“Il gruppo di Visegrad” dimostra che l’Europa non ha una difesa comune
24 Giugno 2011
di Marko Papic
La crisi dell’Eurozona – che sta coinvolgendo gli stati membri che adottano l’euro, ma che è simbolicamente importante per l’intera Unione – è dunque una crisi di fiducia. E’ vero che l’attuale assetto politico e di difesa dell’Europa – Unione europea e Nato – risponde al giusto mix tra i diversi interessi dei tanti stati-nazione? E’ vero che gli stati membri di queste organizzazioni credono sinceramente in una condivisione di ideali e in un destino comune? Hanno o no la volontà, come le colonie americane alla fine del Diciottesimo secolo, di rinunciare alla propria indipendenza in favore di un fronte comune con cui affrontare insieme i problemi politici, economici, militari? Se la risposta a queste domande è “no”, allora quali possibili alternative possono intercettare interessi comuni ai vari stati membri?
Sul fronte della sicurezza, una risposta l’abbiamo già: la regionalizzazione delle strutture di difesa. La Nato ha smesso di essere una reale risposta ai problemi di difesa nazionale degli stati europei. Francia e Germania hanno assunto un atteggiamento amichevole verso la Russia, con il disappunto degli stati baltici e centroeuropei la cui reazione è stata quella di cercare alternative. I quattro stati dell’Europa centrale che formano il Gruppo di Visegrad – Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria – hanno usato quello che in origine era un forum come matrice di un’alleanza militare, il “Gruppo di battaglia centroeuropeo”. Gli stati baltici, minacciati dal risorgere della Russia, hanno cercato di ampliare la cooperazione militare con le nazioni settentrionali, con la Lituania in procinto di entrare a far parte del “Gruppo di battaglia del Nord” di cui l’Estonia già è membro. Francia e Gran Bretagna alla fine del 2010 hanno stretto un’alleanza militare strettissima, e Londra ha anche espresso interesse ad un avvicinamento verso le iniziative di collaborazione militare tra gli stati settentrionali e baltici.
La regionalizzazione, attualmente, è visibile soprattutto nelle politiche di difesa, ma è solo questione di tempo prima che si manifesti anche nei campi politico ed economico. Per esempio, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha parlato più volte dell’opportunità che Polonia e Repubblica Ceca accelerino l’iter di entrata nell’eurozona. Recentemente, entrambi i paesi hanno mostrato freddezza sul passaggio all’euro, un atteggiamento dettato con tutta probabilità dalla crisi di questo periodo; ma non si può sottovalutare il peso che in ciò ha esercitato la sensazione, diffusa a Varsavia, che Berlino non sente il dovere di difendere la Polonia. (Fine della sesta puntata. Continua)
Tratto dal portale di geopolitica Stratfor
Traduzione di Enrico De Simone