Il caso Weinstein, le violenze sulle donne e quei musulmani con il ditino alzato
19 Ottobre 2017
Quello di Harvey Weinstein è l’ennesimo scandalo a sfondo sessuale che l’America e il mondo intero potrebbero prevenire se solo imparassero a trattare le donne come l’Islam comanda. E’ la tesi shock al centro di un articolo pubblicato domenica dal quotidiano inglese The Independent e firmato da Quasim Rashid, un avvocato musulmano residente negli Stati Uniti esperto in diritti civili.
A ispirare il “bizzarro” intervento di Rashid sembra sia stato il caso Weinstein e la lunga serie di outing che ha visto protagoniste in questi giorni alcune delle più note attrici hollywoodiane cadute nella trappola ricattatoria del potente produttore cinematografico. Se ciò accade, è il ragionamento dell’avvocato, lo si deve all’ ipocrisia di una cultura che condanna l’aborto e l’infedeltà, nonché a dogmi religiosi vuoti, inutili e dannosi come quello cristiano che considera la donna come una creatura plasmata dalla costola dell’uomo.
L’Islam è differente, dice. Seguono una serie di citazioni a capitoli e versetti del Corano a dimostrare che “l’Islam è un modello secolare che può fermare questa mattanza” e che “gli insegnamenti del profeta Maometto possono risolvere il problema come nessuno Stato può fare”. Il libro sacro dei musulmani insegna, per esempio, che “l’uomo e la donna sono stati creati da una stessa anima, per questo sono della stessa specie”; e che se l’uomo è chiamato a provvedere al sostegno economico della donna è per evitare che questa venga esposta al rischio di un abuso dettato da necessità finanziarie.
Rashid parla come se il mondo non sapesse davvero come in gran parte dei Paesi islamici gli uomini musulmani trattano le loro madri, le loro mogli, le loro figlie. Come se non conoscesse la violenza pubblica e domestica che le donne sono costrette a subire ogni giorno, in tempo di pace come in tempo di guerra. Come se quella degli stupri seriali messi in atto dalle gang islamiche in tante città d’Europa sia una favola senza alcun fondamento.
Il problema sollevato dal caso Weinstein non ha niente a che vedere con la costola di Adamo da cui Dio creò Eva, ma con l’idea del potere e del compromesso su cui la società secolarizzata si è appiattita. La questione, qui, è un’altra. Ed è che il quotidiano inglese, non più propriamente “independent” da quando il sultano saudita Muhammad Abuljadayel ha comprato una quota consistente della società editoriale, ha dato voce a un musulmano sospettato di far parte di un gruppo, Ahmadiyya, che ha come unico obiettivo quello di mostrare la superiorità dell’Islam sulle altre fedi, e in particolare sul cristianesimo.