Tra le varie sfide che il nuovo Governo si troverà ad affrontare, quella dei trasporti e delle infrastrutture è certamente una di quelle da cui può dipendere il successo di tutto l’esecutivo. È stato più volte ribadito che, a seguito delle pressioni internazionali e della corrispondente crisi dei combustibili, il rilancio del Paese deve poggiare proprio sulla politica dei trasporti e sul bisogno di soddisfare una domanda di infrastrutture che proviene dai più diversi ceti sociali, imprenditori inclusi.
Se questo è il quadro, non v’è dubbio che la scelta di Matteoli quale nuovo Ministro per i trasporti e le infrastrutture appare opportuna e saggia. Opportuna in quanto il nuovo Ministro è uomo di continuità che ha già maturato significative esperienze di governo per di più in materia ambientale, notoriamente spinosa e allo stesso tempo intrinsecamente legata ai trasporti e ai suoi legami con la collettività e il territorio. Saggia in quanto proprio Matteoli è stato capace di farsi apprezzare da più parti, risultato che sicuramente lo agevolerà nell’affrontare e nel gestire le delicate questioni che il dicastero assegnatogli gli farà a breve piombare addosso. Il suo compito è più arduo che mai, si tratta di intervenire proprio in quei settori, i trasporti e le infrastrutture, dove molti suoi colleghi non hanno certo brillato.
Diceva un famoso professore di economia dei trasporti che il successo è tutto nella capacità di far “funzionare” le diverse possibilità di trasporto come se fossero una sola, cioé in senso integrato. In questa semplicità si nasconde però una complessità a dir poco disarmante. Al riguardo il nuovo Ministro sembra aver preso alla lettera questo principio, almeno a partire dalle prime dichiarazione nelle quali sembra che l’integrazione e il riequilibrio modale costituirà un cardine della sua strategia.
Ne è un esempio l’atteggiamento riservato al ponte sullo stretto di Messina, al quale il Ministro assegna un ruolo importante non solo come opera infrastrutturale in sé, ma proprio in funzione della sua capacità di creare ulteriori possibilità di sviluppo attraverso altri e necessari interventi, quali ad esempio il potenziamento della rete ferroviaria siciliana e gli interventi sulla Salerno-Reggio Calabria. Da questo punto di vista saranno molti gli ostacoli da superare, ma certamente si parte con la mentalità giusta quando la visione delle infrastrutture si regge su principi base come il riequilibrio territoriale e l’integrazione modale. Stesso discorso vale per la Livorno-Civitavecchia quale infrastruttura citata dal Ministro e capace non solo di porre soluzione ad alcuni colli di bottiglia ma, contemporaneamente, di creare ulteriori occasioni di crescita economica. Questo approccio sembra essere vero anche con riferimento alla spinosa questione Alitalia, sulla quale Matteoli ha ribadito di voler ricercare una soluzione che sappia superare i particolarismi per guardare invece al trasporto aereo in termini di competitività di tutto il Paese.
Si ricorda al riguardo che tra i vari problemi che da sempre impediscono all’Italia di realizzare concretamente le infrastrutture “strategiche” di cui ha bisogno vi è certamente quello dell’incapacità, che ha spesso caratterizzato i governi di centro sinistra, di comunicare correttamente le ragioni sottostanti la realizzare di alcune grandi opere (ad esempio TAV Torino-Lione). Un difetto di comunicazione che sarà necessario superare quanto prima per impedire che situazioni come quelle della Val di Susa si ripetano. Su questa linea il Ministro si è espresso chiaramente ribadendo da una parte l’importanza di comunicare seriamente al cittadino il significato effettivo di un’opera strategica, dall’altra affermando che un Governo deve essere libero di prendere le sue decisioni, quando questo riflettono un interesse di carattere generale.
In materia di trasporti e infrastruttura c’è molto da fare e molti ritardi da colmare, come quello che ci separa dai grandi paesi europei che, ad esempio, già guardano avanti in tema di trasporto marittimo e dove le strategie dei grandi attori internazionali non sembrano orientate a prendere adeguatamente in considerazione le coste italiane come approdo sicuro per le proprie merci. Il necessario potenziamento della rete ferroviaria è elemento da tenere sempre a mente così come quello relativo all’efficienza delle imprese nazionali di trasporto sia merci che passeggeri, ancora permeate di una vecchia e ormai superata logica statalista. La congestione stradale ed i costi esterni che ne derivano rappresenteranno un altro filone su cui il Ministro sarà costretto a confrontarsi.
Su tutti sembra quindi di poter intravedere un generale bisogno per una nuova politica dei trasporti, che sappia coniugare efficienza ed equità. Se il nuovo Ministro sarà in grado di pilotare l’Italia dei trasporti verso l’integrazione tra sistemi e verso la realizzazione di infrastrutture in grado di dare nuova linfa allo sviluppo del Paese, solo il tempo potrà dirlo, e certamente non basteranno cinque anni di Governo.
Certo è che se in questo periodo si riuscisse a porre le basi per un rinnovamento importante e duraturo in questo comparto, allora si potrebbe effettivamente dire che il nuovo Ministro dei trasporti ha vinto la più difficile delle sfide.