Il Governo al lavoro sull’Irap. Baldassarri: tasse giù, la copertura c’è
30 Ottobre 2009
Il Ministro dell’economia Giulio Tremonti e il presidente della commissione Finanze del Senato Mario Baldassarri qualcosa in comune ce l’hanno. Entrambi concordano su un punto: il deficit non deve essere aumentato nemmeno di un euro perché l’Italia con il terzo debito pubblico del mondo non può permetterselo. Il ragionamento del senatore, però, a differenza di quello del ministro, è questo: se noi troviamo il modo di tagliare la spesa possiamo ridurre le tasse in egual misura senza dover gravare sul deficit di bilancio. Intanto, ieri è stato dato il via libera al comitato del Pdl per la politica economica, ovvero la camera di compensazione tra l’esigenza di Tremonti di mantenere il suo ruolo nella guida delle scelte di finanza pubblica e l’esigenza di renderle collegiali mentre per i primi di novembre è fissata la riunione dell’ufficio di presidenza del Pdl e contemporaneamente l’esame della finanziaria da parte dell’Aula del Senato (il 4 novembre). Sempre ieri il Governo con una “bocciatura tecnica” ha espresso parere negativo alla bozza Pdl-Lega che prevede il mini taglio Irap fino a 4 miliardi: in attesa di una linea unitaria tra maggioranza e Governo, la discussione è stata rinviata all’esame dell’Aula del Senato. Mario Baldassarri è il primo firmatario della cosiddetta “contro-manovra” e del nuovo emendamento per la riduzione dell’Irap.
Come giudica la bocciatura tecnica?
“La accetto per consentire poi di discutere dell’intera manovra da noi proposta in Aula, ma sui due emendamenti dell’Irap e per la cedolare degli affitti non vedo il motivo del diniego. Ieri s’è comunque fatto un grande passo in avanti: abbiamo condiviso, Pdl e Lega, una riformulazione degli emendamenti presentati in precedenza. Io ho accettato che lo sconto Irap si utilizzasse come detrazione dall’Ires, loro che la copertura non fosse fatta tramite il Fas ma con la trasformazione di alcune risorse che vengono date a fondo perduto. Insieme abbiamo fissato la soglia dei 50 addetti e il meccanismo a scalare per le imprese con più dipendenti”.
Baldassarri, è lei il capo del partito della spesa pubblica?
"Chi dice questo non mi conosce e non ha mai letto quello che ho fatto in 35 anni. Io applico sempre il principio di Luigi Einaudi ‘conoscere prima di decidere’, in questo caso ‘conoscere prima di parlare a sproposito’. Gli emendamenti presentati in Senato sono totalmente coperti da tagli di spesa pubblica, pertanto nessuno di noi può essere iscritto d’ufficio al cosiddetto partito della spesa".
Però qualche frizione con Tremonti c’è stata eccome…
"Tremonti ha ragione quando dice che non bisogna aumentare neppure di un euro il deficit. Io però dico: non è possibile che se non si può fare decifit allora muore la politica economica. Anzi, si dovrebbe pensare a una politica economica sana, che mette mano alle spese e alle entrate. C’è chi dice che le spese non si possono tagliare, quindi non si possono abbassare le tasse e c’è chi come me dice che le spese si debbono tagliare e quindi si può ridurre la pressione fiscale".
Cosa sta succedendo nella politica economica di questo governo?
"Succede che abbiamo raggiunto il fondo del pozzo ma fortunatamente ci sono i segnali della ripresa. Il problema è che con una Finanziaria leggera s’accetta l’andamento inerziale tendenziale: i livelli del 2007 in termini di Pil e occupazione si raggiungerebbero solo nel 2013-2015. Addirittura il rapporto debito/pil che nel 2007 era al 105% tornerebbe a quel livello nel 2020. In più, se i tassi d’interesse dovessero aumentare oltre il previsto e se l’euro si apprezzasse oltre l’1,60 usd, ci troveremo davanti a un’emergenza. Su questa base occorre fare la politica economica".
E la sua contromanovra di 35 miliardi è la soluzione in grado di coniugare rigore e crescita?
"Mi pare di sì. Abbiamo fatto come gruppo di senatori Pdl al Senato un emendamento complessivo di 35 miliardi di tagli di spesa e quindi di 35 miliardi di tagli di tasse: oltre 15 miliardi andrebbero in sgravi Irpef alla famiglia con deduzioni e non aliquote; 12 miliardi alle imprese togliendo per tutte il monte-salari dalla base imponibile Irap; 5 di maggiori investimenti sulle infrastrutture; 2 di maggiori risorse per difesa, sicurezza e forze di polizia e un miliardo per ricerca e innovazione tecnologica. Questo è il quadro complessivo. Poi abbiamo fatto su ognuno di questi temi uno specifico emendamento. A cui ne abbiamo aggiunto uno chiedendo di introdurre la cedolare secca al 20% per i piccoli titolari di casa accompagnata da una deduzione di 5mila euro per gli inquilini, con l’obiettivo di far emergere 10milioni di abitazioni che non risultano utilizzate. Abbiamo anche detto che non vogliamo pretendere di fare tutto subito ma vogliamo capire se questo percorso è condiviso".
Lei nella proposta di manovra ha indicato due voci precise da tagliare: gli acquisti delle pubbliche amministrazioni e i contributi a fondo perduto. Ma si tratta di operazioni politicamente scomode quindi di difficile realizzazione, o no?
"Sì, perché su queste due voci navigano, nuotano e sguazzano 100-200mila italiani cioé tutti quelli che fanno parti delle congreghe e in qualche caso anche di grandi organizzazioni criminali. Però dall’altra parte ci sono 57 milioni di italiani. Perdipiù io mi sento dire da circa 30 anni che quelle voci non si possono tagliare, ma nel frattempo sono triplicate. Quindi solo a condizione di tagliare quella spesa si possono aprire spazi per fare quello che abbiamo proposto tra cui gli sgravi Irpef alla famiglia e il taglio fino a 4 miliardi dell’Irap. Ma il testo prevede che per le imprese fino a 50 dipendenti l’Irap sia totalmente deducibile , sarà parzialmente deducibile anche per quelle oltre i 50 ma in misura corrispondente alla quota percentuale di 50 dipendenti. Una specie di franchigia a 50 dipendenti. Questa operazione è totalmente coperta trasformando 6 miliardi di fondi perduti in credito d’imposta: significa che due miliardi li abbiamo messi per coprire il credito d’imposta per i prossimi anni e 4 miliardi servono per coprire l’Irap".
Perché tra gli emendamenti non avete considerato l’età pensionabile?
"Perché l’allungamento dell’età pensionabile deve andare in parallelo con gli ammortizzatori sociali e col sostegno delle pensioni ai giovani che già nel 2030 avranno una pensione da fame. E’ un provvedimento organico da fare a parte. E’ un tema certamente da affrontare ma non l’abbiamo considerato negli emendamenti proposti perché non riteniamo che sia materia da affrontare nella sessione di bilancio, bensì in un apposito ed organico provvedimento".
Il rientro dei capitali illegalmente detenuti all’estero sta andando bene. La scadenza per i versamenti è fissata al 15 dicembre. Il taglio delle tasse in generale dipende da quanto lo Stato incasserà?
"No, nella maniera più assoluta. Il gettito da scudo fiscale è una tantum, il taglio dell’Irap deve essere una sempre. Sono due cose che non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra. Non si può coprire una cosa permanente con un’entrata una tantum".
Giavazzi ha detto che la politica del rigore può coniugarsi con la politica della crescita anche pagando i debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese private. Un aiuto che per Giavazzi varrebbe quasi il doppio della eliminazione dell’Irap, senza effetti sul debito, poiché, secondo l’editorialista del Corsera, sono spese già contabilizzate. Che ne pensa?
"Mi chiedo: come fa chi sostiene da sempre che bisogna stare attenti ai mercati finanziari internazionali a non accorgersi che pagare quei crediti tutti in una volta significa aumentare il debito tutto in una volta? Il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese, ammontanti secondo Giavazzi a circa 60 miliardi di euro, darebbe certamente un forte aiuto alle stesse imprese ma sarebbero immediatamente un aumento di Debito Pubblico. Questi debiti sono infatti contabilizzati in competenza e diventano Debito Pubblico solo quando vengono pagati per cassa, visto che il Debito è appunto alimentato dal Fabbisogno di Cassa e non dal Deficit di competenza".
Berlusconi ha detto “il peggio è passato”, Draghi ha frenato replicando “Dubbi sulla ripresa”. Dove sta la verità?
"Hanno ragione entrambi. Abbiamo raggiunto il fondo del pozzo e fortunatamente ci sono i segnali della ripresa. Questo però non significa che bisogna adagiarsi".