Il governo dell’Iran promette “tolleranza zero” contro l’Onda verde

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Il governo dell’Iran promette “tolleranza zero” contro l’Onda verde

09 Dicembre 2009

Una nuova ondata di proteste ha scosso negli ultimi due giorni la Repubblica Islamica dell’Iran, mettendo in allarme il regime. La celebrazione del 56mo anniversario del giorno degli studenti, una festa ufficiale, è stata sfruttata dai Verdi, il movimento anti-governativo rafforzatosi a seguito delle contestate elezioni del giugno scorso, per radunare migliaia di persone non solo a Teheran e dintorni, ma anche nelle regioni popolate dalle minoranze etniche dei curdi e degli azeri. Le agenzie di informazione filo-governative hanno bollato le proteste come inconsistenti, riconoscendo però decine di arresti tra gli attivisti: il capo della polizia di Teheran ha parlato di 204 carcerazioni. Secondo testimoni e agenzie indipendenti, ci sono state delle violenze contro dimostranti anche se non si hanno notizie di feriti.

Il 7 dicembre si commemora la morte di tre studenti, avvenuta nel 1953 durante le proteste per la visita del vicepresidente USA Richard Nixon, recatosi in Iran dopo il colpo di Stato orchestrato dalla CIA per spodestare il presidente Mossadeq, fautore della nazionalizzazione del petrolio, e ristabilire l’autorità dello scià Reza Pahlevi. Dopo la violenta repressione in risposta alle proteste del giugno scorso, i cortei e  le manifestazioni anti-regime sono stati ridotti al minimo. I Verdi quindi sfruttano le occasioni offerte dalle feste nazionali per manifestare il proprio dissenso nei confronti di quelli che considerano brogli elettorali; verso la malagestione del Governo sia in politica economica che in politica estera; e verso la Guida Suprema, che fino a pochi mesi fa sembrava una figura intoccabile.

Alcuni osservatori internazionali notano come il movimento di protesta si stia trasformando da motore di contestazione post-elettorale a forza di opposizione contro-rivoluzionaria; l’evidenza sarebbe la vivacità e la capacità organizzativa dei dimostranti a sei mesi dalle massicce rivolte di piazza. Secondo Robin Wright di Time Magazine, il movimento è formato da una coalizione che può essere scomposta in tre livelli. Al primo vi sono i giovani attivisti impegnati in prima linea in una campagna di disobbedienza civile. Il secondo è rappresentato da politici di vecchia data, in pieno disaccordo con gli esponenti del Governo in carica: l’ex Presidente riformista Khatami, l’ex Primo Ministro Mousavi, l’ex Presidente del Parlamento Karroubi. Il terzo anello della coalizione lo compone quella parte del clero "riformista" che mette in discussione  il regime, in modo particolare il ruolo egemone ricoperto dalla Guida Suprema. 

Le proteste hanno avuto come epicentro nell’Università di Teheran e gli altri poli accademici della capitale. L’Università di Teheran, l’Università Sharif, l’Università Shiraz, così come tutte le altre, sono state circondate quasi completamente da migliaia di forze di polizia, Guardie rivoluzionarie e milizie Basij. L’inviato di Associated Press, Nasser Karimi, riporta di come le forze di sicurezza hanno cercato di dissimulare cosa stava succedendo all’interno dei campus universitari oscurando i cancelli e le entrate con poster e cartelloni incitanti all’Ayatollah Khamenei; hanno isolato i telefoni cellulari e proibito l’accesso ai media internazionali. Testimoni riportano di pestaggi, minacce e arresti indiscriminati. I dimostranti hanno fatto comunque sapere che le proteste non si fermeranno; anzi si estenderanno per dimensione e distribuzione geografica.

Nel frattempo, si registrano le prime reazioni internazionali. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ian C. Kelly, ha condannato i “continui maltrattamenti, la detenzione arbitraria, la carcerazione di individui per il solo fatto di partecipare a manifestazioni pacifiche”. A Washington ha fatto eco Parigi. Il Quay d’Orsai, tramite il suo portavoce Bernard Valerou, ha espresso “preoccupazione” per le notizie su Mousavi, costretto a rimanere chiuso nel suo ufficio, ostaggio di un manipolo di militari Basij: “Ricordiamo alle autorità iraniane – ha comunicato Valerou – che sono responsabili per la sicurezza di tutti gli iraniani, tra cui i rappresentanti dell’opposizione”. Ma i Basij smentiscono questa notizia.