Il falso prologo della tutela dell’ambiente: lo scientismo

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Il falso prologo della tutela dell’ambiente: lo scientismo

13 Settembre 2010

Credo che molti abbiano letto il libro di Stephen Hawking sulla genesi del mondo Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo in cui si pennella un possibile scenario della genesi dell’universo in cui viviamo. L’ipotesi del “big bang” non esclude, a priori, nessuna soluzione alla domanda su cosa c’era prima del “grande botto”.

Una soluzione alla domanda può essere trovata affermando che la materia originaria è stata posta da Dio secondo un disegno che ha come scopo ultimo l’essere umano.  Un’altra risposta può essere scientifica, anzi “scientista” (cioè la pretesa di spiegare tutto con la scienza), sul modello dell’affermazione di Stephen Hawking, che, a dire dello scienziato, “a spiegare l’origine dell’universo non occorre Dio, ma bastano le leggi della fisica”. Ma la domanda è spontanea. Chi ha determinato le leggi della fisica? E siamo punto e a capo.

La questione non è irrilevante per la tutela dell’ambiente. Conoscere in cosa siamo immersi, la sua origine e la sua evoluzione ci permette di prendere decisioni corrette. Ci permette di costruire una società che non si fonda su contraddizioni sempre pronte a esplodere. L’ipotesi scientista è gravida di conseguenze, di cui le due più importanti sono: la prima, il mondo appartiene a chi lo conquista, la seconda è che non c’è nessun motivo non per farci quello che si vuole.

Effettivamente all’art. 1 della L.152/1992 che regolamenta la caccia si legge: “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato” e ci si rende immediatamente conto che il mondo appartiene a chi lo ha conquistato. Non dimentichiamoci, infatti, che lo Stato moderno, burocratico e onnipresente, non è sempre esistito ma è frutto di processo storico/ideologico successivo alla rivoluzione francese. L’altra considerazione è che lo Stato (il moderno conquistatore) può farne quel che vuole. Tornando al punto di partenza la domanda è se realmente un approccio “scientista” alla genesi del mondo può realmente tutelare l’ambiente. La risposta è ovvia. No. Non abbiamo nessuna certezza che la classe politica sia “illuminata”, ne che lo sarà in futuro, anzi, le esperienze dei paesi dell’ex-cortina di ferro, l’attuale esperienza della Cina, gli abusi del capitalismo ottocentesco sembrano proprio dimostrarci il contrario. L’approccio che estromette Dio dal creato è decisamente controproducente.

La prospettiva cambia radicalmente se affermiamo che Dio ha creato le leggi della fisica, che hanno creato il mondo. Innanzi tutto la creazione non appartiene più all’uomo o alla specie dominante, ma rimane del Padre eterno. Quindi l’uomo è solo l’amministratore del creato, non ne è il proprietario, e dunque deve rispondere personalmente di come lo gestisce.

Se tiriamo le conseguenze giungiamo alla conclusione che la presenza dello Stato addirittura deresponsabilizza il cittadino che non è più il protagonista diretto della gestione del suo territorio, ma che è chiamato solo ad obbedire a leggi imposte, utili, se non altro, come deterrente all’anarchia e all’utopismo.

Il rischio di non tutelare l’ambiente (e quindi l’uomo che ci vive) con un approccio scientista è ancora più grande quando veniamo alle implicazioni pratiche. Se il mondo si è creato “da solo” non si vede il motivo perché non si possa cambiarlo. Ad esempio avere una temperatura media tra i venti e i venticinque gradi potrebbe essere molto rilassante, così risolvere il problema estivo delle zanzare o magari modificare geneticamente il DNA umano perché aumenti la quantità di melanina nella pelle, o ancora, trasformare un continente in una discarica.

Il mondo non è solo un complicato sistema di equazioni che possiamo scoprire e modificare, ma è anche il luogo dove ci giochiamo la nostra libertà, una libertà che non è illimitata, che è necessariamente carica di responsabilità non di fronte allo Stato, ma di fronte ai figli a cui devo consegnare un mondo migliore, alla comunità che non posso trattare come se fosse un centro di raccolta ecologico e a Dio creatore che ha dato il potere di scoprire il senso profondo del creato (“Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche” (Gen. 2, 20), attraverso la ragione, e la responsabilità di portarlo al pieno compimento.

E’ certo, dunque, che l’uomo è responsabile del Creato, ma per poter essere effettivamente considerato tale deve poter esercitare la propria libertà che è antecedente allo Stato, così come la natura. La condizione necessaria e sufficiente perché possa essere libero e responsabile è che abbia la disponibilità del bene di cui si è amministratore, cosa assai ardua se l’oggetto (la natura) è patrimonio “indisponibile” dello Stato. Un lento ritiro dello Stato e l’affidamento alle comunità e ai privati, può essere una via di uscita all’attuale burocratizzazione del territorio. Lo Stato avrebbe solo l’obbligo di “governar giustizia” e non di sostituirsi alla legittima proprietà che rende responsabili e liberi (e tra l’altro costa anche meno …).