
Il mito dei 100 (di G.Quagliariello)

31 Ottobre 2021
Il fu ddl Zan è archiviato e sepolto, dunque andiamo oltre le polemiche di questi giorni e cerchiamo di capire cosa questa vicenda abbia comportato per la politica italiana.
Una prima considerazione che a una visione retrospettiva balza agli occhi, anche per la sua scarsa sintonia con la stagione difficile che stiamo vivendo, è la preminenza delle “atmosfere” sulla concretezza, anche per quanto riguarda i lavori parlamentari. Nel caso del ddl Zan, la sostanza era che – comunque la si pensasse – si trattava di una pessima legge, improponibile innanzi tutto sotto il profilo della tecnica legislativa. Un testo incomprensibile e mal congegnato che dal punto di vista normativo meritava di essere bocciato. Ciò che invece ha avuto preminenza nel dibattito pubblico – e anche nel dibattito parlamentare – è stata l’atmosfera. L’importante non era correggere il testo per dare una risposta condivisa a una esigenza che era stata posta anche oltre le leggi che già esistono: ciò che contava era brandire una bandierina e agitarla contro qualcuno (in questo caso gli oppositori a un pessimo testo di legge), anche a costo di far naufragare tutto. Sicché il messaggio che è stato veicolato non ha riguardato la bocciatura di un testo che non meritava di andare avanti ma le scene di esultanza sugli scranni del Senato: per carità, non un modello di stile, ma comunque non un dato di sostanza. Alla fine, insomma, la sconfitta è stata elaborata con una deprecatio e con la criminalizzazione di un’atmosfera più che con un esame critico di ciò che era accaduto. E, guardando al prossimo futuro, bisogna chiedersi se alla luce della particolare contingenza storica – la pandemia, la necessità della ripresa economica, il banco di prova del PNRR – questo approccio effimero passerà in secondo piano e sia possibile attendersi un cambiamento di rotta. Cosa ci consegna in termini politici questa vicenda? Innanzi tutto, l’estrema liquidità del quadro partitico e parlamentare. La debacle del ddl Zan giunge infatti dopo l’indiscutibile vittoria di una parte politica alle elezioni amministrative, alla luce della quale si poteva ritenere che una coalizione si stesse consolidando. La lettura è stata subito smentita, relegando quella vittoria a un caso contingente dettato più dalla inadeguatezza dei candidati avversari, dagli sbandamenti strategici del centrodestra, dal meccanismo del doppio turno, che non dal configurarsi di uno schieramento solido e vincente dall’altra parte. E la realtà somiglia più al quadro emerso in Senato sulla legge Zan che a quello uscito dalle urne. Tutto ciò non può non riflettersi anche sulle prossime scadenze, a cominciare da quella per l’elezione del presidente della Repubblica. E’ chiaro come in questo momento, alla luce della “liquidità” di cui abbiamo detto poc’anzi, qualsiasi tattica fondata sul muro contro muro, anche come semplice minaccia di deterrenza, sia destinata a fallire per l’evidenza del quadro parlamentare. Insomma, i candidati di bandiera non hanno grosse chance. E, qualora ne avessero, nonostante la sbornia delle amministrative avrebbe più possibilità di spuntarla il centrodestra rispetto allo schieramento avversario. E qui veniamo all’ulteriore evidenza consegnataci dalla vicenda Zan. Dietro la cortina fumogena delle accuse incrociate, della caccia ai franchi tiratori, dell”indovina chi” applicato al voto parlamentare, si staglia lo scenario di coalizioni andate in pezzi e dell’emergere di blocchi centrali su entrambi i versanti. La certezza, al di là del gioco di fumo e specchi, è che la legge è stata archiviata perché un pezzo “di centro” si è staccato sulla sponda sinistra e un pezzo “di centro” ha resistito sulla sponda destra. La firma sull’esito della battaglia parlamentare è la loro. Tutto ciò ha inevitabilmente alimentato il mito del blocco di 100 parlamentari piazzati al centro del sistema politico e in grado di determinare la scelta del Capo dello Stato. A mio parere è una leggenda come le altre perché al momento si tratta non di un blocco politico ma di cento atomi. Chi li guida? Chi ne pilota indirizzi politici e piani strategici in vista della partita del Colle? Siamo seri: da qui alla scadenza presidenziale è impossibile che emerga in quest’area un pilota riconosciuto. Nemmeno i manovratori che in un tempo recente si sono cimentati con esperienze analoghe sarebbero in grado di guidare la consistente pattuglia fra i marosi della navigazione pre-quirinalizia. La situazione è così fluida, per certi versi così balcanizzata che somiglia molto più a quella che portò alla rielezione di Napolitano che a quella dalla quale emerse l’elezione di Mattarella. Il percorso va visto all’inverso. Non può essere la partita del Colle a dettare le dinamiche politiche. E’ esattamente il contrario. L’unica possibilità che possa inverare il “mito dei 100” è che nel breve tempo che ci separa alla fine del settennato nasca nel campo centrale una progettualità che vada oltre l’appuntamento presidenziale. In tal caso, sarà questa prospettiva a coagulare la massa critica e ad assegnarle un ruolo decisivo. In caso contrario, gli scenari politologici di questi giorni si risolveranno nell’ennesima grande illusione e la scelta del Capo dello Stato sarà frutto delle paure di tutti e del progetto di nessuno.