Il business dell’eolico non guarda in faccia l’ambiente
29 Settembre 2009
Se davvero dovesse sorgere un mega impianto eolico al largo di Punta Tonnara fino a Santa Caterina di Pittinuri, passando per Is Arenas, una pineta di 163 ettari catalogata fra i Siti di Interesse Comunitario, l’impatto paesaggistico sarebbe devastante. E chiunque prescinda da questo dato di fatto è in malafede, compresi Greenpeace e i cugini italiani di Legambiente, che si sono guardati bene dal prendere posizione. O meglio, la prima ha risposto alle ripetute sollecitazioni del comitato dei cittadini dicendosi contraria alle prese di posizione dei sardi contro il parco eolico quindi, di fatto, schierandosi a favore delle pale a Is Arenas mentre la seconda ha fatto orecchie da mercante (starà studiando il dossier?).
Noi invece siamo convinti che non c’è colore politico o principio energetico che tenga perché davanti a un maxiprogetto di quella portata (500 milioni di euro) così vicino alla costa, il problema non è se essere favorevoli o no alle fonti rinnovabili e in questo caso all’eolico, il punto è che ottanta pale alte 100 metri a meno di due miglia dalla spiaggia saranno deleterie per il paesaggio, danneggeranno il turismo e la piccola pesca e non apporteranno alcun beneficio alla popolazione locale: l’energia prodotta verrà immessa nella rete nazionale, quindi il costo della bolletta rimarrà immutato. Se chi è chiamato a pagare le tasse e obbligato dai Comuni al rispetto rigidissimo delle leggi perfino quando c’è da cambiare una persiana (ne sa qualcosa chi ha una casa a S’Archittu o santa Caterina), di punto in bianco è costretto a digerire un parco eolico sul mare senza ricavarne alcun beneficio, qualcosa che non va c’è eccome.
I fatti. La Is Arenas srl Renewables Energies, con sede a Bosa ha presentato alla Capitaneria di porto di Oristano una richiesta per la concessione demaniale, per un periodo di 60 anni, di un tratto di mare posto tra Su Pallosu e S’Archittu (su una superficie a mare di quasi 2.200 ettari e su un’area demaniale di 450 metri quadri) , per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia eolica, con pali alti 130 metri (30 sono sotto il livello del mare), ben 80 torri (per una potenza complessiva di 320 megawatt) ad una distanza minima dalla costa di meno di due chilometri e una distanza massima di otto. Si tratta di un’operazione che frutterà un mare di soldi alla società in questione.
Insieme alla Is Arenas srl Renewables Energies è coinvolta nel progetto anche la Società Pro.En srl di cui risulta essere amministratrice unica Isabella Venturini. Un altro “Venturini” è però legato allo stesso progetto: si tratta dell’architetto Giuseppe Venturini, nominato a giugno dal Ministro dell’Ambiente e membro della Commissione tecnica di verifica sull’impatto ambientale, quella che dovrebbe dare il parere sul progetto di Is Arenas. Giuseppe Venturini – fratello della manager Isabella – ha fatto sapere di non essere membro della sottocommissione che esaminerà il progetto ma che, qualora la pratica dovesse approdare alla sua scrivania lui si tirerebbe fuori. Una rassicurazione che fa lo stesso effetto dell’aspirina contro una polmonite.
Abbiamo fatto un calcolo che per forza di cose è approssimativo ma che dà l’idea del business. Anzitutto, l’energia viene computata in kWh. Attualmente chi produce megaeolico usufruisce per otto anni di un contributo da parte dello Stato, che rilascia per ogni kWh un certificato verde valutato alla Borsa Elettrica tra i 9 e i 10 centesimi. Considerato che ognuna di quelle torri produce12mila Mw l’anno e moltiplicando per 80 (il numero delle torri) l’importo, viene fuori 960mila Mw. Dunque, solo di certificati verdi la “Is Arenas srl Renewables Energies” potrebbe recuperare 96 milioni di euro l’anno (calcoliamo 960milioni di kWh per 10 centesimi) e 768 milioni di euro in 8 anni.
Questo per quanto riguarda gli incentivi. L’energia prodotta viene invece venduta ai gestori a 9 centesimi di euro a kWh. Con 960mila Mw immessi nel mercato a 9 centesimi (960 milioni di kWh per 9 centesimi) la società in questione va a guadagnare 86milioni e 400mila euro. Sommando questi 86milioni e 400mila euro di energia venduta ai 96milioni di euro di incentivi, il campo eolico di Is Arenas dovrebbe fruttare in un anno 182 milioni di euro. Tra il quinto e il sesto anno la centrale eolica è abbondantemente ammortizzata.
Quella che si sta combattendo in questi giorni in Sardegna non è una battaglia contro una fonte rinnovabile pulita come l’eolico, anche perché le opere di supporto occupano solamente il 2-3% del territorio. Per la costruzione di un impianto quindi, come già avviene nelle zone interessate da parchi eolici nell’Isola, la parte del terreno non occupata dalle macchine viene impiegata per altri scopi, come l’agricoltura e la pastorizia. Nelle aree industriali la legge voluta da Renato Soru è restrittissima mentre nel suolo agricolo addirittura proibisce la costruzione di centrali, ma questo non giustifica un’opera di quelle proporzioni davanti a una spiaggia. I sardi semplicemente dicono sì all’eolico e sì agli impianti off shore, ma non a un miglio e mezzo dalla costa, semmai a partire dagli otto miglia in avanti. Si potrà obiettare che un impianto eolico in fondali più profondi è di difficile realizzazione ma gli studi e i progetti al riguardo non mancano perché l’Ingegneria in questo campo sta facendo passi da gigante (il Nord Europa insegna).
L’attivismo dei sardi davanti a questo progetto sta prendendo la forma di una maratona di firme contro il tempo per chiedere alla Capitaneria di porto di sospendere l’iter autorizzativo. Comunità, enti locali, singoli cittadini stanno portando avanti una disperata battaglia contro un progetto che solo il Governo potrà fermare. Anche la politica ha messo da parte il proprio colore, ma mentre i comuni interessati e la provincia hanno detto no, manca la voce del Governatore Cappellacci (che i sardi aspettano).
Ci sia consentito allora di porre qualche domanda. Se è vero che una delle barriere alla realizzazione di centrali eoliche è il complesso iter autorizzativo che tiene in considerazione la tutela del paesaggio, dell’ambiente e della salute, e la disciplina di uso del suolo, perché in questo caso si è andati così avanti senza che nessuno abbia sollevato la benché minima perplessità? E se si è tutti d’accordo nel considerare il turismo come settore trainante dell’economia sarda, che tra l’altro la rende celebre in tutto il mondo visto che è da molti considerata al primo posto in Europa come bellezza delle spiagge ed esclusività di alcune zone, perché sconvolgere la fisionomia di un Golfo di rara bellezza costruendo il più grande impianto eolico off shore del Mediterraneo?
“La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso”, diceva Fabrizio De André. Un paradiso appunto, ma senza pale eoliche davanti alla spiaggia.