“Il ministro delle Finanze è Spd, ma mi ubbidirà”. Firmato Angela

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“Il ministro delle Finanze è Spd, ma mi ubbidirà”. Firmato Angela

16 Febbraio 2018

Il ministro delle Finanze è Spd, ma mi ubbidirà. Firmato Angela. “The Finance Ministry will reportedly be headed by current Hamburg Mayor Olaf Scholz, who said on Saturday that Germany shouldn’t dictate economic policies to eurozone partners. The coalition deal also saw the previously CDU-held Interior Ministry head to the CSU, where party leader Horst Seehofer will reportedly take the lead” in una nota del sito on line di Deutsche Welle del 12 febbraio si riportano le parole di Angela Merkel che assicura come il ministro delle Finanze socialdemocratico le obbedirà. Chissà perché queste parole mi riportano alla memoria gli scontri tra Beniamino Andreatta e Rino Formica, che ben limitarono un pur energico governo come quello Craxi del 1983. Se al posto di un “energico” si mette “una loffia” sul viale del tramonto non è difficile preveder quanto saranno tempestosi gli orizzonti euro-tedeschi.

Se la politica è debole verso amministrazione e magistratura, la colpa è solamente sua? “La politica, come è provato dai tentativi falliti, non ha la coesione e la forza per riformare l’amministrazione e le magistrature” scrive Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 7 febbraio. Come al solito le analisi di Panebianco sono ricche di spunti interessantissimi. Però mi pare manchino di qualcosa fondamentale per ricostruire più precisamente la situazione nella quale ci troviamo. Dietro la politica e la sua capacità di assumere una funzione di guida e regolazione dell’amministrazione dello Stato, compresa quella della giustizia che però ha particolari esigenze ora di autonomia (pm) ora di vera e propria indipendenza (giudici), vi è la funzione che giocano anche le forze sociali. Un’impostazione culturale che mi deriva da un’ “altra” mia vita mi porta a parlare di borghesia nazionale e di movimento operaio. Nel descrivere le realtà poliarchiche di una complessa società moderna forse bisognerebbe ricorrere a termini più precisi. Però un certo pur vecchio armamentario culturale è ancora efficace. Insomma secondo me si tratta di ragionare su un nucleo centrale della borghesia nazionale che per eccessi di compromessi con il fascismo ha dovuto lasciare il compito di resistere al più forte (e astuto) partito comunista d’Occidente prima alla Chiesa poi all’industria di Stato fanfanian-matteiana con una sola vera eccezione l’asse Commerciale-Mediobanca (alla fine drammaticamente declinato intorno al Duemila). Mentre il movimento operaio, invece, si è diviso tra una Cisl particolarmente dinamica dopo il’49 (fino al’69) e una Cgil che pur egemonizzata dal Pci ha svolto a lungo una funzione nazionale. Dopo il grande caos degli anni fine ’60- ’70, si è tentato di riformare lo Stato ma le due grandi forze a cui ci riferiamo (borghesia nazionale e movimento operaio, anche se la Cisl è tornata su posizioni riformiste ma senza più una visione come quella degli anni ’50) non hanno dato un adeguato contributo. La storia della Seconda repubblica ha visto ancora la tremenda fragilità di borghesia nazionale e movimento operaio (con l’eccezione della Confindustria di Antonio D’Amato, e di certi periodi della Cisl, in particolare quello di Raffaele Bonanni). Il quadro descritto da Panebianco  in sé è corretto, ma le dinamiche interne a questo quadro non si comprendono senza i soggetti che ho più o meno rozzamente richiamato.

Ema e Gozi, che se c’era dormiva. “Il caso Ema, con l’assegnazione per sorteggio ad Amsterdam, riserva nuovi colpi di scena. La Corte europea di giustizia Ue ha affidato a un giudice olandese, il vicepresidente del Tribunale Marc van der Woude, il ricorso con cui il Comune di Milano ha chiesto di sospendere il trasferimento della sede dell’Agenzia del farmaco da Londra alla città olandese”. Il sito del Fatto del 10 febbario spiega come oltre alle trasandatezze di Amsterdam nel presentare il proprio progetto, vi sia stata una gestione del maledetto sorteggio che ha bocciato Milano, poco trasparente, non alla presenza dei rappresentanti delle nazioni interessate, senza chiari verbali. Ivo Caizzi sul Corriere della Sera del 13 febbraio rende ancora più evidente quanto sia stata incredibile la gestione di questo sorteggio: “Le schede dei tre voti dei ministri sono state subito bruciate. La rapidità del sorteggio ha impedito verifiche preventive e successive. Soprattutto si decise di coprire tutto con la massima riservatezza. Quel 20 novembre non fu reso noto nemmeno il tipo di sorteggio. E dalla settimana scorsa il Consiglio dei governi Ue ha sempre rifiutato al Corriere ogni informazione su come avvennero i voti e gli spogli o la scelta della pallina nel bussolotto. È stato possibile ricostruirlo con contributi informali di ministri e ambasciatori presenti, che hanno privilegiato il valore della trasparenza all’impegno alla segretezza”. Se non ho capito male in tutta questa vicenda il sottosegretario che rappresentava l’Italia, non era presente alla fase finale del sorteggio e non ha curato di verificare bene i verbali. Insomma Sandro Gozi non c’era e quando c’era, dormiva. Non varrebbe la pena, pur a urne quasi aperte, di accomunarlo alla sorte del questore di Macerata? Non sarebbe un minimo segno di rispetto per i nostri interessi nazionali? Comunque al di là del sottosegretario addormentato, è evidente come tutta la partita Ema sia  stata gestita dal quartetto Sala-Maroni-Gentiloni-Alfano in modo incomparabilmente peggiore di quando la battaglia per l’Expo era stata giocata dal quartetto di allora: Moratti-Formigoni-Prodi-D’Alema.

Ntv, bella storia di imprenditori italiani o una storia così così dello Stato imprenditoriale francese? “Una bella storia imprenditoriale italiana, di imprenditori che partono da un foglio bianco, si mettono in testa di fare concorrenza alle Ferrovie dello Stato” dice Luca Cordero di Montezemolo a Nicola Saldutti sul Corriere della Sera del 9 febbraio. Come è noto per me le parole di Montezemolo sono legge e quindi cancello l’idea, generata dalle solite informazioni poco precise, che mi era fatto che Ntv fosse in larga parte una storia così così dello Stato imprenditoriale francese, poi un po’ inceppatasi. Comunque è interessante e utile che adesso divenga una migliore storia della società d’investimento Global Infrastructure Partners. Ultima curiosità: come si chiamerà d’ora in poi Ntv? Amerigo come suggerisce Dario Di Vico sul Corriere dell’11 febbraio?