Il decreto su Alitalia è legge nonostante le bizze della Lega
24 Ottobre 2008
Con il sì definitivo del Senato il decreto su Alitalia è legge. Quelli appena trascorsi sono stati però giorni turbolenti, almeno per quanto riguarda i rapporti tra Lega Nord e PdL, tanto che qualcuno ha parlato di sgambetto e vendetta padana, qualcun altro ha semplicemente pensato che c’era da aspettarsi un attacco frontale della Lega. Per i leghisti lo scalo aeroportuale di Malpensa era ed è intoccabile e due giorni fa, quando s’è trattato di votare la Fiducia al decreto Alitalia, 35 deputati della Lega Nord e una quindicina del PdL si sono schierati al fianco del Pd su un emendamento che chiedeva di liberalizzare gli slot (che sono le finestre di tempo entro il quale un aeromobile ha il permesso al decollo) di Linate e Malpensa lasciati liberi da Alitalia. Così, con 271 sì, 212 no, 21 astenuti, il Governo è andato sotto.
Nello specifico, l’emendamento tendeva a garantire “una puntuale verifica e attuazione della disciplina in materia di utilizzazione degli slot inutilizzati sullo scalo di Malpensa, consentendo anche ad altri vettori di operare”, ad adottare “le opportune misure per favorire il rafforzamento della crescita del traffico merci mediante un piano di sviluppo mirato al miglioramento dei servizi”, a riattivare “un confronto sistematico con le amministrazioni locali lombarde e la società di gestione aeroportuale Sea per delineare meglio il rapporto tra gli scali di Malpensa e Linate e per la definizione di un coerente piano di sviluppo e miglioramento dell’infrastrutturazione viaria e ferroviaria a supporto e integrazione dello scalo di Malpensa, tenendo conto delle prospettive aperte dall’assegnazione al capoluogo lombardo di Expo 2015”.
Partendo dal presupposto che Malpensa è al centro di un’area che costituisce il motore economico del Paese con un milione e 361 mila imprese, come spesso ha ripetuto lo stesso Umberto Bossi, il destino dell’aeroporto lombardo ha fatto da corollario all’intera campagna elettorale della Lega e prima ancora, con Prodi al Governo, è stato uno dei punti sui quali si è giocata l’alleanza tra Alitalia ed Air France. Le accuse della Lega ruotano grossomodo attorno a due concetti. Il primo: per salvare Alitalia si colpisce Malpensa; il secondo: penalizzare Malpensa significa penalizzare l’economia del Nord che secondo i leghisti subirebbe gravi danni e solo quella lombarda perderebbe 15 miliardi di euro l’anno. E pochi giorni fa, in occasione del voto di Fiducia, sembra proprio che la Lega si sia ripresa una piccola rivincita. Gridando al problema politico ha chiesto a Berlusconi di risolvere la questione il prima possibile ripercorrendo la strada battuta, per ultimi, da Letizia Moratti e Roberto Formigoni. Era stato proprio il sindaco di Milano a chiedere, insieme con il rimborso per il mancato introito dell’Ici, la liberalizzazione dei diritti di volo su Malpensa sventolando l’interesse a voler atterrare nello scalo lombardo di ben 35 Paesi. E lo ha fatto anche oggi in occasione della firma di un protocollo di intesa con Trieste in vista dell’Expò 2015. Fiato sprecato, almeno per il momento. Il Senato ha infatti approvato, in via definitiva in terza lettura, la conversione in legge del decreto sull’ Alitalia con 152 voti a favore, 101 contrari e un astenuto.
Già, ma cosa c’era dietro tanta insistenza della Lega? Soprattutto, l’idea lombarda di liberalizzare gli slot era ed è coerente con le normative europee? (il presente è d’obbligo considerato che la Lega su Malpensa continuerà a dare battaglia). Anzitutto, secondo fonti vicine all’operazione, il provvedimento nascondeva la volontà di concedere ad Enac la possibilità di accordare nuove licenze a trattativa privata privilegiando solo alcune compagnie (probabilmente quelle in grado di assorbire buona parte degli esuberi Alitalia). Se però l’emendamento del Pd fosse stato votato e il Decreto fosse tornato alla Camera si sarebbe aperto un problema serio nei rapporti tra Lega e PdL. In quel caso, l’impasse politico sarebbe stato superato dall’iter procedurale anche in virtù del fatto che il problema era di sostanza e non di forma: l’emendamento, così come strutturato, avrebbe infatti violato le regole europee sugli appalti (si voleva ricorrere, come detto, alla trattativa privata).
La conclusione? Per il momento, gli slot non saranno liberalizzati. Ma a “mo’ di consolazione” è stato approvato (prima alla Camera e oggi al Senato) un Ordine del Giorno nel quale il Governo si impegna a rispettare le misure contenute nell’emendamento del Pd. Liberalizzare gli slot è una questione davvero seria e in un momento come questo (e prospettato nei termini che abbiamo visto) a nessuno, tranne alla Lega, conviene affrontarlo.