Il leopardo smacchiato di Renzi
26 Giugno 2017
di Carlo Mascio
È notte fonda. La sonora sconfitta del Pd ai ballottaggi delle amministrative è ormai un dato certo. Renzi affida a Facebook il suo “pensierino della sera” per cercare di addolcire la batosta. E, come al solito, lo fa a modo suo: “I risultati delle amministrative 2017 sono a macchia di leopardo. Come accade quasi sempre per le amministrative. Nel numero totale di sindaci vittoriosi siamo avanti noi del Pd, ma poteva andare meglio”. Come dire: vinciamo poco ma vinciamo. Un remake del leitmotiv renziano in campo economico “cresciamo poco ma cresciamo”. Ma, in entrambi i casi, l’obiettivo è lo stesso: mascherare un fallimento che ormai è sotto gli occhi di tutti.
Ma per Renzi, evidentemente, non è così. Prima ha detto che “le amministrative non sono un dato politico”. Poi dice di aver vinto “a macchia di leopardo”. E stamattina su Twitter è tornato alla carica dicendo addirittura di aver vinto “67 a 59”. Dalla debacle al trionfo, giusto il tempo di un tweet. Peccato che tutti i giornali, anche quelli più filo-governativi, stamattina abbiano titolato sul crollo del Pd.
A questo punto viene spontaneo chiedersi: quali sono le macchie a cui si riferisce il segretario Dem? Domanda lecita se si pensa che, come abbiamo già detto, nelle grandi città il centrodestra ha fatto il bottino, vincendo in 16 capoluoghi (contro i 6 del centrosinistra) e riuscendo a conquistare addirittura alcune storiche “roccaforti rosse” come Genova, La Spezia e Pistoia. Persino Sesto San Giovanni, la cosiddetta “Stalingrado d’Italia”, si è arresa al centrodestra. Aggiungiamo città significative come L’Aquila, che sembrava ormai stabilmente assegnata alla sinistra, o Piacenza nella fu “Emilia Rossa”.
Ma forse abbiamo capito quali sono le “macchie” a cui si riferisce Renzi: da Cernusco sul Naviglio a Mira. Ecco le cittadine di cui va fiero il segretario Dem, tanto da menzionarle nel post su Facebook. Tuttavia, con il dovuto rispetto, in questo caso sarebbe più corretto parlare di “macchioline” dato che i comuni a cui si fa riferimento sono di modeste dimensioni dove per giunta la vittoria finale è in buona parte da attribuire alle liste civiche inserite nelle coalizioni di centrosinistra che al primo turno, come nel caso di Molfetta, hanno ottenuto in totale molti più consensi della lista con il simbolo del Pd. Questo per dire che nei comuni di piccole e medie dimensioni, il carattere locale è molto più forte rispetto alle grandi città, dove l’opinione pubblica è più libera di esprimere un giudizio politico in linea con il trend nazionale. E, guarda caso, è proprio dalle grandi città che è arrivata la bocciatura al Pd renziano.
Ma non è tutto. Anche nei grandi centri dove il centrosinistra ha vinto, non sempre il candidato sindaco è espressione diretta del Pd. Come nel caso di Sergio Giordani a Padova e Carlo Salvemini a Lecce, entrambi ringraziati esplicitamente da Renzi su Facebook come se fossero suoi amici da sempre, ma che in realtà, a quanto pare, con il Pd hanno poco a che fare dato che, spulciando nei loro siti di presentazione della candidatura a sindaco, viene fuori che entrambi specificano di “non avere tessere di partito”.
Se a tutto questo si aggiunge che il centrodestra riesce a vincere anche a Lodi, roccaforte del renzianissimo Lorenzo Guerini, coordinatore della segreteria nazionale Pd, che ha ricoperto per ben 7 anni proprio la carica di sindaco dopo essere stato per 9 anni alla guida della Provincia, allora è tutto ancora più chiaro: il “gioco delle macchie o macchioline” che dir si voglia è l’ennesima trovata renziana per negare la realtà. Come dire, ve lo ricordate il giaguaro che Bersani doveva “smacchiare” alle ultime elezioni politiche? Ricordiamo tutti come è finita. Beh, stavolta è toccato a Renzi.
“Alle politiche è diverso” dice ancora il segretario del Pd. Ma se il risultato delle grandi città segue il trend inaugurato dal referendum del 4 dicembre scorso, anche le elezioni politiche, per Renzi, non promettono nulla di buono.