Il figlio nero no!

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il figlio nero no!

07 Settembre 2015

Gira, sul web, un interessante video in cui una donna americana racconta la sua disavventura, si arrabbia, piange, giura: “Non ho intenzione di fargliela passare liscia!”, spiegando perché ha portato il suo caso in tribunale. Cosa è successo? Cosa le hanno fatto di tanto grave? Grazie alla fecondazione assistita, con relativa compravendita di seme maschile, ha avuto la figlia che desiderava.

 

Però non è bianca. Ha la pelle scura, e tanto basta perché la coppia lesbica si senta danneggiata e decida di ricorrere al giudice. Eh, sì. Un figlio di colore è ritenuto un danno, se lo si era chiesto bianco. Un po’ come una canzoncina di successo dello Zecchino d’oro, che diceva “volevo un gatto nero, nero, nero, mi hai dato un gatto bianco e io non ci sto più”…

 

Ricordate quando, nel dibattito sulla fecondazione eterologa e sulla diagnosi preimpianto, la dichiarazione di rito dei favorevoli era: “Nessuno cercherà il bimbo biondo e con gli occhi azzurri, basta solo che sia sano”? No, evidentemente non basta. Le due donne, Jennifer Cramblett e Amanda Zinkon, volevano proprio un bimbo biondo con gli occhi azzurri, e per questo avevano scelto un “donatore caucasico”, e lo avevano scelto con molta cura. Pare infatti che la coppia avesse trascorso un anno a selezionare il padre genetico.

 

Ma il diavolo ci ha messo la coda, c’è stato il classico scambio di provette, e il colore della pelle alla fine non era quello richiesto. Così la madre piange, accusa,  chiede giustizia, in un video fatto per suscitare la solidarietà dello spettatore.

 

Tutta l’ipocrisia di cui si è nutrita tanta propaganda sulla fecondazione eterologa viene a galla: il figlio si sceglie, altro che “ogni scarrafone è bello a mamma soia”, e deve corrispondere ai desideri del committente, che ci mette i quattrini e ha a disposizione un vero e proprio book dei donatori, con la descrizione delle loro caratteristiche somatiche e genetiche, e spesso con una foto (di quando il donatore era bambino, per garantirne l’anonimato).  E se la biobanca sbaglia, se il figlio nasce con caratteristiche indesiderate, magari con la pelle scura, si chiede il risarcimento.