Il merito di Parazzoli è di raccontare storie e farlo bene
08 Gennaio 2012
di Luca Negri
Il 2011 italiano, almeno per quanto riguarda la letteratura, non ha riservato particolari sorprese. Non c’è stato alcun esordio fulminante, forse si è appena intravisto lo sbocciare di qualche giovane promessa. Più che altro sono arrivate conferme, nuovi segnali di vita da scrittori già affermati. È significativo che la figura migliore nei panni del romanziere esordiente l’abbia fatta Guido Ceronetti, classe 1927, approdato alla narrazione di ampio respiro (In un amore felice, pubblicato da Adelphi) dopo decenni di saggi, aforismi, poesie, opere teatrali. Altra conferma non trascurabile è stata quella del talento di Ferruccio Parazzoli, che proprio un ragazzino non è, dato che ormai va verso gli ottant’anni. Eppure i suoi romanzi hanno moltissimo da insegnare a chi sente la vocazione di raccontare cose significative e raccontarle bene.
L’anno trascorso ha donato tre buone occasioni per appassionarci al lavoro dello scrittore nato a Roma ma d’adozione milanese, tre volumi freschi di stampa che occupano sicuri posti di prestigio nella sua già copiosa produzione. A partire dal visionario Il mondo è rappresentazione (uscito in marzo per Mondadori), un specie di romanzo picaresco, con echi addirittura fantasy, assolutamente godibile alla lettura anche per chi non sente condivide il sentimento religioso che lo sorregge, cristiano sebbene tormentato, anzi tormentato proprio perché cristiano.
Lo scenario è quello di una futura, caotica, neomedievale “Euroland” dominata da lobby economiche e sanguinarie bande di ribelli e mercenari che hanno trasformato il vecchio continente in un inferno terreno di violenze, stupri, bombardamenti, carestie, colpi di stato. Protagonista è un giovane chierico in fuga dal convento per conoscere il mondo prima di prendere i voti definitivi. Gli spettacoli ai quali assisterà, a seguito di una compagnia teatrale che rappresenta misteri religiosi e leggende dei martiri, lo porteranno ad interrogarsi radicalmente sul silenzio di Dio di fronte alla cattiveria della vita, alla sofferenza degli incolpevoli. Una nota particolare merita lo stile del romanzo, dove la bravura di Parazzoli risulta ancora più evidente per l’invenzione di un idioma in ottimo equilibrio fra slang futuribile e volgare medievale (con inserti di latino che mai appesantiscono la lettura ma danno ancor più ritmo).
Il tema centrale dell’opera, non tanto la presenza del male con l’iniziale maiuscola quanto l’apparente assenza di aiuti divini per fronteggiarlo, è in fondo lo stesso di un altro capolavoro di Parazzoli: Adesso viene la notte, dove papa Paolo VI diventa un povero Giobbe messo alla prova dalla scommessa fra Dio e il Diavolo. Riuscirà a mantenere la fede nei giorni oscuri del sequestro Moro, suo amico personale? Cadrà nella disperazione mentre la disumanità della ragione di Stato e della logica brigatista sembrano trionfare? Entrando nella storia contemporanea più controversa e tragica del nostro paese, lo scrittore evita ogni superficiale dietrologia, per toccare quella più definitiva e profonda: la presenza e l’efficienza dell’angelo caduto, supremo avversario dell’uomo.
Il breve romanzo è stato riedito quest’anno, completato da una seconda parte che ha dato il titolo all’intero volume, Altare della Patria (uscito per il Saggiatore). Stavolta è proprio Aldo Moro il protagonista, tentato dal Maligno. Riuscirà a salvarsi, immolandosi in piena coscienza per una nazione che non ha ancora onorato a dovere quel sacrificio.
Parazzoli ha il coraggio di proclamarsi cattolico in un ambiente, quello culturale italiano, ormai ben poco disposto a digerire scelte precise in campo religioso. Nelle sue narrazioni è forte la pressione dell’invisibile, buono o cattivo che sia, sulla nostra realtà. Ma grazie al cielo, non si tratta di uno scrittore spirituale, all’inseguimento di anime leggere e fluttuanti nel mondo delle idee. Entra sempre nella carne delle storie, dei personaggi, dei luoghi. Come nel terzo libro con sua firma in copertina uscito nel 2011: Trilogia di Piazzale Loreto (Mondadori) raccoglie tre sui romanzi del passato decennio ambientati intorno e dentro alla sua casa milanese.
I sotterranei della metropolitana, un residuato bellico dei bombardamenti alleati, la memoria dello spettacolo catartico e straziante offerto dai corpi di Mussolini e della Petacci risvegliano echi di vite scomparse o ancora presenti e affaccendate negli interstizi della metropoli. Il grande mistero dal quale escono e al quale ritornano, la speranza che, consapevoli o meno, incarnano lasciano il lettore con qualche malinconia ma con un certo oltraggio alla sua ragione: tutto passa, il bene come il male, ma il bene lascia traccia, vince il nulla. Alla fine, per parafrasare il titolo di un altro capolavoro di Parazzoli, per queste strade familiari e feroci risorgeremo. In carne, ossa, nervi e memoria.