Il fantastico mondo di Ralf Dahrendorf
21 Giugno 2009
Per commemorare Ralf Dahrendorf, scomparso pochi giorni fa, mi soffermerò sulla sua ultima opera pubblicata in italiano. Si tratta di Quadrare il cerchio ieri e oggi: all’origine di questo libro composito sta la conferenza Quadrare il cerchio che il sociologo tedesco tenne a Copenhagen nel 1995 e che fu pubblicata lo stesso anno da Laterza. Ora l’editore italiano, a quattordici anni di distanza, ha ristampato la conferenza affiancando a essa i commenti di dieci personaggi che, con competenze e ruoli molto diversi l’uno dall’altro, fanno parte della vita pubblica italiana: da Lucio Caracciolo a Valerio Castronovo, da Innocenzo Cipolletta a Lorenzo Ornaghi, da Sergio Romano a Michele Salvati.
A che cosa si riferisce il titolo della conferenza? La quadratura del cerchio, si sa, è impresa impossibile: la metafora vuole indicare tutta la difficoltà di portare a termine con successo un compito caratterizzato da una difficoltà interna insuperabile. Qui si tratta della questione delle condizioni eccezionalmente favorevoli nelle quali si trova il cosiddetto Primo Mondo (il mondo occidentale, libero, industrializzato, avanzato): quelle condizioni sono messe alla prova dalla sfida della globalizzazione. Dahrendorf è uno di quegli autori che non esita a utilizzare questo termine (da alcuni ritenuto non sufficientemente preciso o consolidato), e che anzi sceglie di dedicare la sua riflessione ai suoi effetti.
Che cosa accade alle caratteristiche possedute dal Primo Mondo in epoca di globalizzazione? La libertà politica (prima caratteristica) viene insidiata da un autoritarismo che emerge e riemerge di continuo; il benessere (seconda caratteristica) cessa di essere diffuso e largamente distribuito; la coesione sociale in regime di libertà (terza caratteristica) viene a essere in pericolo. Insomma, il modo d’essere complessivo con cui il Primo Mondo è noto è insidiato dalla globalizzazione, ma soprattutto è l’insieme delle sue caratteristiche a essere messo in pericolo: non la libertà di per sé, ma la libertà insieme al benessere e alla coesione sociale, e così per ognuno dei tre tratti maggiori che abbiamo ricordato. E’ difficile, in epoca di globalizzazione e per i suoi effetti negativi, che le tre caratteristiche si diano tutte e tre insieme.
Certo, il mondo occidentale possiede tutte e tre le caratteristiche che Dahrendorf gli assegna, ma le ha accentuate in epoca di Welfare State: nella fisionomia che tradizionalmente gli appartiene la preoccupazione di fornire a tutti i cittadini una rete di servizi a costo molto ridotto rispetto al costo effettivo che avrebbero, ad esempio, non appare sempre presente. E’ solo il mondo occidentale in un periodo straordinariamente favorevole dal punto di vista economico che si è comportato così. Quello che Dahrendorf descrive come il volto “normale” del mondo avanzato ne è solo una immagine: una immagine storica legata a una fase di grande sviluppo.
Lo stesso vale per la libertà e la coesione sociale: se pensiamo all’epoca dei totalitarismi, è difficile affermare che l’Occidente sia la terra della libertà politica, anche se ha dato la luce alle istituzioni e alle teorie che la fondano. E, quanto alla coesione sociale, non si dovrebbero dimenticare tutti quei periodi in cui richieste provenienti dal mondo del lavoro o dalla società (o da una parte di essa) hanno messo a dura prova la coesione, pur senza sfociare in episodi apertamente rivoluzionari. Dunque, anche la libertà politica e la coesione sociale non sono parti ineliminabili del nostro mondo, ma situazioni che si sono verificate in determinate condizioni storiche. Ma soprattutto, è l’unione delle tre caratteristiche assegnate da Dahrendorf al nostro mondo che non si è avuta in modo costante: la loro compresenza appare più casuale ed effimera di quanto Dahrendorf non dica. Negli anni fra le due guerre si aveva nei paesi fascisti coesione sociale, ma in assenza di libertà; nelle fasi di crisi economica è il benessere a scomparire, e sulla sua scia anche libertà e coesione sociale si fanno deboli; qualcuno sostiene che proprio nei periodi di sviluppo pieno e crescita dell’economia coesione e libertà non siano al massimo.
Qual è oggi il problema? La globalizzazione mette in crisi tutti e tre i tratti caratteristici dell’Occidente, e il fatto che essi possano esistere insieme. Scrive Dahrendorf: “Le disuguaglianze economiche restano per molti il segno di una promessa chimerica di cittadinanza. (..) La disuguaglianza sistematica – diversamente dalla disuguaglianza comparativamente accidentale all’interno del medesimo universo di opportunità – è incompatibile con gli assunti civili del Primo Mondo.” Ma il fatto che il Primo Mondo si sia attivato per diminuire le disuguaglianze sociali non significa affatto che sia un mondo egualitario: nelle sue origini e nella sua costituzione è inscritta anzi una certa dose di disuguaglianza. Possiamo deprecare che sia così, e mettere in atto meccanismi per rendere tale disuguaglianza meno sensibile, meno carica di effetti negativi. Ma affermare che la disuguaglianza è incompatibile con gli assunti civili del Primo Mondo è semplicemente falso dal punto di vista della storia di questo stesso Primo Mondo.
La globalizzazione secondo Dahrendorf minaccia questo fragile, eccezionale equilibrio che in questa parte del pianeta si è realizzato tra disponibilità di beni materiali e di servizi, libertà alle quali concretamente i cittadini possono accedere, tenuta del sistema sociale nel quale essi vivono malgrado i problemi che questo deve affrontare. Per non retrocedere da quella che gli appare un’ottima condizione, propone rimedi che appaiono più come pie speranze che come ragionevoli passi da adottare: ad esempio, sarebbe bello che nessun paese adottasse misure protezionistiche nei confronti di beni e persone, ma sarà possibile tener fede a questo principio in un’epoca di difficoltà a esportare e migrazioni massicce?
A parte i suoi primi due volumi, non ho mai trovato Dahrendorf geniale dal punto di vista del riflesso politico delle dinamiche sociali: quest’ultima breve opera mi conferma nella mia impressione, che parrebbe smentita dalle lodi sperticate che (con qualche illustre eccezione) gli sono state rivolte dalle pagine dei quotidiani per commemorarlo. Questo libretto evidenzia invece che la dote di cui era dotato era la saggezza. In queste pagine, essa consiste nell’indicare che le nuove disuguaglianze (che si chiamano esclusioni) minacciano proprio la tenuta del sistema sociale che le genera: “L’esclusione è economicamente dannosa, ma innanzitutto socialmente corrosiva e infine politicamente esplosiva. La questione fondamentale dei nostri tempi non è la giustizia nel senso tradizionale della redistribuzione, bensì l’inclusione. Chi rimane all’esterno del mercato del lavoro e della comunità dei cittadini di solito minaccia il tessuto morale delle nostre società. Un programma dettagliato per la reinclusione di quelle persone temporaneamente o permanentemente escluse è tanto necessario quanto possibile.” Su queste parole in tempi di crisi economica ci sarebbe parecchio da riflettere.
L’idea di liberalismo che questo autore (tedesco di origine ma ormai inglese di adozione) aveva era quella di un liberalismo teso a compensare le disuguaglianze che si creano fra i cittadini, in modo che nessuno di essi possa sentirsi tenuto fuori (escluso, appunto) dalla società, dalle sue molte possibilità di vario genere: in questa preoccupazione si faceva sentire il suo interesse originario per i conflitti sociali nel mondo industriale studiando i quali aveva fatto il suo esordio nel mondo della sociologia negli anni cinquanta. La sua idea di benessere era un’idea molto poco economicista che non vedeva nel PIL l’unico né il principale criterio per misurare il benessere di un paese.
Tra i commenti (perlopiù piatti) che seguono il testo di Dahrendorf da segnalare le osservazioni, anch’esse dettate da buon senso, di Michele Salvati quando si chiede: “può una democrazia liberale sopravvivere come forma di governo in condizioni in cui le risorse diventano veramente scarse (..) e da tensioni e disagi si passa a conflitti distributivi aperti?”
Alla fine, tenere insieme le tre caratteristiche con le quali il nostro mondo viene definito da Dahrendorf appare più l’eccezione che non la regola.
R. DAHRENDORF, Quadrare il cerchio ieri e oggi. Benessere economico, coesione sociale e libertà politica, Roma-Bari, Laterza, 2009, pp. 133, euro 12.