Il governo fa un passo avanti, ma il mercato è sempre in secondo piano
07 Agosto 2008
Per fare la cosa giusta, occorre anzitutto farla bene. Per quel che riguarda il settore energetico, la manovra triennale del governo, approvata martedì dal Parlamento, contiene una serie di spunti interessanti, ma soffre anche di un approccio che, a volte, pare datato. Non viene, infatti, colta fino interamente la rivoluzione di metodo imposta dal processo di liberalizzazione, il quale è ormai giunto a uno stadio in cui non può essere invertito se non a grave costo.
Il primo punto critico riguarda la “Strategia energetica nazionale” (Sen), che “indica le priorità per il breve ed il lungo periodo e reca la determinazione delle misure necessarie per conseguire, anche attraverso meccanismi di mercato” (corsivo aggiunto) obiettivi che vanno dalla diversificazione dell’approvvigionamento energetico allo sviluppo delle infrastrutture, dalla promozione delle fonti rinnovabili e degli investimenti in ricerca e sviluppo alla sostenibilità ambientale e la sicurezza sanitaria.
I contorni del documento sono ancora molto fumosi, sebbene esso ricordi anche nel nome i vecchi Piani energetici nazionali. L’esperienza di riferimento, se è questa, è sostanzialmente negativa, sia perché riconduce a un orizzonte di programmazione che il nostro paese ha abbandonato, sia perché comunque anche in quel caso i Pen ponevano spesso obiettivi ambiziosi quanto irrealistici.
L’esplicito richiamo al mercato in funzione sussidiaria – non certo come first best – desta qualche perplessità, come pure il senso generale dell’iniziativa: infatti, mentre gli obiettivi sulle rinnovabili sono negoziati in sede europea, e quindi non è ben chiaro perché e come debbano essere ridefiniti in sede nazionale, tutto il resto attualmente viene demandato al mercato, attraverso le scelte degli operatori i quali devono rispondere non al governo, ma ai rispettivi azionisti. La Sen rischia, quindi, di interferire pesantemente col funzionamento del mercato.
Lo stesso difetto, ossia la medesima attitudini programmatoria, compare nel tentativo di collegare i fini di riduzione delle emissioni di gas serra agli obiettivi di “sicurezza ed efficienza economica dell’approvvigionamento e produzione di energia”, autorizzando il governo ad avviare entro il 31 dicembre 2009 “la stipula di uno o più accordi con Stati membri dell’Unione Europea o Paesi Terzi, per intraprendere il processo di sviluppo del settore dell’energia nucleare”. Sebbene l’articolato citi esplicitamente l’esigenza di compatibilità con le norme comunitarie, anche qui è forte la sensazione che il governo intenda gestire direttamente il dossier nucleare, sorvolando sull’assetto liberalizzato del mercato e sul divieto di erogare aiuti di Stato in merito.
Addirittura, “gli accordi potranno prevedere modelli contrattuali volti all’ottenimento di forniture di energia nucleare a lungo termine da rendere, con eventuali interessi, a conclusione del processo di costruzione e ristrutturazione delle centrali presenti sul territorio nazionale”. L’importazione di energia elettrica non è, ovviamente, compito del governo, il quale deve semmai definire – come viene pure riconosciuto nell’articolo – il percorso normativo riguardo all’iter autorizzativo e all’esercizio di impianti nucleari in Italia.
Per quel che riguarda, infine, i carburanti per autotrazione, l’esecutivo interviene su una norma introdotta dalla Finanziaria 2008, e relativa alla “sterilizzazione dell’Iva” sui carburanti. In pratica si sancisce lo sconto sull’accisa nel caso in cui i prezzi internazionali siano superiori a una soglia definita nel Dpef. E’ possibile esprimere due ordini di considerazioni. Se questo provvedimento è accettabile come misura emergenziale, esso non può prescindere dall’ammissione che il problema non è l’extraprelievo Iva, quanto piuttosto l’eccessivo livello delle accise. In altri termini, il prelievo fiscale non è alto in virtù del livello dei prezzi, ma è alto in assoluto; e in assoluto sarebbe opportuno ridurlo. La seconda considerazione riguarda l’opportunità – piuttosto dubbia – di smorzare, di fatto, gli aumenti dei prezzi dei carburanti ricorrendo alla leva fiscale, e in questo modo riducendo o annullando il segnale che i prezzi stessi dovrebbero trasmettere al consumatore.
Vengono pure creati degli sconti fiscali a favore delle categorie maggiormente esposte al caro carburanti. Questo provvedimento è decisamente negativo in quanto introduce distorsioni sul mercato e, soprattutto, rende opaco ai segnali di prezzo proprio il comportamento dei maggiori consumatori, cioè di quanti dovrebbero teoricamente intervenire per primi e più fortemente a modificare il proprio comportamento. Di fatto questa norma vanifica il buon funzionamento del rapporto tra domanda e offerta.
Il grave limite della manovra, insomma, sta nella tensione tra le buone intenzioni che essa contiene e che sono evidenti, e la scarsa attitudine che essa dimostra al tipo di interventi possibili e utili in un mercato libero. Complessivamente, essa muove nella direzione corretta, ma con mezzi inefficaci i quali potrebbero generare conseguenze indesiderate sul buon funzionamento del mercato. E’ comunque un passo importante, perché – quanto meno – pone la parola fine sui pregiudizi e gli ostacoli meramente ideologici o politici che finora hanno impicciato il sistema energetico italiano. Con questa serie di provvedimenti, finalmente, finisce il dibattito sul sesso degli angeli e si comincia a parlare di cose.