I voti dei nostri esperti alla Finanziaria
15 Ottobre 2010
Ieri è stata messa in sicurezza la stabilità dei conti pubblici ma i malumori dei ministri, che solo all’ultimo hanno potuto vedere le tabelle che compongono il provvedimento (un solo articolo), quelle che pesano sui bilanci dei singoli dicasteri, hanno alzato la temperatura di una giornata che in fin dei conti era solo caratterizzata da una tappa formale. Di questo s’è trattato: approvare le tabelle che fotografano i saldi di finanza pubblica dopo la manovra di 24,9 miliardi approvata questa estate (quindi il taglio di circa il 10% dei budget per l’anno prossimo e per il 2012 ai ministeri). Rispetto a luglio non cambiano gli indicatori macro che hanno valore in Europa: non il deficit, non il fabbisogno. Ci sono però rimodulazioni di spesa tra le tabelle del Ddl, che hanno un impatto sul saldo netto da finanziare di 1 miliardo per l’anno prossimo, 3 miliardi per il 2012 e 9,5 per il 2013 (in tutto 13).
Il ministro dell’Economia ieri ha confermato che restano gli impegni presi, ma confluiranno nel decreto di fine anno, il cosiddetto mille proroghe. L’università troverà lì le risposte che cerca, così come le politiche di sostegno al reddito dei lavoratori. Si attendono infatti novità sulla cassa integrazione e la proroga di agevolazioni fiscali in scadenza. La detassazione dei salari di produttività per esempio potrebbe trovare spazio a fine anno se è vero che ci sarebbe già un impegno del Governo a varare (ed estendere a unaplatea più vasta) la misura anche nel 2011. Invece, con molta probabilità non ci sarà spazio per gli incentivi ai consumatori, dato che la campagna in scadenza a fine anno (finanziata lo scorso anno con 300 milioni) non ha dato gli esiti sperati: risulta infatti un avanzo di 120 milioni (le somme residue verranno ridistribuite con un decreto ministeriale).
E ieri Giulio Tremonti ha ufficialmente aperto la fase due, incentrata tutta sullo sviluppo. Prenderà il via dal rilancio del progetto del nucleare, passando per la riforma della pubblica amministrazione, un piano di rilancio per il Mezzogiorno e infine la riforma del fisco a partire non dal taglio del carico fiscale, ma dalla semplificazione delle attuali, troppe, agevolazioni.
“Tremonti fa bene a tenere stretti i cordoni della borsa – spiega Salvatore Rebecchini, economista e membro dell’Antitrust – Oggi il rischio maggiore per il nostro paese sarebbe di perdere la fiducia degli investitori che comprano i nostri titoli di stato. Un incremento del premio al rischio sul debito italiano, e il conseguente incremento dei tassi di interesse, vanificherebbe tutti i progresssi conseguiti sul fronte della riduzione del deficit pubblico e danneggerebbe anche le imprese che vedrebbero salire il costo del ricorso al credito”.
Sulla stessa linea il commento raccolto da l’Occidentale del capo economista della Cassa Depositi e Prestiti Edoardo Reviglio: “La tenuta dei conti pubblici è un grande patrimonio di stabilità. Il ministro ha seguito gli altri grandi paesi europei sulla strada della responsabilità fiscale, consci che i costi sociali sono comunque inferiori a quelli che potrebbero esserci nel caso di una crisi finanziaria (la Grecia insegna)”. Quello messo in piedi da Tremonti, secondo Reviglio “è un percorso mirato che permette all’Italia di tenere saldo il timone del bilancio. I tagli sono sempre dolorosi ma se l’economia non cresce è incosciente pensare di aumentare la spesa pubblica o le tasse. Credo – ha concluso – che il paese riuscirà comunque a esprimere le energie più attive che lo caratterizzano, come sempre è stato: entriamo nella fase dello sviluppo ma lo sviluppo non lo fa solo il ministro dell’economia ma il paese intero”.
Giuliano Cazzola, vicepresidente della Commissione lavoro della Camera dà un 6+ alla Finanziaria. Per Cazzola, rispetto alle polemiche di questi giorni (che secondo rumors hanno perfino portato alcuni ministri a pensare alle dimissioni) bisogna fare una premessa, o meglio segnare la differenza tra chi non dà per esigenze di bilancio e impegni presi con l’Europa e chi chiede. “Tremonti ha una linea chiara in testa, coerente con le indicazione dell’Unione europea, mentre gli altri ministri, quelli che hanno alzato i toni e si sono “lamentati” presentano solo istanze”. Istanze che Cazzola definisce “comprensibili” ma che si scontrano con le casse dello stato, che “non funzionano come un bancomat: non si possono rivendicare risorse se queste non ci sono”. E sulla sfida lanciata dal ministro (sviluppo in cinque tappe), il vicepresidente della Commissione lavoro precisa: “Lo sviluppo non lo fa la politica ma l’economia e dal momento che i dati sono lusinghieri, credo che le parole di Tremonti troveranno risposte concrete”. Le priorità? Prima di tutto bisogna rifinanziare gli ammortizzatori sociali, poi è necessario sostenere il più possibile le imprese e il lavoro. Di certo, non mi pare che la priorità sia mettere in cattedra 1500 ricercatori l’anno”.
Ironico e lapidario il commento di Alberto Mingardi, Direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni: "Che Dio ce la mandi buona”. Già, che Dio ce la mandi buona.