Il discorso alle Camere sulla crisi è una trappola per il premier
03 Agosto 2011
Oggi pomeriggio il premier italiano Silvio Berlusconi parlerà di fronte alle Camere sulla crisi finanziaria e sui programmi del governo. Nessun altro capo di governo in Europa ha in programma qualcosa di analogo e in nessun altro parlamento si discute se il periodo di ferie estive sia più o meno compatibile con la gravità della situazione delle borse. Il panico non favorisce buone decisioni politiche e una classe dirigente che cerca capri espiatori invece che soluzioni non accresce la propria credibilità.
In Italia, invece, si drammatizza la situazione economica per realizzare obiettivi politici non dichiarati e che si ritiene non possano passare attraverso il normale circuito democratico. È da leggere in questa chiave l’editoriale di ieri del Corriere della Sera, nel quale Francesco Giavazzi – l’originale professore della Bocconi che sostiene che il liberismo sia di sinistra – sembrava concedere un’apertura di credito a Silvio Berlusconi.
Secondo Giavazzi “Silvio Berlusconi ha un’ultima chance per salvare se stesso, il suo governo, e non ultimo questo sfortunato Paese. Egli è stato un imprenditore che nella sua vita ha saputo cogliere grandi successi. Dia prova di saper affrontare questa nuova emergenza. È in grado, se lo vuole, di prendere in mano il timone della politica economica. […] È un’opera in cui l’intuizione è più importante delle scelte tecniche e Berlusconi, diversamente dai suoi ministri economici, non ha mai avuto dubbi che si dovesse lavorare per la crescita. Se avrà bisogno di un supporto tecnico, e certamente ne avrà bisogno, chieda alla Banca d’Italia di mettere uno staff al suo servizio. La Banca è l’unica istituzione che da anni ripete che solo la crescita ci salverà. Una guida politica forte e diretta, priorità chiare e uno staff credibile ci possono salvare”.
È la prima volta, negli ultimi tre anni, che il Corriere della Sera, sembra puntare le sue carte sul premier. Dopo una lunga campagna di demolizione dell’immagine personale di Berlusconi – dipinto come un vecchio satrapo in cerca di un salvacondotto giudiziario – e dopo un altrettanto lunga e intensa campagna di accreditamento di Giulio Tremonti quale unica personalità credibile del centrodestra, le parole di Giavazzi sono apparse sorprendenti agli stessi lettori del Corriere, non solo al mondo politico.
L’apparenza, però, può ingannare. L’occasione che offre il Corriere al premier sembra essere un artificio retorico per giungere alla definitiva conclusione che la “soluzione” ai problemi italiani è il commissariamento del parlamento, attraverso un governo del Presidente Napolitano, sostenuto da una maggioranza di unità nazionale il cui unico compito è votare in silenzio. Che potrebbe dire, peraltro, un parlamento delegittimato perché formato da ottusi privilegiati della Casta?
Che al Quirinale si pensi a un bis del governo Ciampi del 1993, lo ha detto con chiarezza il senatore Enrico Morando – presentato come esponente del Pd molto vicino a Giorgio Napolitano – in una bella intervista concessa a La Stampa l’altroieri: “Non si esce dalla crisi con le elezioni anticipate, ma con un governo del Presidente guidato da Mario Monti e composto da personalità che sin da ora si impegnino a non partecipare alla prossima campagna elettorale. […] Un governo che, con l’appoggio di tutti i partiti, consolidi la manovra, promuova due, tre misure per accelerare il ritmo della crescita, modifichi la legge elettorale”.
Se è chiaro chi dovrebbe governare e per quale strada dovrebbe conquistare lo scettro, meno chiaro è ciò che dovrebbe fare. Detto fuori dal gergo morandiano, il programma del governo del Presidente prevede la tassa patrimoniale come medicina temporanea del debito pubblico, una significativa iniezione di denaro pubblico nelle principali banche – Unicredit, MPS, Intesa San Paolo – la cui situazione effettiva è molto peggiore di quella rappresentata e che sta trascinando in basso gli indici di borsa, qualche offa ai principali soci di Confindustria, e infine una nuova legge elettorale che tolga di mezzo il bipolarismo e il “rischio Berlusconi”, cioè il rischio di una leadership politica che, grazie ad un rapporto diretto con gli elettori, possa evitare di rispondere agli interessi provinciali del modesto capitalismo nazionale.
In politica, però, i tempi dell’azione sono fondamentali. La pausa estiva non offre la causa occasionale per una crisi parlamentare e anche il Capo dello Stato, dopo aver rinviato la sua partenza per le vacanze, ha fissato il volo che lo porterà a Stromboli, dove non dispone della sala alla vetrata per svolgere le consultazioni che seguono a crisi di governo.
Cosa si attendono per oggi i quotidiani che parlano a nome delle forze economiche del Paese? Che il premier presenti qualche misura di salvataggio delle banche così da reggere la crisi per i prossimi quaranta giorni, ma non oltre. Così da poter tornare, dopo le ferie, all’assedio del premier per provocarne la caduta. I voti parlamentari sulla richiesta di arresto di Marco Milanese e sul cosiddetto “processo lungo” si prestano a dare la spallata finale al governo.
Poteva Silvio Berlusconi sottrarsi alla trappola del dibattito di oggi? Probabilmente no. L’arroccamento politico condotto dal 14 dicembre ad oggi ha messo il premier in una condizione di stallo. Egli è come quei Re degli scacchi che si muovono solo per evitare lo scacco, e che possono subire il ‘matto’ quando qualche altro pezzo venga mangiato dagli avversari. E il discorso di oggi non servirà ad uscire dall’angolo.