Il governo vara la manovra, riforma del fisco in tre anni

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Il governo vara la manovra, riforma del fisco in tre anni

30 Giugno 2011

Era uno dei giorni più attesi: il giovedì della manovra e della legge delega per la riforma fiscale. Vigilia di un venerdì (oggi) sul quale da settimane sono puntati gli occhi: quello dell’incoronazione di Alfano segretario del Pdl. Tra mediazioni e  fibrillazioni, pressing su Tremonti e giochi al rialzo della Lega, mai come questa settimana, economia e politica sono state legate.

Ore 16 di ieri: comincia il Consiglio dei ministri che ha all’ordine del giorno il via libera alle misure della manovra 2012-2014 da 47 miliardi (il provvedimento inizierà il suo iter parlamentare dal Senato e sbarcherà  in Aula alla Camera la settimana tra il 25 e il 30 luglio). Una riunione fiume. Con quasi tutte le indiscrezioni sulle misure circolate fino a ieri, confermate. Soprattutto, come concordato, la parte principale del provvedimento è focalizzata per il 2013 e il 2014, mentre interventi più light sono previsti per gli ultimi due anni della legislatura, quindi questo e il 2011. Con la manovra economica appena varata, dirà Tremonti attorno alle 20, “completiamo il cammino” del pareggio di bilancio, dopo aver “centrato tutti gli obiettivi sul deficit” per il biennio 2011-2012 e aver posto le basi (con la manovra, appunto, nrd) per completare il cammino.  Impermeabile alle critiche, che nel frattempo piovono dalle fila dell’opposizione (e non solo), e con i soliti toni pacati e il piglio professorale che lo contraddistingue, il ministro dell’Economia rivendica il risultato con quello che sembra quasi uno slogan:  “Un Paese che è in deficit per i conti pubblici é anche in deficit di cifra morale e politica”, per questo il pareggio di bilancio è “un obiettivo politico ed etico”. Quando il superministro commenta la misura, il via libera del Consiglio dei Ministri è già stato dato.

Il premier rivendica il lavoro di squadra. E a leggere tra le righe della manovra c’è la mano di molti, non di uno. Non solo di Tremonti, insomma.  Quando, in conferenza stampa, il ministro annuncia un forfait fiscale del 5% complessivo riguardo alle imprese fatte dai giovani fino a 35 anni, con una durata di 5 anni (sottolineando anche che le misure “riguardano anche le persone escluse dal mondo del lavoro come i cassa integrati”) si intravede la caparbietà del ministro Giorgia Meloni, che da mesi aspettava quella misura.

Nel Consiglio dei ministri, come da programma, è entrato anche il fisco. Nessun aumento dell’Iva ma soltanto la revisione graduale delle attuali aliquote, tenendo conto degli effetti inflazionistici prodotti da un aumento: è quanto prevede la bozza del ddl delega per la riforma fiscale. E poi: tre aliquote Irpef, del 20, 30 e 40 per cento. Che saranno finanziate, tra le altre voci, anche attraverso l’eliminazione di alcune agevolazioni fiscali (le 470 forme di erosione che si sono accumulate negli anni). E si andrebbe anche verso l’abolizione dell’Irap: la bozza del ddl delega prevede infatti un azzeramento graduale “con prioritaria esclusione dalla base imponibile del costo del lavoro”. La riforma si disegnerà da qui ai prossimi tre anni. Ma c’è delusione per chi si aspettava, nell’immediato, un aiuto alle famiglie, magari con un bonus figli o con il quoziente. Per ora, nulla. E mentre si vuole portare le rendite al 20% (esclusi i titoli di Stato), sette tasse diventeranno una sola: si tratta di quelle di registro; ipotecarie e catastali; di bollo; sulle concessioni governative; sui contratti di borsa; sulle assicurazioni; sugli intrattenimenti.

Le misure della manovra, quindi. La tassa sui Suv è saltata. E con il balzello in soffitta, sono finiti anche i tremolii del settore auto. Il super bollo varrà però sulle auto di grande cilindrata, oltre 225 kw. Il giallo sui tagli alla “Casta”, invece, tiene banco per un’oretta circa. Poi Tremonti spiega che i costi della politica italiana diventeranno come quelli europei, ma dalla prossima legislatura.  Intanto, il ministro dell’Agricoltura Saverio Romano conferma il taglio agli stipendi dei ministri. E come annunciato dal titolare dell’Economia qualche giorno fa, la manovra prevede l’accorpamento tra le elezioni politiche o amministrative in un’unica giornata, “tranne i referendum che per Costituzione vanno fatti in modo separato”. Drastica riduzione anche di parte di ciò che di blu c’è in politica: aerei e auto.

Arriva la nuova stretta sulle assenze degli statali: in caso di malattia la visita fiscale può arrivare il primo giorno. Al via la dismissione delle case ex Iacp, ovvero le case popolari, che vanno in vendita con intese tra governo, regioni ed enti locali (accordi di cessione entro l’anno). Confermato il bonus produttività, ovvero la tassazione agevolata per straordinari e premi, anche per il 2012. Nel dettaglio, il governo, sentite le parti sociali, provvede entro il 31 dicembre 2011 alla determinazione del sostegno fiscale e contributivo in questione “nei limiti delle risorse stanziate con la legge di stabilità”. Poi uno dei temi più caldi delle ultime settimane: l’età pensionabile delle donne, che dal 2020 subirà un aumento soft per arrivare da 60 anni a 65 anni. Ultimo scaglione fissato al 2032. E no alla rivalutazione delle pensioni più alte se superano cinque volte il minimo (rivalutazione al 45% se superano il trattamento minimo di tre volte). Due misure fondamentali sono il blocco del turn-over nella Pubblica Istruzione e lo stop al rinnovo dei contratti nella Pubblica Amministrazione.  I ticket sanitari dovrebbero tornare dal prossimo anno – a meno di cambiamenti  – sia sulle visite specialistiche e sugli esami diagnostici (10 euro) che sui codici bianchi del pronto soccorso (25 euro).

Il concorso alla manovra delle regioni a statuto speciale, delle regioni a statuto ordinario, delle province e dei comuni è quantificabile in complessivi 3.200 milioni di euro nell’anno 2013, e 6.500 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014. Il “guizzo liberista” del Cav., come qualcuno l’ha definito, viene fuori con due misure sacrosante: la liberalizzazione di orari e aperture dei negozi nei comuni di interesse turistico e nelle città d’arte (gli esercizi commerciali non saranno più tenuti a rispettare gli orari di apertura e chiusura, la chiusura domenicale e festiva e la mezza giornata di chiusura infrasettimanale) e il provvedimento sui distributori di benzina.  Gli impianti potranno infatti vendere alimenti, bevande, quotidiani, periodici e sigarette. Tra le misure anche l’obbligo, entro un anno, di aprire pompe self-service con pagamento anticipato in tutti gli impianti, che dovranno essere funzionanti anche nelle ore in cui è presente il gestore. Ancora: ridotti gli uffici dell’Ice e riforma di Cinecittà: la nuova società rinasce come Cinecittà Luce e sarà vigilata dal ministero per i Beni culturali che si dedicherà unicamente alle sue funzioni storiche ovvero promozione, distribuzione e conservazione del patrimonio cinematografico.

Infine, stop alla riscossione coattiva delle quote latte, aiuti anche agli imprenditori agricoli che potranno transare i debiti. Mentre sul fronte della finanza, arriva il 35% sul trading bancario e l’imposta di bollo dello 0,15% sulle transazioni finanziarie.