I giovani d’oggi, figli del disincanto e già vecchi a vent’anni

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I giovani d’oggi, figli del disincanto e già vecchi a vent’anni

30 Settembre 2010

Ottima analisi sul CdS del 25 settembre, fatta da Maria Laura Rodotà sui giovani e la politica, separati in casa, capaci di un impegno al massimo emotivo, certi che il mondo non si cambia, abili a fare politica con un click su un social network per "aderire ad una campagna" e sentirsi così a posto. Sono "Figli del disincanto", come recita il titolo di un libro di Bontempi e Pocaterra. Poveri giovani, depredati della speranza non perché non gli lasciano far politica, ma perché gli hanno tolto semplicemente il gusto di vivere e gli hanno fatto credere che "vivere" sia la birra del sabato sera.

Il nuovo Leader dei Laburisti inglesi ha 40 anni, e tutti i giornali a parlare di questo leader "giovane". Sarà. In realtà non è giovane per niente, ma è la nostra percezione di giovinezza che si è andata imbastardendo. Non ce ne rendiamo conto ma viviamo in un mondo in cui inizi a vivere e contare qualcosa dai quaranta in su; prima sei un nulla, cioè uno che si prepara per qualcosa. E la colpa non è degli anziani in quanto tali. L’anziano è un fulcro della società, non è lo scarto come vorrebbe la società moderna giovanilistica a tutti i costi. E non è vero che per "colpa" dei vecchi non c’è spazio per i giovani. Se i vecchi sono bravi, ben vengano!

La tragedia è un’altra. E’ che il modo di vivere occidentale lascia spazio ai giovani, ma crea giovani che non sarebbero in grado di prendere il posto dei vecchi: sono già giovani cariatidi, hanno trent’anni ma non hanno ideali, vivono di riflesso degli ideali delle generazioni precedenti, ripetono vecchie tiritere: il che Guevara, la droga libera, ritornelli animalisti, quando aprono bocca. Altrimenti, anche quando hanno potere, aprono bocca ed è il silenzio. Con alcune eccezioni, ma che sono legate alla fortuna di aver una famiglia o una compagnia che non li ha abbandonati e che gli ha mostrato che la vita ha un significato buono. Ma sono rarae aves.

Il dramma allora è che siamo stati depredati della giovinezza vera: ci fanno fare i figli a 30 anni, ci fanno trovar lavoro a 40. Depredati della giovinezza. Ci lasciano infantili fino ai 40 anni, poi, con i primi acciacchi, ci lasciano liberi di scegliere tra volere la Renault o la Pegeaut! E tutti, defraudati, aspettano i capelli bianchi per farsi "finalmente" la seconda macchina (e spesso la seconda moglie). Ma è vita? E se non lo è, accorgiamoci che la battaglia per i diritti inizia proprio da qui, dalla coscienza che Giulietta sposava Romeo a 14 anni e alla stessa età la bella Esmeralda ballava nelle strade della Parigi di Hugo ed era donna; e non faceva scandalo a nessuno, perché la vita, con le sue tensioni e i suoi ideali inizia presto, e non va schiacciata e anche un quattordicenne ha diritto di farsi sentire, anche un ventenne ha diritto di far famiglia. Ma non ne hanno più voglia. Questo è il dramma.

Parliamo pure di processi e case, di appalti e delinquenza, ma sono cose da anziani mentali, che fanno passare la voglia, fanno adeguarsi al mondo dell’anzianità; il mondo ha bisogno di guardare a chi spiega che la vita ha senso. Per questo è più giovane un Papa che con i capelli bianchi esorta a non aver paura della vita, piuttosto che i giovanottoni del grande fratello. Perché la giovinezza è commisurata al desiderio, e il valore della persona è commisurato al valore di ciò per cui vive. Il Papa esorta a ricostruire l’umano, nei giovani e negli anziani, solo che sa che nei giovani c’è meno pregiudizio, cioè c’è pregiudizio, ma è il pregiudizio che gli infondono gli adulti; non è un pregiudizio connatale. E addosso al Papa si scatenano quasi tutti i media, che ne riportano solo frasi stralciate e fredde. Invece "È tipico dell’essere giovane – ha detto il 3 settembre- desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare di un impiego sicuro e sentire l’anelito per ciò che è realmente grande». E «il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Dio, che portiamo la sua "impronta"». 

Lunga vita al Papa, allora, perché rinnova la sfida di una vita con un senso e insomma aiuta i ragazzi a non morire di vecchiaia a 20 anni, invoglia ad amare anche il bene pubblico; perché, è evidente: lui la vita con un senso l’ha incontrata.