Il ministro Brunetta riuscirà a “raddrizzare” il lavoro femminile?

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il ministro Brunetta riuscirà a “raddrizzare” il lavoro femminile?

Il ministro Brunetta riuscirà a “raddrizzare” il lavoro femminile?

06 Aprile 2009

Molte volte il Ministro Brunetta può risultare superbo e demagogo, apparentemente rigoroso, però stavolta sembra avere proprio ragione: il vero potenziale del nostro Paese sono le donne, vere e proprie acrobate divise tra lavoro, famiglia e società.

Già nel 2006 un Rapporto Italia dell’Eurispes evidenziava come si facesse fatica a riconoscere il mutato ruolo della donna in seno alla famiglia e alla società e come il principio delle pari opportunità fosse ancora lontano dall’essere effettivamente realizzato.

La condizione femminile ha avuto un’inarrestabile evoluzione e, oltre ai problemi legati al conflitto tra i ruoli di lavoratrice, di moglie e di madre, le donne hanno dovuto fare i conti anche con la dura quotidianità del doppio lavoro: quello fuori casa e quello domestico, com’è noto, non meno impegnativo.

Oggi molti passi avanti sono stati fatti, specie sotto il profilo legislativo, ma forti freni vengono ancora posti dalla mancanza di strutture sociali adeguate. Andando oltre i dati e considerando lo scenario sociale in cui le donne vivono e lavorano, appare evidente che il basso numero di candidature femminili a ruoli dirigenziali sia dovuto non tanto a una carenza vocazionale, ma alla difficoltà molto concreta di dover conciliare carriera e famiglia. Quest’universo articolato e complesso, in cui spesso, purtroppo, sono proprio i blocchi psicologici da eccessiva burocrazia ad avere la meglio fa rilevare che le tante donne che lavorano nella PA a volte fanno si che luoghi comuni -come il fare la spesa durante l’orario di lavoro – le rendano sottostimate nella loro professionalità.

Proprio in un recente convegno alla Camera dei Deputati organizzato dall’OSECO (Osservatorio sulle strategie europee sulla crescita e l’occupazione) lampanti sono state le dichiarazioni di un ex sindacalista come Savino Pezzotta che nell’un caso si rendeva ben conto di quanto i soggetti politici e sindacali, in questo momento, non riescano a considerare la realtà in atto sottolineando che ” una rivoluzione individualista ha cambiato tutto e il welfare fatto per il maschio adulto della fabbrica non va più bene”. E si è spinto ben oltre nelle sue considerazioni arrivando a parlare, al tavolo sul welfare, “della crisi del maschio, fattore determinante di una nuova comprensione della realtà, della quale qualunque discorso sul welfare non può prescindere”. Tutto questo, vieppiù, sembra gravare sul lavoro delle donne e sulle modalità di attuazione: il welfare italiano non può andare avanti dando per scontato che le donne italiane vogliano fare le badanti. Si può riformare il welfare in tempi di crisi o è meglio, di questi tempi, reggersi forte e ”toccare” il meno possibile? Ovvio che la crisi rischia di colpire soprattutto le donne, soggetti più deboli sul mercato del lavoro, perennemente non considerate forza lavoro.

Il diritto alla parità di retribuzione è stato inserito nella legislazione comunitaria sin dalle origini e, consolidato, poi, dal Trattato di Amsterdam e da varie direttive comunitarie: a buon diritto, quindi, va considerato un vero e proprio diritto fondamentale. Tuttavia, la situazione salariale, in Europa, registra il permanere di un divario fra il tasso di remunerazione maschile e quello femminile.  

Nel 2007, il tasso di occupazione femminile in Italia era tra gli ultimi in Europa (46,6%), anche se tra il 2000 ed il 2007 era proprio il nostro Paese a segnare il maggior incremento occupazionale femminile.

Il Ministro Brunetta dichiara di non volere “donne schiacciate tra lavoro e famiglia”? L’impresa appare ardua, ma diamogliene merito. In un Paese dove la legge sulla trasparenza ha impiegato 15 anni ad entrare a regime, sarà meritorio che, oltre agli stereotipi culturali dominanti, Brunetta voglia rendere compatibile l’incompatibile: assecondare la spinta verso il contenimento dei costi e soddisfare le crescenti aspettative di miglioramento della qualità del lavoro delle dipendenti pubbliche.

Gli orientamenti sulla politica occupazionale a livello qualitativo e quantitativo dipendono dai decisori politici e dall’interrogativo che si impone: il livello occupazionale attuale, all’interno della PA, è in linea con la qualità dei servizi e dei fabbisogni caratterizzanti una democrazia europea?

Sarà la politica a dover dimostrare, con atti concreti e non contraddittori, la propria capacità di dare risposte “SMART” ai cittadini: con la leale collaborazione di una Pubblica Amministrazione cui gioverebbe una reale meritocrazia al proprio interno ed anche all’esterno e che dovrebbe evitare in futuro la "segregazione occupazionale".