telegraph – di bloccare il link delle notizie sulla pagina del software di Google News, l’aggregatore giornalistico fiore all’occhiello della premiata ditta Page e Brin. La guerra ai search engines si inserisce nel quadro della strategia commerciale più complessiva di NewsCorp, che prevede nuove formule di pagamento per l’informazione online – attraverso micropagamenti, pochi centesimi per articolo, per valorizzare economicamente il giornalismo sul web.
E’ ovviamente anche un modo di accrescere i profitti di NewsCorp, in calo vertiginoso nel 2009, con una perdita di 3,4 miliardi dollari US. Perdita attribuibile per larga parte, secondo Murdoch, ai “ladri” che “prendono i nostri articoli e li utilizzano a loro vantaggio”; i motori di ricerca, ma non solo. Murdoch se la prende anche con i social network: “servizi web di aggregazione sociale come You Tube, Facebook e Wikipedia sono diventati destinazioni principali per ottenere notizie dell’ultim’ora, spiazzando i siti internet delle tradizionali fonti di informazione”. Murdoch ha evidentemente cambiato giudizio sulle nuove opportunità offerte dalla rete rispetto al 2005, quando il suo gruppo comprò MySpace per 580 milioni di dollari; una community che guarda caso sta soffrendo enormemente la concorrenza di Facebook.
Già nell’aprile di quest’anno Murdoch aveva criticato duramente Google, dicendo: “Dovremmo permettergli di rubare tutti i nostri diritti d’autore?”. Robert Thompson, alla guida del Wall Street Journal, ha definito i motori di ricerca dei “parassiti nell’intestino di Internet”. In ottobre, al World Media Summit organizzato a Pechino, il patron di Fox News ha rincarato la dose: ”gli aggregatori di notizie e i colpevoli di plagio dovranno presto pagare il prezzo per aver rubato i nostri contenuti”. A Pechino Murdoch ha incassato l’appoggio del presidente della Associated Press, Tom Curley: “i produttori di informazione sono stati troppo lenti nel reagire allo sfruttamento gratuito di notizie da parte di terzi senza un input o preventivo consenso”. Anche il direttore della Online News Association, Anthony Moor, si è dimostrato sensibile alle parole di Murdoch e propone agli editori di rimuovere i propri siti dai motori di ricerca per una settimana, provocando un ”effetto scarsità” di notizie tale a dare il giusto valore ai produttori di contenuti.
Google respinge le accuse al mittente e dichiara di agire “nel pieno rispetto delle leggi sui diritti d’autore”. La società dichiara di fornire all’utente elementi sufficienti della notizia affinché il lettore che lo desideri possa leggersi l’intera storia nel sito dedicato. (Ma molto spesso il lettore veloce di Internet legge solo questi elementi: titolo, autore, poche righe sui contenuti e i link alle pagine web della fonte, il pezzo in fondo è tutto qui). Google sostiene che l’utente è comunque costretto a fruire della notizia attraverso il link al sito originale. Nello stesso tempo, ogni mese il motore di ricerca più di 300 milioni di click ai siti internet dei produttori di contenuti, operando quindi a favore e non contro i media tradizionali.