Il mondo di Franco Loi tutto poesia e un po’ Milan

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Il mondo di Franco Loi tutto poesia e un po’ Milan

28 Dicembre 2008

In una celebre antologia (Poeti italiani del Novecento, Mondadori, 1978) il critico e filologo Pier Vincenzo Mengaldo consacrava Franco Loi fra le voci più significative della seconda metà del secolo. Nato a Genova nel trenta da genitori misti, il padre sardo la mamma emiliana, ben presto milanese, dopo i soliti svariati mestieri, Loi debutta abbastanza tardivamente a metà degli anni Sessanta e soprattutto usa una lingua particolare, e in quel periodo un po’ desueta: il dialetto ambrosiano. Sempre Mengaldo, che lo descrive come “la personalità poetica più potente degli ultimi anni”, parla di una “qualità peculiare del suo milanese, assai lontano da quello della tradizione letteraria della città… e nel quale i meneghini ‘autentici’ si riconoscono solo parzialmente”. Un lingua, insomma, debitamente miscelata e un parlare di rito ambrosiano assai personale, contaminato, peraltro, da apporti plurimi e da innesti anche imprevedibili. Qualcosa di solidamente reinventato funzionale a un progetto poetico preciso, da una spinta ad essere connotato e puntuale. Oggi il Loi ha alle spalle una bibliografia notevole. Una sfilza di raccolte di versi, di cui alcune, ad esempio “Stròlegh” (1975), in la forma di poema.

"L’aria del tempo", appena uscita per i tipi di una nuova iniziativa della Mursia, aggiunge un tassello ulteriore a un percorso letterario che può vantare una singolare compattezza. Nel risvolto di copertina si parla dell’autore come di “traversatore di lingue italiane d’Europa”. Leggendo i testi, si può concordare ancora con l’editore quando rinvia a espressioni tipo “pietre verbali” che danno vita a versi che propongono “una verticalità lievitante, scontrosa, popolare e lirica”. Ma, aldilà del gergo degli addetti ai lavori, si tratta di  poesie di un’intensità speciale.

Chi legge, superata la fatica iniziale di misurarsi con espressioni di non immediata fruibilità, entra in un universo dove una folgorante modernità si accompagna alla vita di tutti i giorni, al suo scorrere, alla dialettica di sempre fra sentimenti e dolori considerati magari solitamente elementari. Complesso ed esplicito, il fare poesia di Loi parla quasi in presa diretta. Così, questa composizione dedicata alla sua città d’adozione di cui lo scrittore offre uno spaccato che si tinge subito di una struggente e persino “classica” malinconia: “Ah città morta, Milan sensa miracul,/ sensa speransa piov e manca el vent,/ ’tù ’ista di drédi ’me remesciada/ da ’na matina mia del sentiment…/ …uh cita veggia, Milan sdementegada,/ lassa che piova sempre, sensa vent: (Ah città morta, Milano senza miracoli,/ senza speranza piove manca il vento,/ ti ho visto giorno dopo giorno come rimescolata/ da una mattina mia del sentimento…/ …ah città vecchia, Milano dimenticata,/ lascia  che piova sempre, senza vento).

Franco Loi, L’aria del tempo, Mursia, pagine 110, euro 15,00.