Il Danubio mortale di Ghanem e la rivolta degli ex a Gerusalemme
04 Maggio 2012
A Vienna, la città europea delle spie e dei grandi intrighi per eccellenza, sono in pochi a credere che l’ex ministro libico del Petrolio, Shukri Ghanem, il cui corpo è stato ritrovato domenica scorsa nel Danubio, sia defunto per suicidio o a causa di un banale incidente. Il curriculum del personaggio, che fu anche premier negli anni ruggenti di Gheddafi, poco si presta ad un epilogo banale, e men che meno il ruolo che egli ha giocato nei mesi della drammatica transizione di regime, dal Colonnello ai ‘ribelli’ oggi al potere. Dopo la defezione del 2011, Ghanem, prima di stabilirsi in Austria, dove lavorava come consulente d’azienda, era transitato per la Tunisia e per diverse capitali europee, tra cui Roma, impegnandosi in trattative segrete e mediazioni su più tavoli, accompagnato da somme di denaro tali da consentirgli una vita agiata, pur non al riparo dalle molte minacce lanciate nei suoi confronti dai nemici di Tripoli.
Il portavoce della Procura generale viennese ha affermato che "al momento non esistono indizi che portino ad accreditare la tesi dell’ omicidio, e tutti gli scenari restano aperti". Formula rituale che lascia intuire serrate indagini al fine di diradare le nubi intorno a una storia troppo ricca di suspense per terminare con la partenza del feretro di Ghanem verso la terra natia.
In Israele il dibattito pubblico è dominato da due dossier che tendono ad intersecarsi: il possibile attacco contro gli impianti nucleari iraniani e le elezioni anticipate, previste per il prossimo Settembre. Nel mezzo delle grandi manovre, continuano le esternazioni di uomini che fino a poco tempo fa hanno governato le forze di sicurezza. Dopo le ripetute quanto decise esternazioni di Meir Dagan, storico capo del Mossad, è toccato a Youval Diskin, già al vertice dello Shin Beth, attaccare il premier Netanyahu e il ministro della Difesa Barak – entrambi appartenenti alla ferrea vecchia guardia di Sayeret Matkal – rei, tra l’altro, di "ingannare il Paese sulla minaccia rappresentata da Teheran". Da ambienti vicini all’esecutivo è stata fatta filtrare questa reazione: Diskin insegue un posticino in qualche partito ed è rimasto offeso per il mancato proseguimento nella carriera da 007.
Resta la divisione strisciante nei ranghi dell’élite politico-militare dello Stato ebraico. Molto apprezzata, neanche a dirlo, da Ahmadinejad e soci.