Il cinema ha bocciato l’idea di Bondi: ora basta con le lagne

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Il cinema ha bocciato l’idea di Bondi: ora basta con le lagne

26 Dicembre 2010

Tutto era concordato e predisposto, i sondaggi condotti dagli uffici avevano dato esito positivo con tutti gli interlocutori della filiera cinematografica, il provvedimento figurava nella bozza del decreto milleproroghe: un contributo straordinario esentasse di un euro a gravare sul biglietto d’ingresso nelle sale avrebbe consentito di reperire le risorse necessarie al rinnovo degli incentivi fiscali per il cinema, fortemente voluti dal ministro Bondi e reclamati a gran voce dai produttori.

Centoventi milioni l’anno per tre anni – tanti sono infatti i biglietti staccati in 12 mesi in Italia – avrebbero consentito non solo di garantire la copertura finanziaria di 90 milioni al tax credit e al tax shelter per il cinema, ma anche di reperire i fondi necessari a ripianare i debiti e rimettere a regime il meccanismo dei contributi automatici agli incassi: un buco di 50 milioni, dovuto principalmente ai grandi successi al botteghino dei cinepanettoni, che compromette seriamente la stabilità del Fondo Unico per lo Spettacolo.

Le incertezze del ministro di fronte alla reintroduzione de facto della tassa sugli spettacoli, la forte opposizione degli esercenti, manifestata con veemenza a poche ore dal Consiglio dei ministri con la minaccia di smontare i titoli italiani nelle sale, la netta opposizione delle major statunitensi hanno fatto sì che il risultato sia sfuggito di mano. Il ministro ha ottenuto una proroga di soli sei mesi delle agevolazioni fiscali, un lasso di tempo sufficiente a cercare di ricomporre i pezzi di una trattativa cruciale per il cinema italiano come dimostra la delusione all’indomani della mancata approvazione.

Autori e produttori hanno manifestato infatti netta riprovazione per il passo falso compiuto, il primo di un percorso che dovrebbe portare alla costituzione di un’agenzia nazionale per il cinema sul modello francese, finanziata con una tassa di scopo sull’intera filiera dell’audiovisivo e concepita per sostenere con efficacia l’intera industria cinematografica nazionale, che conta circa 150mila addetti. Il ministro, di fronte a questa reazione, si è impegnato a incontrare i rappresentanti del mondo del cinema e a valutare con loro l’adozione del contributo sul biglietto, introducendola in sede di conversione del decreto.

A dodici anni dall’abolizione della tassa sugli spettacoli ci si vede così costretti a un serio ripensamento su una decisione presa dall’allora ministro Veltroni, che si è rivelata demagogica e distruttiva: nel 1998 il biglietto del cinema non diminuì con l’abrogazione dell’imposta e gli esercenti non investirono quelle risorse aggiuntive a vantaggio del pubblico. Un’altra delle scelte del Piccolo Principe, come lo definì il cronista Fabio Martini in una riuscita biografia di qualche anno fa, di grande impatto comunicativo ma destinata a produrre disastri alla quale oggi un governo liberale tenta di mettere rimedio, provando sotto sotto disagio per l’introduzione di una tassa. Uno dei tanti paradossi a cui la nostra politica sembra essere condannata.