I Goethe institute non sono sempre stati rifiugi sicuri per i liberali

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I Goethe institute non sono sempre stati rifiugi sicuri per i liberali

11 Luglio 2011

Sul ‘Foglio’ del 9 luglio—‘Il Foglio’ del sabato è divenuto il più autorevole periodico culturale nella stagione morta che stiamo attraversando—Andrea Affaticati tesse l’elogio del Goethe Institut, le cui sedi all’estero sono stati rifugio e retrovia nei paesi in lotta per la libertà. Gli esempi che porta ne sono una riprova ma ogni regola ha le sue eccezioni.

A Genova, ad esempio, il Goethe Institut che ho conosciuto negli anni sessanta, era un’agenzia di promozione dell’opera di Bertold Brecht. I suoi direttori erano culo e camicia con gli assessori comunisti del Comune, con l’Istituto Gramsci e con i docenti universitari più ‘impegnati’. Non sono mai riuscito a far passare giornate di studio sul liberalismo tedesco, da Kant a Dahrendorf.

Quando proposi un Convegno su Georg Simmel, il grande sociologo amico di Max Weber, constatai che il direttore non lo aveva mai sentito nominare! Anche questo andrebbe spiegato.