
I giovani del Melograno raccontano di una generazione che vuol fare politica

31 Luglio 2011
I giovani e la politica: un tema caldissimo in un insolito venerdì sera di fine luglio, fresco e piovoso come se ne vedono pochi giù da queste parti. Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, e il vicepresidente vicario dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, incalzati dal direttore de Il Tempo Mario Sechi, hanno portato avanti una riflessione sul futuro del centrodestra e del Popolo della Libertà, il più grande partito d’Italia, a partire da quei giovani che, rubando un verso a Eugenio Bennato, “ventitré anni, ancora vuaglioni” provano a muoversi in un mondo fortemente gerontocratico mossi dal desiderio di fare politica con impegno e passione, per il loro futuro e per quello del Paese.
Il primo segnale, quello più importante, della voglia che i giovani hanno di spendersi per gli ideali in cui credono è arrivato, ancor prima che dal palco sul quale gli ospiti del Melograno hanno discusso, dalla platea dove decine e decine di ragazzi hanno ascoltato con grande interesse le parole di chi prima di loro ha scelto di fare politica e oggi ricopre importanti incarichi nell’amministrazione della cosa pubblica. In epoca di antipolitica galoppante sono queste le risposte più sincere che una generazione purtroppo "in bilico" può dare, perché la partecipazione nasce proprio da qui: accovacciarsi sul pavimento pur di ascoltare con attenzione un appassionante dibattito tra la Meloni e Quagliariello, cambiare scenario per combattere quella pioggia che proprio non ci voleva e restare più di un’ora e mezza ad ascoltare gli ospiti della serata dialogare di Politica (proprio quella con la "P" maiuscola). Questa è la dimostrazione più viva di come la nostra generazione possa (e voglia) dire la sua, anche e soprattutto a destra, anche e soprattutto nel Pdl. Il velo d’apatia e d’indifferenza con cui fa comodo giustificare il disinteresse della “generazione digitale” è stato spazzato via, ieri, quando è apparso a tutti chiaro che degli oltre settecento partecipanti una buona, ottima, percentuale era sotto l’asticella dei trent’anni.
Se ne sono accorti anche il ministro della Gioventù e il presidente Quagliariello, che non hanno esitato a far vibrare le corde dell’emozione quando, celebrando quasi un mea culpa, hanno promesso di dover “ritornare attrattivi nei confronti dei giovani” decantando le parole d’ordine di una destra giovanile forse appassita, ma ancora viva: “identità, comunità e spiritualità”. Ed è stato così – mi piace dirlo – emozionante anche l’appello verso il recupero di quell’identità europea che oggi perde vigore, l’Europa delle cattedrali e non del danaro, l’Europa dei popoli e non della burocrazia. E poi il sistema universitario malato per il quale si spera si sia trovata una cura, la tassazione e i vincoli burocratici che ostacolano le imprese emergenti e che si vogliono pian piano ridurre, per non parlare delle enormi difficoltà nel metter su famiglia che oggi la politica ha l’obbligo di eliminare. Idee e pensieri che diventeranno azioni: è la “fase due” del Pdl che sta nascendo e della quale saremo protagonisti.
Questa generazione, insomma, non è indifferente, crede e sogna. E dimostra di avere voglia di impegnarsi se gliene viene data l’opportunità.