I sostenitori della guerra in Iraq in piazza contro il ritiro

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

I sostenitori della guerra in Iraq in piazza contro il ritiro

05 Settembre 2007

Il 15 settembre, giorno dell’audizione al congresso del generale Petraeus e dell’ambasciatore Crocker sull’Iraq, prenderanno a Washington il via una serie di manifestazioni contro la guerra. Il gruppo di estrema sinistra Answer (Act Now to Stop War and End Racism) organizza un raduno di protesta che si protrarrà per un’intera settimana richiedendo il ritiro immediato dall’Afghanistan e dall’Iraq, indipendentemente dai risultati della testimonianza e del report della Casa Bianca, la chiusura di Guantanamo Bay, il rilascio dei sospetti di Al Qaeda sul territorio americano e l’impeachment di Bush e Cheney. Clou della manifestazione sarà il “die-in” presso il monumento della pace, ossia una forma di disobbedienza civile in cui i manifestanti, pronti a farsi arrestare, si sdraiano per terra facendo finta di essere morti. 

Ad accoglierli questa volta non ci saranno soltanto i poliziotti antisommossa. Un gruppo indipendente, Gathering of Eagles, composto da veterani e soldati, accompagnati dalle rispettive famiglie, e da bloggers che vogliono sostenere le truppe e la causa della guerra contro il terrorismo, scenderà in piazza a contrastare il raduno di Answer e difendere l’onore dei soldati e veterani delle guerre in Iraq e Afghanistan. Tra gli Eagles più attivi, i membri di Rolling Thunder, un’associazione che aiuta veterani di tutte le guerre, attiva in tutto il paese e che organizza spesso raduni in moto. Il Gathering of Eagles sono attivi da tempo per ostacolare l’attivismo di Answer contro l’arruolamento e proteggere i monumenti ai caduti dagli attacchi degli anni anarchici. 

Ad affiancarli troviamo altre organizzazioni di veterani e Move America Forward, la maggiore organizzazione a favore delle Forze Armate, che dal 3 al 15 settembre riunisce, in un tour di venticinque tappe che parte dalla West Coast e arriva a Washington, più di dieci mila sostenitori. Sulla strada di quello che chiamano il “Fight for Victory Tour”, raccolgono anche lettere e cartoline di sostegno per i soldati ricoverati negli ospedali militari americani. Dal sessantotto in poi, nell’immaginario collettivo, le manifestazioni di piazza sono sempre state considerate strumento esclusivo dei pacifisti per far sentire la propria voce. Ma come dichiara al New York Post l’ex colonnello Harry Riley: “Non avranno le strade o il palcoscenico politico solo per loro…”. 

Il confronto politico non si svolge solo in piazza. Un nuovo movimento chiamato Freedoms Watch, capitanato da Ari Fleisher, già portavoce di Bush, nasce come risposta a MoveOn.org, organizzazione ostile al presidente americano e contro la guerra fondata da George Soros. Freedoms Watch sostiene la guerra al terrorismo per garantire la sicurezza negli Stati Uniti e ha messo in piedi una campagna tv, radio e internet di 15 mila dollari, per sostenere la strategia della Casa Bianca in Iraq. Tra i protagonisti dei loro promo, soldati che hanno combattuto in Iraq e la vedova di un soldato che ha perso la vita in guerra. Suo zio era un pompiere morto negli attacchi dell’11 settembre. Un altro filmato mostra un veterano che dichiara di essersi arruolato nuovamente dopo l’11 settembre perché non vuole che i suoi figli vedano quello che ha visto: “Voglio che siano liberi e sicuri. So quello che ho perso. So anche che se ci ritiriamo ora, tutto quello che ho dato e i miei sacrifici saranno vani. Ci hanno attaccato e lo faranno nuovamente. Non si fermeranno in Iraq. Stiamo vincendo sul suolo e facendo veri progressi. Non è tempo di rinunciare. Non è tempo per far politica”. 

Freedoms Watch vuole anche occuparsi della distorsione dei fatti operata dai media: “Siamo stufi di sentire solo una parte della storia, quando sappiamo che la grande maggioranza la pensa diversamente” dice Bradley A. Blakeman, presidente del nuovo gruppo, incaricato dell’agenda di Bush durante il suo primo mandato. “Vogliamo dare voce a queste persone, lasciarli raccontare le loro storie”.

I sostenitori della guerra contro il terrorismo, forse incoraggiati dai risultati positivi in Iraq, hanno finalmente capito che possono dare voce alle loro opinioni. Come dice Fleisher: “Per quelli che pensano che la pace si ottiene con la forza, la cavalleria è arrivata”.