Il Governo rompe le acque: è scontro duro con l’opposizione
18 Novembre 2009
Il governo pone alla Camera la questione di fiducia, la numero 26 della legislatura, sul disegno di legge salva-infrazioni comunitarie che contiene anche la riforma dei servizi pubblici locali. Compresa l’acqua. La Fiducia al cosiddetto Decreto Ronchi verrà votata oggi alle 16: si va dalla riforma dei servizi pubblici locali, all’interno della quale si trova la liberalizzazione dell’Oro blu, agli spot telefonici alle norme sulla Tirrenia. Le norme sono quindi diverse ma è sull’acqua che è scattata la mobilitazione, con l’Italia dei Valori che prepara la sua battaglia e il Wwf che parla di "legge pasticcio da stralciare" nonostante nel testo sia precisato che la proprietà pubblica del bene acqua dovrà essere garantita. Nel provvedimento viene infatti data la possibilità di cedere a operatori privati la gestione degli acquedotti, delle fognature e della depurazione ma si conferma la natura pubblica del bene acqua.
La legge che privatizza l’acqua chiama in causa anche regioni ed enti locali per il ruolo che svolgono nella gestione dei servizi idrici. L’articolo 15 cambia le regole del gioco per le società che operano nel settore, prevedendo tra le altre cose che la quota di capitale in mano pubblica scenda sotto il 30%, lasciando spazio ai privati. A partire dal 31 dicembre 2010 quindi, le concessioni frutto di una assegnazione diretta cessano e le gare ad evidenza pubblica diventano la regola per l’affidamento dei servizi da parte delle amministrazioni (non rientrano nella riforma la disciplina della distribuzione del gas naturale e dell’energia elettrica, il trasporto ferroviario regionale e le farmacie comunali).
Le società partecipate possono mantenere contratti stipulati senza gara formale fino alla scadenza nel caso in cui le amministrazioni cedano loro almeno il 40% del capitale. Diverso il discorso per quanto riguarda le società quotate, che hanno tre anni in più per adeguarsi a patto che abbiano almeno il 40% di quota di partecipazione pubblica al 30 giugno 2013, quota che scende al 30% al 2015. Una novità che da una parte fa gola a molte utility, interessate ad allargare il proprio business nel settore del cosiddetto oro blu, dall’altra pone interrogativi agli enti pubblici che detengono quote nelle società.
In Italia in media, il 30% delle acque immesse nelle condutture va perso o viene rubato. Ma secondo alcuni i 330mila chilometri di tubature perdono addirittura il 37% del liquido che captano dalla sorgente. Un valore ben superiore a quello degli altri stati "avanzati", dove la percentuale è compresa tra un minimo di 15 e un massimo del 20%. Come dire, il sistema idrico fa acqua da tutte le parti, soprattutto nel Mezzogiorno, caratterizzato da un sistema di bassissimo livello. Certo, molto dipenderà da come saranno fatte le gare, se sarà data priorità a investimenti, manutenzione e qualità ma di certo l’industrializzazione del servizio idrico e l’apertura del mercato a gestori privati è una grande sfida di modernizzazione. E sarà l’occasione (se gestita nel modo più corretto) per accorciare il divario tra Nord e Sud.
Poi c’è il capitolo "costi". L’Italia ha le tariffe dell’acqua tra le più basse del mondo. Stando ai dati forniti da Federutility e contenuti nel Blue Book 2009, sintesi della situazione dei servizi idrici nel Paese, quest’anno la tariffa media è risultata pari a 1,29 euro al metro cubo.
Una famiglia di tre componenti, residente a Roma, paga un importo complessivo di 177 euro per un consumo medio annuo di 200 mc di acqua. A Tokyo per la stessa quantità di paga il corrispettivo di circa 280 euro, a San Francisco poco più di 400; 430 euro a Helsinki, 560 a Bruxelles, 740 euro a Parigi, 800 a Zurigo e poco meno di 970 euro a Berlino. La città tedesca è in cima alla classifica per costi. Qui per il solo servizio di acquedotto vengono addebitati, ogni anno, 428 euro per famiglia, contro i 63 euro pagati a Roma. Invece, per la quota fissa e per fognatura e depurazione, a Berlino si pagano 510 euro annui, contro i 98 di Roma.
Nella classifica di città presa in considerazione dal Blue Book, solo a Buenos Aires (37 euro l’anno), Hong Kong (102) e Miami (169), hanno tariffe più basse di Roma.