Il Consiglio Ue fa luce sul pacchetto-clima

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Il Consiglio Ue fa luce sul pacchetto-clima

11 Dicembre 2008

Ormai ci siamo. Da oggi (e fino a domani) il Consiglio Ue  discute del pacchetto ambientale: sapremo così se si potrà avere una flessibilità sugli obiettivi fissati al 2020. Secondo molti è senza ombra di dubbio non solo una posizione di buon senso, ancorché possa sembrare suggerita dall’attuale emergenza dei mercati internazionali, ma anche una chiara sottolineatura di carattere politico/commerciale che si vuole, giustamente, sottolineare al fine di garantire che la liberalizzazione degli scambi regionali e gli obiettivi ambientali vadano di pari passo.

L’obiettivo in materia di commercio e ambiente dovrebbe essere quello di promuovere la compatibilità e il rafforzamento reciproco tra i due settori della politica e, quindi, a promuovere lo sviluppo sostenibile. Nel compimento di questo obiettivo si comprende che l’analisi su una serie di argomenti servirà ad integrare sia gli scambi che le questioni ambientali e politiche. Infatti esistono, e non a caso, alcune regole che permettono anche la possibilità di un’integrazione regionale e di accordi bilaterali per alcuni paesi che vogliono liberalizzare in un più veloce ritmo. In questo senso, gli accordi commerciali regionali (ACR), dovrebbero essere visti come un complemento piuttosto di un’alternativa agli accordi multilaterali.

Molti paesi hanno sottoscritto, o stanno negoziando, accordi commerciali regionali e ci sono ora più di 200 accordi di questo tipo in tutto il mondo. La maggior parte di quelli negoziati da paesi OCSE includono le preoccupazioni ambientali, ma molti altri non lo fanno. Purtroppo diverse sono le modalità con cui i paesi negoziano e applicano le regole alle preoccupazioni ambientali inserite negli accordi commerciali regionali. Infatti in alcuni paesi esiste la richiesta di una valutazione di impatto sulla liberalizzazione che il commercio regionale potrebbe avere sull’ambiente; in altri, più sensibili, c’è la specifica necessità di concordare standard ambientali e di far rispettare le leggi ambientali. Alcuni coinvolgono il pubblico nella preparazione degli accordi commerciali al fine di garantire che le questioni ambientali siano affrontate in modo adeguato e trasparente.

Esistono, altresì, accordi commerciali regionali, in particolare quando una delle parti è un paese in via di sviluppo, che spesso combinano gli impegni commerciali con la cooperazione ambientale e il potenziamento delle capacità proprie del paese stesso. Nel corso degli ultimi anni, il numero di ACR è notevolmente aumentata fino a diventare una pratica così diffusa che praticamente tutti i membri dell’OMC sono ora parti di uno o più di essi. ACR previsti o già in corso di negoziazione e conclusi, si aggirano intorno a 400. La portata e la profondità della dimensione ambientale nelle disposizioni, ovviamente, varia in modo significativo. Tra paesi membri dell’OCSE, Canada, Unione europea, Nuova Zelanda e Stati Uniti hanno incluso la più completa serie di disposizioni ambientali negli ultimi ACR.

Gli accordi da parte degli Stati Uniti sono unici nel senso che mettono il commercio e le questioni ambientali su un piano di parità. Tra i paesi non-OCSE, per esempio il Cile si sta sforzando per includere disposizioni ambientali negli scambi. Nonostante questi sviluppi, il numero di ACR che comprendono questioni ambientali con significative disposizioni rimane esiguo e c’è ancora molto scetticismo. E’ chiaro che il più ambizioso degli accordi riguarda il capitolo ambientale globale per far si che le regole siano uguali per tutti. Al momento ci sono molti, troppi pesi che si occupano delle questioni ambientali solo in forma di eccezionali clausole generali di obblighi commerciali. Garantire un livello di parità tra le parti è un altro elemento chiave ed un’ulteriore motivazione per rafforzare la cooperazione in materia ambientale di interesse comune.

Al momento l’unica via sembrerebbe quella dell’inclusione delle questioni ambientali negli accordi commerciali per fornire una possibilità di perseguire gli obiettivi ambientali in modo più efficiente e rapida possibile rispetto a quanto è avvenuto attraverso gli accordi ambientali multilaterali.