Il Fini che non sentiremo mai: “Grazie Cav. per avermi sdoganato”

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Il Fini che non sentiremo mai: “Grazie Cav. per avermi sdoganato”

06 Dicembre 2010

Chi osserva con costanza le vicende, o meglio le traversie, del mondo politico italiano non ha mai motivo di annoiarsi. Non solo gli attori principali assumono spesso caratteri tipici della commedia all’italiana, ma la trama stessa, decisamente tragicomica, riserva sempre delle sorprese.

Lampante in questo senso è la situazione dell’autunno che ci stiamo lasciando alle spalle. Non si era mai vista una crisi di governo motivata esclusivamente sulle ansie di protagonismo del Presidente della Camera, in effetti. E che dire di un’opposizione che da quasi due anni combatte la sua battaglia interessandosi soprattutto alla vita sessuale del Presidente del Consiglio? Per non parlare della maggioranza, che in questo teatrino dei pupi non è stata da meno nel recitare la sua parte. Se il passato ci ha deliziato o sconfortato con queste sorprese, non possiamo escludere che il futuro ne abbia in serbo di ancora più eclatanti. Insomma, in Italia può sempre succedere di tutto.

Allora giochiamo un po’, immaginiamo un possibile iperbolico futuro nel quale Berlusconi venga spodestato e confinato a Sant’Elena ed il suo regime crolli con ignominia. Come fece Benedetto Croce dopo il Ventennio si potrebbe parlare di “parentesi” nel corretto procedere della storia italiana. Il berlusconismo è stata un’altra parentesi. E sono due. O di più, dato che la storia patria, mettendola sul piano algebrico, pare un’espressione difficilmente risolvibile e a più piani. Comunque l’Italia deberlusconizzata sarebbe finalmente il paese “normale” che sognò D’Alema in suo libro di successo. Con i leghisti rinchiusi nelle riserve venete come i nativi americani negli States (a parte i pochi resistenti raccoltisi nella “ridotta in Valtellina”, speranza delusa dei repubblichini del ’45), il governo se lo spartirebbero le forze del Cln: la nuova Democrazia Cristiana e la “cosa” di sinistra. Chiusa la parentesi, in effetti, si tornerebbe all’incirca al 1992, ai tempi in cui Fiorello presentava il Karaoke.

Urgerebbe oltre alla ricostruzione materiale dello Stivale (partendo da Pompei e dal Colosseo, con i soldi di Della Valle) quella morale: grande impegno delle forze democratiche per far sì che le giovani generazioni non possano commettere gli errori del passato. Molti ricercatori universitari costretti dai tagli delle borse di studio a salire sui tetti e una marea di insegnanti precari potrebbero essere assunti in un Ministero della Storia Corretta (e “per la tutela della Costituzione”). Per elaborare la narrazione dei fatti verificatisi in Italia dal 1993 all’autunno 2010, spiegarla (e meno male che ci sono i “promemoria” di Travaglio) e quando è necessario riscriverla. Tutto ciò per offrire a molti politici, giornalisti, imprenditori e presentatori tv la possibilità di “cancellare le tracce” (come suggerisce il titolo di un noto saggio di Pierluigi Battista sul trasformismo dei fascisti nel dopoguerra), depurare il proprio passato da ogni  testimonianza di rapporti con il dittatore di Arcore. Ce ne sarebbe di lavoro.

Soprattutto nel caso di Fini. Ad esempio, il fatidico “sdoganamento” di Casalecchio sul Reno, quello con il quale Berlusconi benedì il quarantenne segretario del Msi (che aveva appena finito di proporre al paese il “fascismo del 2000”). Quell’increscioso incidente andrebbe riscritto. Non solo perché l’avversario di Fini nella corsa alla carica di sindaco di Roma era Rutelli, ora fidato alleato. Meglio tramandare un’altra versione: Berlusconi impose Maurizio Costanzo come candidato sindaco dell’Urbe, dopo aver inscenato l’attentato di via Fauro per trasformarlo in eroe antimafia, allo scopo di mettere le mani sulla città. Ma Fini, allora segretario del BDR (Bella Destra Responsabile) e Rutelli a capo dei Progressisti riuscirono a prendere più voti e diedero inizio alla Resistenza. Ovvio che nella storia riscritta dai precari non vi sarebbe posto per alcuna  alleanza trilustre tra la BDR ed il partito totalitario chiamato Forza Italia. 

Non fu Berlusconi ad atterrare con l’elicottero a Verona come ospite della Conferenza programmatica di Alleanza nazionale (pardon, BDR) del 1998. Fu invece Walter Veltroni, che distribuì ai delegati copie omaggio non del Libro nero del comunismo ma del Piccolo principe. Importante: Fini non sarebbe mai entrato nel partito unico di Berlusconi lanciato col discorso populista del predellino. Avrebbe detto cose come: “Siamo alle comiche finali” e “ Non entrerò mai nel Pdl”.

Ma lavoro ancora più meticoloso andrebbe fatto per cancellare l’immagine di Fini accanto al Tiranno in troppe fotografie e riprese televisive. Come succedeva nel periodo stalinista, quando compagni caduti in disgrazia sparivano nelle fotografie dai paraggi di Lenin o del suo successore. Anche nell’Italia liberata sarebbe necessario fare qualcosa del genere. Non dovrebbe più apparire la figura di Fini imbarazzata vicino a Berlusconi nei secondi successivi al momento in cui il socialdemocratico tedesco Schultz fu definito un kapò, a mo’ di esempio. Purtroppo anche il momento topico del “Che fai, mi cacci?” dovrebbe cadere nell’oblio e perdersi come lacrime nella pioggia.

Ma perdoni il lettore queste sciocchezze fantapolitiche, abbiamo scherzato, giocando appunto con un futuro iperbolico.La realtà è ben altra, Fini è addirittura disposto ad accettare un nuovo governo Berlusconi con un bel rimpasto che dia più spazio a lui, ai suoi uomini e a quelli di Casini. In fondo, non mancano suoi passati discorsi, interviste, documenti con passi di elogio nei confronti del suo “sdogantore”. Dal 1993 a ieri l’altro. Non cercateli però sul sito ancora attivo di Alleanza nazionale, poiché in quella sede le dichiarazioni finiane partono solo dal 2007.