I primi 10 giorni della Prestigiacomo: sviluppo farà rima con ambiente
16 Maggio 2008
Stefania Prestigiacomo è esattamente come l’ha descritta il Foglio di mercoledì: “non saputa, ma pronta a capire. Non dogmatica, ma consapevole”. I suoi primi dieci giorni sono iniziati in sordina, che non è un segno negativo. Vogliamo quindi credere che sia per educazione che ha esordito, al passaggio delle consegne con Alfonso Pecoraro Scanio, complimentandosi con l’ex ministro per la sua gestione dell’Ambiente. La parlamentare siciliana ha usato queste parole, riferendosi al leader verde: “Ha fatto tanto in questi due anni e per questo motivo con lui intendo mantenere un rapporto”.
Non v’è dubbio, in effetti, che Pecoraro abbia fatto tanto: è discutibile, però, che abbia fatto qualcosa di buono. Non è chiaro, quindi, se la mano tesa della Prestigiacomo sia una promessa o una minaccia. O, si spera, un semplice gesto di cortesia. Perché, al di là di questa gaffe, bisogna riconoscere che l’umiltà con cui essa ha accolto le nuove competenze le rende merito. “Chi ha un incarico così importante come il mio non può non tenere conto di tutto quello che è stato fatto prima – ha detto – anche se si deve tenere fede al proprio programma che costituirà la mia guida”. E poi: “Dovete darmi tempo. Sono consapevole della complessità dei problemi che ricadono su questo ministero. Bisogna parlare quando si ha consapevolezza e parlerò quando avrò anche soluzioni”. La scelta del low profile è un’indicazione positiva, in quanto lascia intuire, da parte del nuovo ministro, un atteggiamento cauto e pragmatico.
I problemi ambientali sono questioni concrete, locali, che come tali vanno gestite e affrontate: inquadrarle entro una griglia ideologica non può far altro che nuocere.
In quest’ottica va letto pure l’intervento della Prestigiacomo sul quotidiano Il Tempo di mercoledì, che risponde dialetticamente alla provocazione di Roberto Arditti: abolire il ministero dell’Ambiente. Il direttore editoriale del quotidiano di Roma poneva la questione in prospettiva: il ministero dell’Ambiente – sosteneva – è il risultato e il simbolo proprio di quell’approccio ideologico che ha caratterizzato il verdismo negli anni scorsi. Un punto di vista, oltre tutto, che è uscito pesantemente sconfitto dalle urne, per la sua incapacità di rispondere efficacemente alla domanda degli elettori – che pure non sono affatto insensibili ai temi ecologici. Prestigiacomo parte da qui, invitando a “comprendere e storicizzare” la cultura dei no, che è stata appunto incarnata dai movimenti verdi. E’ infatti vero che tale cultura nasce in risposta all’estremismo opposto – quello del “lungo e indiscriminato abuso dell’aria, del mare, del territorio e delle sue risorse”. Tutto indubitabilmente vero. Il punto che però non emerge dalla riflessione del ministro è cosa stia a monte delle due culture, ossia il fatto che esse siano figlie della comune convinzione che, in un senso o nell’altro, ogni decisione vada delegata allo Stato. Al contrario – prosegue la Prestigiacomo – “si può e si deve aprire una fase in cui sviluppo e ambiente non siano contrapposti ma invece due facce della stessa medaglia”. Ciò può avvenire solo in un contesto di mercato, nel quale le dispute vengano risolte in relazione ai diritti concreti degli individui.
La speranza è che Stefania Prestigiacomo sfrutti questi dieci giorni – e magari anche quelli successivi – per approfondire questi temi e cogliere la differenza di pensiero e prospettiva che corre tra i due ecologismi: quello che guarda all’essere umano come a una contaminazione della biosfera e quello che vede l’uomo come perno dell’ambiente; quello che invoca più Stato e quello che chiede più libertà. Se il ministro riuscirà a compiere una sintesi equilibrata tra la esigenze della politica, la contingenza delle norme esistenti e una tensione ideale verso un ambientalismo liberale, saranno stati dieci giorni ben spesi.