
I nostri “Prodi” hanno reso l’Italia un alleato inaffidabile

31 Maggio 2007
Ma chi ha consigliato al presidente americano George W. Bush di venire in Italia tra una settimana per essere poi preso a pesci in faccia dal governo in carica? Forse qualcuno gli ha fatto credere che l’Italia, in quanto membro della NATO, è ancora un paese alleato? Gliel’hanno detto che addirittura il Presidente della Camera dei Deputati, Fausto Bertinotti, che in teoria rappresenta lo Stato, e non il governo, ha espresso il dubbio se stringergli la mano o meno? Nessuno gli ha riferito che, se all’ultimo momento decidesse di limitarsi alla visita al capo di stato del Vaticano, papa Benedetto XVI, tutti i membri della coalizione di governo, ma proprio tutti, tirerebbero un sospiro di sollievo, dal presidente del Consiglio Romano Prodi all’ultimo sottosegretario?
Ma ecco quello che forse i consiglieri hanno davvero detto a Bush: “Già che vai in Italia, fai anche un salutino di cortesia ai rappresentanti dello stato, così come si fa con una vecchia zia quando si capita, per altri motivi, nella sua città, che sennò si offende. Tanto ragiona poco ed è inaffidabile, e comunque non conta niente ed è irrilevante”.
Che lo stato italiano, rappresentato dall’attuale governo in carica, sia completamente inaffidabile sul piano della politica internazionale e delle relazioni con gli Stati Uniti è sotto gli occhi di tutti. Nessuno, neppure Prodi, rappresenta più che se stesso e i suoi quattro amici. Come già il 17 gennaio a Vicenza, partiti rappresentati nel suo governo manifesterano contro il governo stesso. Anzi, con la benedizione del Presidente della Camera, Bertinotti, lo faranno in ben due manifestazioni distinte (al lettore risparmiamo sigle e siglette degli aderenti), una esplicitamente anti-Bush e anti-Prodi, l’altra soltanto anti-Bush, ma non anti-governo (con i soliti inutili distinguo in punta di penna di cui da sempre si alimenta il dibattito nella sinistra). Ed ecco il segretario dei Democratici di Sinistra, Piero Fassino, che non sapendo più che pesci pigliare “consiglia” agli elettori della sua propria coalizione, nonché ai membri del suo proprio governo, di “non contestare Bush”.
Poi, come già il 21 febbraio al Senato, il ministro degli Affari Esteri Massimo D’Alema leggerà un bel discorso in cui farà i soliti salti mortali per spiegare la posizione del governo e il suo esatto contrario, appigliandosi alla forma per non entrare nella sostanza: la lettera degli ambasciatori dei governi alleati è “irrituale”; in Afghanistan ci siamo ma non combattiamo; rispondiamo agli elettori e non a una potenza straniera; Abu Omar era un terrorista, ma in fondo non faceva niente di male; per Daniele Mastrogiacomo non sono stati pagati riscatti; collaboriamo in perfetta sintonia antiterrorista con i servizi segreti dei paesi alleati. Allora, dopo il suo alto e accorato discorso, D’Alema fu sbertucciato dai suoi stessi alleati e il governo Prodi andò in minoranza. Voi vi fidereste? Bush certamente no. Un salutino sulla porta, una scatola di cioccolatini, un mazzo di fiori, e via.
Oltre a essere inaffidabile nei confronti dell’alleanza occidentale di cui fa parte, lo stato italiano, rappresentato da questo governo, è anche irrilevante sul piano internazionale e ci sprofonda sempre più in quell’immagine di paese di spiagge e musei, di spaghetti e ferrari, che ogni italiano intelligente fa una gran fatica a scrollarsi di dosso quando va all’estero e si sente chiedere: D’Alema, chi è costui? Prodi, ma è ancora primo ministro? Fassino: mai sentito! Ma i nostri governanti (e politici in genere), così attenti a distinguere tra le posizioni di Pecoraro Scanio e quelle di Turigliatto, li leggono mai i giornali stranieri, guardano mai i notiziari della CNN, della BBC e di TV5 (li passa anche Sky, ma forse loro non sanno le lingue!)? Se lo facessero, si renderebbero conto che l'”Italia di governo” all’estero semplicemente non esiste. Su qualsiasi questione di rilevanza internazionale si menzionano le posizioni americana, britannica, francese, tedesca, e, a volte, quella spagnola. Punto e basta. L’Italia non c’è. Oltre a essere inaffidabile, è anche irrilevante.
Quel che è peggio è che lo sarà sempre di più. La coalizione di governo tifava per Ségolène Royal in Francia, e si è beccata Nicolas Sarkozy, filosraeliano e filoamericano. Subisce la presenza imponente di Angela Merkel in Germania, anche lei poco incline ai giri di parole. In Gran Bretagna ha stravisto per Tony Blair, per poi ritrovarselo proamericano. (Forse Gordon Brown è un po’ più soft, ma in politica estera non si distinguerebbe molto da David Cameron, il leader del Partito Conservatore.) Al posto di Bush tra una anno ci saranno Hillary Rodham Clinton o Barack Hussein Obama, ma nessuno si illuda che, in politica estera, i due rappresenteranno quell’inesistente “altra America” tanto sognata dal sindaco di Roma, Walter Veltroni, e dagli americanisti nostrani. Quando queste persone si riuniranno intorno a un tavolo a discutere dello stato del mondo, state certi che nessuno di loro si chiederà: ma D’Alema e Prodi che cosa ne pensano? Anzi, forse si dimenticheranno anche di mandare loro l’invito, o, come la vecchia zia, li inviteranno soltanto per il thé.