Il coraggio di dire che la libertà è di più…

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Il coraggio di dire che la libertà è di più…

30 Aprile 2015

Tu, Nora, sette anni, tu, Aldo, tre anni, tu, piccola mia ancora senza nome, che hai meno tre mesi perché nascerai a luglio, vivrete in un tempo per voi adulto che vi consentirà di sapere che il bene della libertà, il massimo valore dopo la vita, in Italia non è stato protetto così come avete avuto raccontato. Ma se non riuscirete a incontrarlo, questo tempo adulto, allora cercatelo, incaponitevi, vogliate conoscerlo: esso esiste.  

Vi ricorderete di quando io, ripetendo il verso di un cane vi chiesi che cosa fosse. E, nelle rispettive età di apprendimento dei versi degli animali, rispondeste: un cane. Ricorderete che fu allora che riceveste la prima lezione di verità. Io vi risposi di no, che non era un cane, ma nonno che imitava un cane.

Così cominciaste a capire che capire non era così semplice e che dovevate analizzare  sempre la fonte delle vostre informazioni. Quell’abbaiare non era di un cane, ma era il mio, di nonno che imitava un cane. Così è la Storiografia, si dice scritta dai vincitori, ma, occorre aggiungere, scritta spesso da uomini deboli perché senza scrupoli, deboli perché bisognosi di mentire e di omettere per guadagnare il credito desiderato e i benefici conseguenti. Scritta dagli stessi deboli che temono la ricerca storica e la chiamano sprezzantemente revisionismo e riversano ingiurie su chi, dopo avere ricercato, scopre e rivela.  

Sappiate, dunque, che dovrete leggere molto, tutte le fonti possibili. Due libri, innanzitutto: “Se questo è un uomo”, di Primo Levi e “Il sangue dei vinti”, di Gianpaolo Pansa. Dovrete leggere la Costituzione italiana e del primo rigo del primo articolo dovrete sapere un dato che, conosciutane la genesi, si rivela sconquassante. L’articolo Uno dice: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” e vi sembrerà come l’unico inizio possibile, come generato da una pianta spontanea. Ecco, dovrete sapere che, nel mondo, i valori su cui le tante Costituzioni esistenti affermano d’essere fondate sono i più varii e che  la nostra Costituzione inizia con una ingiustificabile omissione. 

 La Carta costituzionale, infatti, è nata dopo un lungo tempo in cui gli italiani, consenzienti e non, avevano subito dal fascismo profonde lesioni delle loro libertà. E proprio la libertà  era stata, allora, l’obiettivo sacro da raggiungere e, nei decenni successivi, il valore da issare come bandiera di un’Italia civile.  Ma quando vi chiederete come mai essa, la libertà, non è citata come valore su cui si fonda la Repubblica italiana, sappiate che non è avvenuto per caso, che non si trattò di una dimenticanza, che non fu una sofisticheria intellettuale per confermare la irreversibilità della conquista ottenuta. Fu molto peggio. Fu il modo di utilizzare la Legge delle leggi, la Costituzione, come sottile propaganda politica a cui la libertà, se avesse avuto spazio nel primo articolo, avrebbe tolto parte di efficacia. 

Accadde che uno dei Padri costituenti, Ugo La Malfa, di Palermo, avesse proposto che l’inizio dell’articolo Uno fosse: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla libertà e sul lavoro”. Sarebbe stato ineccepibile. Ma avrebbe attenuato l’effetto di aggancio partitico che la frase “fondata sul lavoro”, (che la prima stesura, con effetto partitico ancora maggiore,  recitava “fondata sui lavoratori”),  avrebbe esercitato per sempre.  La proposta di La Malfa fu bocciata da un compromesso tra i Padri comunisti e quelli democristiani e la citazione della libertà quale valore fondante della nostra Repubblica rientrò nella penna. 

Ecco, come quando vi dicevo “bau, bau, che cos’è?” e voi imparaste a non rispondere “un cane”, ma “nonno che imita un cane”, altrettanto dovrete essere accorti quando vi parleranno di libertà e di chi l’ha rispettata e voluta veramente. La libertà spesso è molto di più di quella di chi ve ne parla con toni credibili.