Il golpe in Honduras rischia di finire come nel Cile di Pinochet
02 Luglio 2009
La parola d’ordine di Micheletti nell’ultimo discorso di martedì era salvaguardare la democrazia ed evitare che l’Honduras diventasse una nuova Cuba, un nuovo Venezuela. Le poche immagini e le notizie che arrivano da fonti della cooperazione internazionale descrivono invece uno scenario che sta pericolosamente scivolando verso il Cile di Pinochet o l’Argentina dei generali e non è un caso che il coprifuoco emanato per 72 ore potrebbe venire prolungato per giorni.
“Dopo la deposizione del presidente le manifestazioni sono continuate e da mercoledì l’esercito ha sparato sulla folla in alcune località vicine a San Pedro Sula. Ieri mattina c’è stato un sit-in presso il Parque Central e la polizia e l’esercito sono intervenuti con gas lacrimogeni, sparando e portando via decine di persone. E’ stata dichiarata la sospensione dei diritti civili e questo significa che non ci sono più garanzie, né limitazioni per chi è in stato di fermo e fra i catturati ci sono anche professionisti, avvocati, personale di amministrazione”. Sono alcune delle testimonianze che ci giungono dall’Honduras.
“Famigliari ed amici non possono entrare nei centri di polizia, anzi sono minacciati e si parla già di persone incarcerate, spostate in località sconosciute, di gente che ha subito violenze fisiche o che risulta tuttora non rintracciabile”. I maggiori quotidiani appoggiati dalle grandi famiglie vicine al nuovo presidente, come La Prensa, El Tiempo, La Tribuna, ospitano i cortei a favore del nuovo corso e contro Zelaya, ma nascondono le proteste degli oppositori o le bollano come disordini di nemici ed infiltrati dal Nicaragua o dal Venezuela. Le poche radio, come Radio Progreso, la cui sede è stata distrutta (chiuse quelle di Canal 36 e Canal 8), trasmettono su ripetitori esteri. Le tv intervallano proclami del neo-presidente a novelas e gli unici veri contatti avvengono per mezzo dei social network o telefonicamente, elettricità permettendo. L’esercito presidia le centrali di energia elettrica dell’azienda statale e le interruzioni sono frequenti soprattutto nella periferia del paese.
I paesi dell’ALBA con il Guatemala hanno annunciato l’interruzione di rapporti diplomatici e commerciali, mentre anche dall’Europa si sono levate voci contrarie al Golpe ed il nostro paese, insieme alla Francia e alla Spagna, ha richiamato l’ambasciatore per consultazioni. Oggi José Miguel Insulza, presidente dell’Organizzazione degli Stati Americani anticiperà il viaggio a Tegucigalpa, da solo, per sondare il terreno sull’annunciato ritorno nel paese di Zelaya nel fine settimana, ma non si sa da chi potrà essere ricevuto, visto che nessun membro dell’attuale governo ha sinora mostrato disponibilità.
“Hanno assaltato gente anziana, giovani, disabili, senza distinzioni. Al momento c’è ancora disponibilità nei supermercati ma la situazione potrà peggiorare nei prossimi giorni, visto che ai pericoli già ordinari, ora si aggiunge l’anarchia totale nelle città. A Tegucigalpa c’è la stampa internazionale e la diplomazia e quindi un minimo di protezione, ma in altri luoghi del paese non giunge nulla…”. L’impressione è che il vero Colpo di Stato stia iniziando solo adesso.