I “mostri” di Viale Mazzini e la nuova strategia di Berlusconi per la Rai
03 Giugno 2010
La Rai, si sa, soffre di mal di pancia. Una fitta che di solito si riacutizza a scadenze regolari, per lo più in concomitanza con i principali snodi istituzionali e di palazzo. Arrivati in vista del giro di boa della legislatura, il dolore è più acuto che mai. Un problema di calcoli, pare: quelli economici che si era fatto fare Michele Santoro dal suo intraprendente manager e quelli più propriamente politici che le diverse forze in campo, sia di maggioranza che di opposizione, hanno iniziato a compiere per non farsi trovare impreparate.
Le parole pronunciate ieri dal “di fatto” ministro delle Comunicazioni Paolo Romani non sono certo un fulmine a ciel sereno, ma mettono in evidenza un cambio di passo nella gestione dell’azienda pubblica. “Serena Dandini è scoraggiante, anche peggio di Santoro, Il Tg1 di Minzolini è quello che guardo se voglio essere sicuro di essere informato in una maniera ragionevolmente corretta, mentre per non esserlo guardo il Tg3 o anche Rai News 24. Il Tg3 fa danni per 30 minuti. Rai News 24 fa danni per 24 ore ”.
Poche battute per mettere il dito nella piaga su altrettanti punti dolenti: il malcontento di Rai News, cenerentola dell’informazione televisiva con decine e decine di professionisti in redazione, pochi ascolti e la barra del timone rivolta a sinistra, il cui segnale tv è stato “smarrito” per qualche giorno a causa di problemi tecnici legati allo switch off verso il digitale terrestre, la lite furibonda tra Maria Luisa Busi e Augusto Minzolini, additato ormai dall’opposizione come il direttore più filogovernativo della storia, e il disagio di Rai Tre, divisa tra un direttore di rete come Di Bella, che cerca di difendere le riserve indiane istituite dal suo predecessore, e lo stesso predecessore, Paolo Ruffini, che, forte dell’esperienza di Santoro, sventola la pronuncia di un giudice per pretendere di tornare nel ruolo che i vertici gli avevano tolto, senza neanche voler prendere in considerazione soluzioni di compromesso. Oltre, ovviamente, alla trasmissione della Dandini, minacciata da un ridimensionamento per la prossima stagione che somiglia tanto a un avviso di sfratto.
La scelta del premier di non voler adottare, almeno per questa legislatura, uno spoils system assoluto, come visto tante volte in Rai in passato, lasciando invece alla controparte politica la quasi totalità dei contenitori di approfondimento giornalistico, sta cedendo di fronte alle prove di forza che i responsabili delle testate o delle trasmissioni stanno mettendo in atto, forse per controbilanciare la sensazione di debolezza che danno di sé gli attuali leader dell’opposizione.
Fatto sta che Berlusconi non sembra più intenzionato a lasciar correre, anche a rischio che si gridi di nuovo al regime. L’irruzione telefonica in diretta a Ballarò la dice lunga: “I sondaggi apparsi sono fasulli. Ho in mano il sondaggio di Euromedia, in cui il presidente del Consiglio ha il 62% di apprezzamento da parte degli italiani. Non posso accettare che in una televisione di Stato si dicano queste menzogne”. E molto dice la risposta per nulla intimorita di Giovanni Floris: “Ciò che veramente è inaccettabile in una televisione di Stato è che si inizi un dialogo ma poi si insulti e si butti giù il telefono prima che arrivi la risposta”.
Sarebbe quasi da fare un encomio a Floris per la sua coerenza e la sua dirittura morale, se non fosse reduce, proprio lui, da uno scivolone che qualcuno ha già battezzato “conflitto di interessi”. La crociata contro la ventilata chiusura dell’Istituto di Studi e Analisi Economiche (Isae) nell’ambito dei tagli che il governo si appresta a operare, messa in scena nella puntata di Ballarò andata in onda la scorsa settimana, era sembrata a qualcuno troppo forzata e tirata per le lunghe. Poi è venuto fuori che Beatrice Mariani, primo tecnologo dell’Isae, è anche la moglie di Floris.
Alziamo le mani. Quel che appare certo, però, è che alla Rai si stia per rimettere mano con decisione. E che la battaglia sottile sulle idee e sui principi diventerà ben presto guerra di trincea.