Il “miracolo” delle 6 statue dei Severi riaffiorate dalla periferia di Roma

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Il “miracolo” delle 6 statue dei Severi riaffiorate dalla periferia di Roma

14 Febbraio 2011

La ruvida contrapposizione tra Comune e Soprintendenza archeologica di Roma sulla mancata celerità nell’accordare i permessi per l’insediamento in località La Barbuta, all’indomani del rogo che ha provocato la morte di quattro bambini nel campo nomadi sull’Appia Nuova, e la richiesta del prefetto di agire in deroga alle autorizzazioni archeologiche per il completamento del piano nomadi nella Capitale hanno sollevato più di qualche perplessità.

Se da un lato la pronta risposta del Sottosegretario per i Beni Culturali Francesco Giro ha messo in chiaro che tutti gli adempimenti della Soprintendenza erano conclusi ormai da cinque mesi dall’altro un importante e fortuito ritrovamento ha ricordato quanto le prospezioni archeologiche servano a restituirci reperti altrimenti destinati all’oblio o alla distruzione.

All’interno di una vasca pertinente ad una villa romana, i tecnici della Soprintendenza di Roma hanno infatti rinvenuto sei sculture in marmo di particolare rilevanza storica e artistica, per lo più databili agli inizi del III secolo d.C. Si tratta di un busto con ritratto e due teste ritratto di personaggi maschili della famiglia imperiale dei Severi; un ritratto femminile della stessa famiglia dei Severi; un ritratto di bambina; una statua forse di Zeus raffigurato nudo e a grandezza naturale. E’ stata inoltre recuperata un’Erma arcaizzante a grandezza maggiore del vero. I pezzi sono già stati trasportati al Museo Nazionale Romano e saranno conservati nella sede delle Terme di Diocleziano, dove verranno immediatamente avviati i primi interventi di restauro.

Si tratta di una scoperta eccezionale, come hanno riconosciuto gli archeologi della Soprintendenza, avvenuta in un contesto che già in precedenza ha restituito altre pregevoli sculture quali una raffinata testa maschile in terracotta di stile ellenistico, più grande del naturale, un ritratto maschile della fine del I secolo d.C. ed un rilievo marmoreo, riutilizzato nelle murature, raffigurante un Galata morente di un tipo iconografico ben noto.  Per quantità, caratteri tecnico-stilistici e qualità dei materiali il ritrovamento è senza dubbio tra i più importanti degli ultimi tempi, una scoperta che promette di gettare nuova luce sugli insediamenti di età imperiale del suburbio della capitale.

Difficile stabilire al momento l’originaria collocazione e destinazione delle sculture, solo ipoteticamente ricollegabili al complesso residenziale che le accoglie e che manifesta successive fasi edilizie delle quali la più recente databile nel III secolo d.C. Le statue furono infatti interrate con cura nella vasca, ben distanziate l’una dall’altra e inframmezzate da materiale tufaceo per evitare ogni danneggiamento. Una meticolosità che fa pensare a un occultamento ben preparato, non dovuto a un evento improvviso e imprevedibile.

La presenza di ritratti ascrivibili, ad un primo esame, a membri della dinastia dei Severi farebbe pensare che l’ultimo proprietario della villa potrebbe essere stato un funzionario di alto rango legato alla famiglia imperiale. L’esistenza di un mausoleo di epoca tardo-imperiale adiacente l’impianto rafforza tale ipotesi stante la consuetudine, frequentemente documentata a partire dal II-III secolo d.C., di seppellire il proprietario accanto alla sua dimora.

Il ritrovamento, avvenuto in un’area destinata a verde pubblico, è stato reso possibile dalle risorse stanziate dagli imprenditori coinvolti nella realizzazione del piano di zona edilizio “Anagnina 1”. A riprova di quanto le indagini archeologiche, oltre che necessarie, spesso risultino fruttuose.