I veti politici incrociano le Authority e mandano a monte le nomine
29 Novembre 2010
Dopo poco più di una settimana dalla designazione da parte del Consiglio dei ministri, Antonio Catricalà ha comunicato a Palazzo Chigi la volontà di rinunciare alla presidenza dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas per completare il suo mandato all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Una scelta dettata probabilmente dal timore di veder respinte in Parlamento le propose di nomina dell’AEEG: già all’indomani del Consiglio dei Ministri, la rosa di nomi formulata dal governo aveva portato alle dimissioni di Federico Testa da responsabile energia del PD. Le candidature sono state, infatti, condivise da PDL, Lega Nord e l’area bersaniana del Partito Democratico. Deludeva, invece, Futuro e Libertà, l’Italia dei Valori, l’Unione Democratica di Centro e un pezzo di partito democratico.
Il nome di Catricalà aveva sollevato qualche perplessità di ordine tecnico, più che personale. Benedetto Della Vedova (FLI) aveva manifestato il timore che si creasse un precedente pericoloso per la stessa indipendenza delle authority, se si fosse cominciato a spostare i vertici da un’autorità all’altra, quasi eludendo il divieto di rinnovo imposto ai loro componenti per farsi che non debbano render conto alla politica del loro operato. Di qui il favore con cui è stato accolto il passo indietro compiuto da Catricalà. Per Della Vedova “Antonio Catricalà è stato fino ad oggi un eccellente presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ed è pertanto un bene che abbia deciso di portare a termine il suo mandato”.
Non sono però queste le ragioni alla base della contrarietà sul nome di Catricalà. FLI e l’opposizione non accettavano di buon grado che con il passaggio di Antonio Catricalà all’AEEG, l’Antitrust finisse in mano ad Antonio Pilati, in quanto componente più anziano dell’organo collegiale. Quest’ultimo, secondo l’opposizione, sarebbe reo di aver curato la stesura della Legge Gasparri e di esser troppo vicino a Berlusconi. Chi, all’opposizione (in tale circostanza comprendente FLI) nutre un’avversità pregiudiziale su Pilati dimentica che la sua carica sarebbe temporanea e spetterà ai presidenti di Camera e Senato dare un termine all’interim con la nomina di un nuovo presidente.
La mossa di Antonio Catricalà è stata quindi determinata dal timore di tornare comunque ad occuparsi di concorrenza, ma dopo aver incassato il no dal Parlamento al suo passaggio all’AEEG. Per la nomina dei componenti dell’AEEG è, infatti, richiesto il voto favorevole di 2/3 dei membri delle commissioni attività produttive e industria, rispettivamente di Camera e Senato.
In realtà non è solo (e forse non tanto) la designazione di Catricalà a scontentare l’opposizione. Per trovare il bando della matassa, Gianni Letta, con le sue abilità di mediatore della politica, potrebbe esser costretto a metter mano in modo più incisivo sull’organigramma dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Si è parlato in questi giorni di un confronto con l’UDC per far posto ad uno dei suoi all’interno dell’autorità, a danno, forse, di Carlo Crea, attuale segretario generale. L’abbandono di Catricalà potrebbe indurre il governo ad un riesame delle designazioni di vertice.
Nel complesso, il piccolo naufragio delle nomine, che questa settimana sarebbero dovute esser esaminate dalle commissioni parlamentari, traccia un ritratto disincantato dello stato delle autorità amministrative indipendenti.
L’instabilità politica ha avuto le sue più immediate ripercussioni proprio sulle amministrazioni che più dovrebbero esser impermeabili alle dinamiche del mondo politico. Il Cencelli applicato alle autorità amministrative indipendenti pare una bestemmia, ma è sempre più evidente che ogni proposito volto a assicurare la terzietà e la massima indipendenza alle authority è riposto necessariamente nelle mani della classe politica e nel suo senso di responsabilità.
Intanto, il 15 dicembre scade il mandato dell’attuale vertice dell’AEEG. Si attende il responso del Consiglio di Stato, investito del compito di giudicare sulla legittimità di una prorogatio dei poteri del collegio attualmente in carica, sino alle nuove nomine.
Per scongiurare il blocco operativo dell’autorità, è necessario che il Consiglio dei Ministri provveda alle nuove nomine già entro la settimana in corso, per dare una settimana di tempo alle commissioni parlamentari per l’espressione del parere.