Il destino della Opel è appeso a un filo. Quello di General Motors

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il destino della Opel è appeso a un filo. Quello di General Motors

04 Marzo 2009

Tutto era incominciato un po’ in sordina lo scorso autunno. Opel, così come altre case automobilistiche teutoniche, aveva d’un tratto tirato il freno, riducendo gradualmente la produzione. Nulla di strano – si disse – i tempi sono quelli che sono e, alla bisogna, lo strumento della cassa integrazione deve pur essere usato. Quando però all’accorciamento dei tempi di lavoro fecero seguito le prime richieste di garanzie ed aiuti, si comprese che la situazione dalle parti di Rüsselsheim stava bruscamente precipitando e che lo spauracchio dell’insolvenza era ormai dietro l’angolo.

Braccio europeo dell’americana General Motors sin dal 1929, Opel risentiva da tempo della gestione poco oculata della propria controllante. Le prime avvisaglie del suo lento, ma costante declino risalgono a perlomeno vent’anni fa, quando Opel, per via di scelte manageriali che si rivelarono errate, incominciò a perdere sensibilmente terreno rispetto ai principali concorrenti europei e mondiali. Risultato: nel 2004 la società ha dovuto trasformarsi in S.r.l., lasciare la borsa e avviare un severo piano di contenimento dei costi, poi mai del tutto realizzato. Da quattro anni i centri di ricerca e sviluppo fanno inoltre sostanzialmente capo ad una società in seno a GM, con sede nel Delaware.

Dal 2005, cioè, tocca ad Opel, in qualità di licenziataria, pagare i diritti alla casa madre per ogni auto venduta all’estero e non più viceversa. In questo modo i destini della Adam Opel Gmbh si sono intrecciati sempre più a quelli della controllante americana, tanto che, a detta del quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, allo stato attuale non si saprebbe neppure a chi appartengano davvero i quattro impianti presenti in Germania. Se dunque è certamente vero che Opel è stata risucchiata nel gorgo della crisi a causa delle traversie della casa madre, è d’altra parte altrettanto vero che lo stato di salute del gruppo tedesco era già in precedenza tutto fuorché ottimale. La crisi finanziaria non ha fatto altro che accelerarne la fine.

Per farla breve, nel gioco della concorrenza Volkswagen ha vinto, Opel ha perso. Inutile girarci tanto intorno. Eppure, ora che sembra aver consumato la sua inevitabile parabola discendente, Opel vorrebbe sfilarsi da quello che considera il soffocante giogo yankee e a tal fine chiede che sia lo Stato ad allungarle una mano, se non addirittura un braccio. In passato era stata la stessa GM a ripianare le perdite di Opel. Ora che GM non può più permetterselo, dovrebbe toccare ai contribuenti tedeschi fornire ad Opel i 3,3 miliardi di cui ha bisogno per evitare la bancarotta.

Negli ultimi giorni, con l’esacerbarsi della situazione finanziaria del colosso americano e con l’avvio delle procedure concorsuali da parte dell’altro braccio europeo di GM, la svedese Saab, il governo tedesco di grande coalizione ha ripreso in mano il fascicolo Opel, assicurando di voler vagliare tutte le possibilità (e come extrema ratio alcuni si sono detti pronti anche alla nazionalizzazione) per salvare quello che il presidente dell’SPD Franz Müntefering ha definito un gruppo di “importanza sistemica” per l’economia tedesca.

Lasciare fallire Opel, gli ha fatto eco il Ministro delle Finanze socialdemocratico Peer Steinbrück, significherebbe mandare in mezzo alla strada 50.000 persone. I costi sociali sarebbero insomma troppo elevati e in un anno fitto di appuntamenti elettorali nessuno pare volersi assumere una responsabilità di questo tipo. Anche tra i cristiano-democratici v’è quindi un sostanziale accordo circa l’opportunità di un massiccio intervento dello Stato in difesa dell’(ex) campioncino nazionale.

E tutto ciò in barba alle vigenti norme europee sugli aiuti di Stato, perché, si dice, in situazioni eccezionali bisogna rispondere con misure eccezionali. In un’intervista con l’emittente televisiva ZDF, il ministro-presidente del Land Bassa Sassonia, Christian Wulff (CDU), si è così detto favorevole ad uno scorporo immediato di Opel, prima che la barca su cui naviga GM affondi. Il progetto, approvato il 27 febbraio scorso dal consiglio di sorveglianza di Opel e caldeggiato anche da quei 15.000 “Opelaner” scesi in piazza la scorsa settimana per difendere il proprio posto di lavoro, dovrebbe infatti consistere in una parziale separazione di Opel e di Vauxhall (altra società del colosso, che vende con il suo marchio i modelli Opel in Gran Bretagna), con lo scopo conclamato di formare una nuova società di piccole dimensioni, nella forma giuridica della SE. GM rimarrebbe comunque azionista di riferimento.

Il consiglio aziendale preme invece per il ritorno al modulo della società per azioni. Per ora, comunque, si tratta solo di speculazioni, perché lo zoccolo duro rimane il reperimento di un nuovo investitore. Meglio se privato, si chiarisce dagli ambienti della CSU, impegnata in questo periodo a salvaguardare quel poco di liberalismo che ancora resta nella Große Koalition. Ammesso e non concesso che un parziale divorzio da GM sia praticabile in tempi brevi, rimane tuttora un interrogativo se qualcuno, in un periodo di vacche magre qual è quello in cui viviamo, intenda farsi carico della situazione disperata in vui versa la Adam Opel Gmbh. Per ora alcuni media tedeschi hanno anticipato l’indiscrezione, secondo la quale Daimler sarebbe pronta a rilevare lo stabilimento di Eisenach (che conta 1900 dipendenti), anziché procedere alla creazione di posti di lavoro in Ungheria. Di altri imprenditori provvisti delle credenziali neanche l’ombra.

Il neo-ministro dell’economia Karl-Theodor zu Guttenberg (CSU), intanto, prende tempo. Dopo aver incontrato i quattro governatori delle regioni in cui hanno sede gli stabilimenti Opel, ieri mattina ha avuto un colloquio anche con Carl-Peter Forster, capo di GM-Europa e con Hans Demant, ad di Opel. “L’obiettivo del governo, prima di procedere ad un ingresso nel capitale di Opel, è valutare tutte le altre strade percorribili, prima di tutto la concessione di garanzie o di linee di credito”, ha sottolineato Zu Guttenberg, parlando con i giornalisti. Per ora nessun sussidio è stato versato. Anche della famosa copertura pari a 1,8 miliardi di garanzie si è smesso improvvisamente di discutere. Il rischio è infatti che, mettendo mano al portafoglio, i denari tedeschi fluiscano rapidamente verso Detroit. Proprio ciò che i politici tedeschi intendono impedire.

La palla torna perciò ora al governo americano e alla casa madre. Se GM verrà salvata nonostante la voragine nel bilancio, è possibile che si giunga ad un accordo per una parziale separazione dei destini di Opel. Separazione che con ogni probabilità comporterà comunque il taglio di migliaia di posti di lavoro e la chiusura di alcuni stabilimenti, come preannunciato dallo stesso Forster. Finora, comunque, l’impressione assai diffusa è che il governo tedesco voglia giocare di sponda, in attesa che la soluzione maturi all’esterno della stanza dei bottoni.