Il Mercante di Morte Bout torna da Putin, pessimo affare per Biden
10 Dicembre 2022
Brittney Griner è tornata a casa, in Texas. La cestista americana è stata detenuta dieci mesi in Russia per traffico di stupefacenti. L’accusa era di aver portato nel paese cartucce di vaporizzatore contenenti una piccola quantità di olio di cannabis. La moglie della stella dei Phoenix Mercury, NCAA e WNBA nonché campionessa olimpica e icona del mondo LGBT+, aveva portato il caso all’attenzione della stampa. L’amministrazione Biden se n’è occupata e ha ottenuto che tornasse in patria, anche se ad un alto costo.
L’arresto, infatti, era avvenuto il 17 febbraio, una settimana prima dell’invasione dell’Ucraina. Un caso? No, non proprio. La contropartita alla Griner ne è la dimostrazione. Gli Stati Uniti, infatti, hanno riconsegnato alla Russia un criminale di prima linea, Viktor Bout. Colui che Witney Schneidman, vicesegretario di Stato aggiunto per gli affari africani nell’amministrazione Clinton, ha definito “la personificazione del male“.
Viktor Anatolyevich Bout, gli inizi
Noto come il “Mercante di Morte”, Victor Anatolyevich Bout è un noto trafficante di armi con una storia da thriller. Nato nel 1967 a Dushanbe in Unione Sovietica, nell’odierno Tagikistan, da giovane ha studiato a fondo l’esperanto, ha giocato a pallavolo e, come lavoretto, si è prodigato a copiare canzoni pop allora proibite dal regime. In seguito, entra a far parte del Komsomol, l’Unione della Gioventù Comunista Leninista di tutta l’Unione. Al momento dello scioglimento dell’URSS, ha deciso di prendere la cittadinanza russa, nonostante, secondo fonti di intelligence britanniche e sudafricane, fosse di etnia ucraina.
Bout si è laureato come interprete alla fine degli anni ’80 presso il prestigioso Istituto militare di lingue straniere di Mosca, dove, oltre al russo e all’uzbeco, avrebbe imparato l’inglese, il farsi, il francese, lo spagnolo e il portoghese. In seguito, ha imparato anche due lingue africane: Xhosa e Zulu. Pur essendo nota la sua militanza nell’esercito sovietico, non ci sono informazioni precise sulla sua carriera militare.
Sul proprio sito web, ormai offline, affermava di essere stato tenente, sicuramente ha prestato servizio in Angola e Mozambico come traduttore. Diciannove anni fa, in un’intervista al New York Times, ha smentito di essere stato in Angola per conto del KGB, nonostante abbia assistito il Movimento popolare per la liberazione dell’Angola, la cui matrice era l’estrema sinistra. In ogni caso, si dice che si sia arruolato anche nello Služba vnešnej razvedki, il primo servizio di intelligence post-sovietico.
Air Cess e il traffico di armi
Negli anni novanta ha fondato una compagnia aerea, Air Cess, grazie a una piccola flotta di aerei russi. Alla fine della Guerra Fredda, si era reso conto che i produttori di armi bulgari, che avevano scarso accesso al mercato globale, avevano bisogno di qualcuno che li aiutasse a creare collegamenti con il mondo. Così ha fatto. Negli anni che seguirono, infatti, Bout ha contribuito ad alimentare le guerre civili in tutto il mondo fornendo armi sofisticate anche a entrambe le parti dei sanguinosi conflitti. Sudan, Libia, Repubblica Democratica del Congo, Liberia, Sierra Leone, Colombia, Bosnia, Kenya. Lo zampino del “mercante di morte” era ovunque. Ne 2004, ha anche fondato Samar Airlines per favorire il riciclaggio della classe dirigente tagika e tutelarne i beni privati.
Spesso Air Cess è stata sfruttata per aggirare gli embarghi delle Nazioni Unite sulle armi. “Se non l’avessi fatto io, lo avrebbe fatto qualcun altro”, ha detto Bout al New Yorker nel 2012. Particolarmente rilevante è stato il traffico di armi con l’Afghanistan, fu l’inizio di un vero e proprio impero articolato in più di trenta imprese, tra cui alcune fittizie, dislocate su tutto il globo. “Per Bout, era solo l’inizio: entro cinque anni sarebbe diventato il principale trafficante di armi del mondo”, ha dichiarato Peter Michev, trafficante d’armi bulgaro e socio di Bout. Va detto, per amor di cronaca, che ha sempre negato di aver fornito armi ad Al-Qaeda e ai talebani.
La nascita del mito del “Mercante di Morte”
“Chi aggira le sanzioni continua a perpetuare il conflitto in Sierra Leone e Angola, con il risultato che innumerevoli vite vengono perse. Victor Bout è il principale aggiratore di sanzioni, è un mercante di morte che possiede varie compagnie che trasportano armi e altri supporti logistici per i ribelli in Angola e Sierra Leone e a loro volta estraggono i diamanti che pagano per quelle armi…aiutando e favoreggiando le persone che puntano le armi contro i soldati britannici”, ha affermato il laburista Peter Hain alla Camera dei Comuni nel 2000 .
Secondo il libro Operation Relentless: The Hunt for the Richest, Deadliest Criminal in History di Damien Lewis, l’idea di Hain era stata spontanea dopo “aver letto l’ennesimo briefing dell’intelligence sulle attività di Bout”.
Bout ricercato in tutto il mondo
Già nel 2002, l’Interpol ha spiccato un “avviso rosso” nei suoi confronti. Nonostante le sue dichiarazioni sull’Afghanistan, contestate dagli Stati Uniti, è entrato nella blacklist a stelle e strisce nel 2005. “Viktor Bout è arrivato per la prima volta all’attenzione degli Stati Uniti alla fine degli anni ’90, quando il presidente Clinton stava lavorando per risolvere vari conflitti in Africa”, ha rilevato a Npr Lee Wolosky, diplomatico e analista che ha collaborato con le amministrazioni Clinton, Bush, Obama e Biden.
Bout dopo l’arresto
Nel 2008, dopo aver sventato un tentativo simile l’anno prima, è caduto in una trappola ordita dagli Stati Uniti. Un gruppo di agenti sotto copertura ha finto di essere parte delle FARC, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, desiderosi di acquistare armi per cinque milioni di dollari. Dopo un incontro organizzato in un hotel in Thailandia, la polizia locale ha arrestato Bout. Anche la sua detenzione in Asia è anch’esse degna di un film. Una cella di quattro metri quadrati, senza ricambio d’aria e infestata dagli scarafaggi.
Dopo due anni e mezzo, nel novembre 2010, tenendo all’oscuro la Russia, gli Stati Uniti hanno organizzato l’estradizione. “Illegale e politicamente motivato”, venne definito così l’accoglimento della richiesta di estradizione da parte del ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov. Ma Bout non era una specie di libero professionista delle guerre? “Molte delle capacità che ha messo in campo erano capacità difficili da ottenere senza contatti molto profondi con il governo russo”, ha spiegato Wolosky.
Emblematiche e di segno opposto le parole di Michael Braun, ai tempi capo delle operazioni della Drug Enforcement Administration statunitense quindi direttamente coinvolto nel fermo del trafficante. “Viktor Bout, ai miei occhi, è uno degli uomini più pericolosi sulla faccia della Terra“. Nell’aprile del 2012 è arrivata la condanna: 25 anni di carcere e una multa di 15 milioni di dollari.
Cosa significa oggi il ritorno di Bout nella grande madre Russia
Uno dei motivi per cui l’amministrazione Biden ha finalizzato questo scambio è che gli alleati lo avrebbero visto come una vittoria diplomatica. Nei fatti, però, rischia di trattarsi di un’epica concessione a uno stato ostile. Brittney Griner è tornata a casa, innanzitutto perché la Russia tenterà di utilizzare lo stesso tattiche muscolari in futuro. È un tratto distintivo della diplomazia russa che, come stiamo vedendo dal 24 febbraio, non è destinato a cambiare. Tutto sommato, non bisogna nemmeno ingigantire i termini dello scambio. Lo spiega bene proprio Wolosky: “penso che sarà difficile per lui ricostruire l’impero che aveva una volta, che ha coinvolto decine e decine di aerei e personale in molti paesi diversi. Quindi non penso che sia probabile che torni almeno a quell’attività”.