Il Milleproroghe è per L’Aquila la scelta giusta su tasse e impegno futuro
27 Dicembre 2010
Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, lo aveva annunciato e promesso: il decreto “Milleproroghe” avrebbe previsto il rinvio nella restituzione delle tasse sospese per i terremotati de L’Aquila. Una speranza di fiscalità agevolata necessaria per un territorio che finalmente sta ripartendo.
Poi un rincorrersi di voci e il timore che potesse accadere qualcosa di diverso ha provocato un’immediata richiesta di chiarimenti. Il presidente della Regione, Gianni Chiodi, il sindaco de L’Aquila, Massimo Cialente, il presidente della Provincia, Antonio Del Corvo, si sono precipitati a Roma, a Palazzo Chigi.
In effetti qualche complicazione in più nell’aria sembrava esserci. Nella capitale si vociferava di difficoltà oggettive. Ma la presa di posizione, compatta e decisa, di tutte le istituzioni abruzzesi, senza distinzioni di schieramenti, ha avuto la meglio, scongiurando il rischio di un ritorno al pagamento delle tasse a partire dal primo gennaio 2011. Si riporta a L’Aquila il risultato sperato: proroga di altri sei mesi relativa alla sospensione del pagamento dei tributi da parte dei cittadini che vivono nei Comuni del cratere.
Tensioni, dubbi, timori in una situazione del genere possono trovare una giustificazione. E per le istituzioni è quasi un dovere assicurare un supplemento di conforto, di comprensione ai propri cittadini. Ciò che però non trova giustificazione è la prosecuzione della protesta ad ogni costo. La platealizzazione del dramma. Anche quando, di fatto, i motivi per protestare non ci sono più, visto che oltre alla proroga delle tasse i politici abruzzesi hanno ottenuto ulteriori misure importanti per la ricostruzione.
E’ vero. Forse la vicenda doveva essere gestita meglio da Palazzo Chigi. Perché in un certo senso si è data l’impressione di voler tornare sui propri passi, negando a L’Aquila ciò che era stato inizialmente promesso. Ma dove non è arrivato il governo nazionale è arrivato l’impegno delle istituzioni abruzzesi che, difendendo il proprio territorio e, quando necessario sbattendo i pugni sul tavolo, hanno saputo tenere testa ai tecnici del ministero dell’Economia.
Ma questa vicenda insegna qualcosa: in un’epoca di divisioni e di scontri politici portati all’eccesso è la dimostrazione che non è necessario occupare le sedi del governo regionale, non è necessario incatenarsi per strada, non è necessario scendere in piazza. Ci sono altri modi per far valere i propri diritti e per assicurare un futuro al proprio territorio.
Quello che serve a L’Aquila è l’impegno congiunto di tutte le forze, il lavorare uniti verso un unico obiettivo. L’Aquila non è la città disperata e immobile che certa informazione vuole proiettare all’esterno. O per lo meno non è solo questo. L’Aquila, grazie anche all’impegno delle istituzioni locali e nazionali, sta ripartendo. Proprio per questo era fondamentale prorogare ulteriormente la sospensione delle tasse, per dare modo all’economia dei Comuni colpiti dal terremoto di proseguire il cammino di ripresa.
Una risposta che gli aquilani attendevano e che è arrivata. Non è vero che esistono terremotati di serie A e terremotati di serie B. Anche in Umbria e nelle Marche la ricostruzione post-sisma è stata lunga e difficoltosa. Anche le popolazioni venete che hanno recentemente subito il dramma dell’alluvione subiscono gli stessi disagi e le stesse paure. Che si combattono in un solo modo: rimboccandosi le maniche e lavorando.
Certo, il governo dovrà fare la sua parte. Non si può procedere con ripensamenti dell’ultimo minuto o con proroghe rinnovate di sei mesi in sei mesi. Servono misure organiche, provvedimenti certi e a lunga scadenza. Serve soprattutto fiducia nelle istituzioni che non possono essere invitate a dimettersi ad ogni incidente di percorso.
Oltre a quella che scende in piazza, che punta il dito e fa l’elenco delle cose non fatte invece di guardare a quelle fatte, c’è un’altra L’Aquila. Quella dei cittadini che con passione credono e vogliono che la ricostruzione sia un progetto condiviso. Che dal primo giorno dopo il sisma non hanno mai smesso di rimuovere le macerie dalle proprie strade. Che lavorano e sperano. Accanto a loro devono esserci istituzioni “adulte” e responsabili, che assicurino uno sviluppo certo e duraturo.
Le piazze e le televisioni non devono essere lo strumento per mistificazioni o strumentalizzazioni. Ma lo strumento per proporre e raccontare la volontà di una città vuole rinascere.